20 luglio 2010

Ne valeva la pena - l'indipendenza della magistratura

Nelle sue memorie da magistrato, Armando Spataro racconta anche del periodo passato come componente del CSM, l'autogoverno della magistratura.
Autogoverno chiamato a gestire i magistrati che rispondono solo alle leggi, che hanno l'obbligatorietà dell'azione penale, insomma un potere separato dall'esecutivo e dal legislativo.

Cosa succede negli altri sistemi, dove il potere giudiziario è sottoposto all'esecutivo (in nome di un non ben precisato primato della politica)?
Spataro riporta un pezzo della cronaca della cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario 1940:

"Nel vasto salone, presso la cui parete di fondo prestavano servizio d'onore i Moschettieri del Duce, si erano schierati in quadrato aperto su di un lato duecentocinquanta alti magistrati, tutti in uniforme del PNF (partito nazionale fascista, ndr).

La Corte Suprema era al completo col suo Primo Presidente, il Procuratore Generale, i presidenti di sezione, gli avvocati generali e i sostituti. Erano anche presenti tutti i primi presidenti ed i procuratori generali delle corti d'appello del Regno, alti funzionari del Ministero di Grazia e Giustizia ed altri alti magistrati.

Appena apertasi la porta che immette nella Sala del Mappamondo, la figura del Duce - che era seguito dal ministro Grandi - vi si è inquadrata e la devozione e l'entusiasmo hanno avuto il sopravvento sul fermo costume d'imperturbabilità dei magistrati, i quali hanno prorotto in una invocazione altissima.

Il Ministro lesse il seguente indirizzo:" la Magistratura fascista vuole dichiararVi, Duce, che essa si sente consapevole della missione che Voi le avete affidata di custode severa delle leggi della Rivoluzione, e di questa missione essa sente tutti i doveri e la responsabilità. [..]Il magistrato attua il comando del legislatore e la sua sensibilità politica deve portarlo talvolta oltre i limiti formali della norma giuridica [..]".

Dopo la relazione del Ministro interviene il Duce, che così espone la sua concezione sulla posizione istituzionale della magistratura: "Nella mia concezione non esiste una divisione di poteri nell'ambito dello Stato il potere è unitario: non c'è più divisione, c'è divisione di funzioni".

Terminato il discorso del Duce, la manifestazione continuò con intensità viva, appassionatamente vibrante di fierezza e riconoscenza i magistrati continuarono ad acclamarlo e ad invocarlo.

E, quando il Duce si ritirò e la porta si chiuse dietro le sue spalle poderose, sentì l'inno della Rivoluzione trionfante propendere dai petti dei convenuti, i quali con questo canto lasciarono la Sala delle Battaglie."


Eccolo qua, il modello che forse, i nostri politici hanno in mente (quando parlano di riformare la giustizia): una magistratura che fa parte di un unico e grande potere.
Supremo, assoluto e insindacabile.
Il ministro Grandi, presente alla cerimonia, nella sua illustrazione al Rd 30 gennaio 1941 n 12 (hche disciplina l'ordinamento giudiziario) affermava "nel regolare lo stato giuridico dei magistrati, ho naturalmente respinto il principio del così detto autogoverno della magistratura, inconcepibile con il concetto di Stato Fascista".

Spiega Spataro che "Egli riteneva inammissibile che nello stesso stato esistano organi indipendenti dallo stato medesimo, o autoarchie, o caste sottratte al potere sovrano unitario, supremo regolatore di ogni pubblica funzione."
[Pagina- 284 capitolo Il consiglio superiore della magistratura]

Significa allora che in tutte le democrazie in cui non vi è la separazione dei poteri e l'indipendenza della magistratura vige una dittatura?
No. Ma in un ordinamento in cui ciò accade (come l'Italia, che ha una Costituzione che per questa parte è invidiata dai magistrati degli altri paesi), è più difficile che ciò accada.
E questo i tanti attacchi ai magistrati, alla loro indipendenza, alle loro prerogative.

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