Nel libro Traditori di tutti di Giorgio Scerbanenco, Duca Lamberti si imbatte in una storia di trafficanti d'armi, di droga, di sesso, personaggi abietti e meschini, tutti con un solo comun denominatore: il tradimento.
Delinquenti senza scrupoli che non esistano a sparare in faccia, amici o nemici che siano. Traditori di tutti, appunto.
Eravamo alla fine degli anni 60: Milano non era più la vecchia città che finiva a Buenos Aires, come ricorda a Mascaranti, di fronte ad un panino col salame.
E Duca, che vorrebbe schiacciare questi vermi, fa un'amara considerazione, su quelli che sono gli strumenti di repressione di questa nuova criminalità, spietata:
"... c'erano anche i caricatori, ma non si può, non si può, la legge proibisce di ammazzare le canaglie, i traditori di tutti, anzi specialmente questi che devono avere un avvocato difensore, un processo regolare, una regolare giuria e un verdetto ispirato alla redenzione del disadattato, mentre invece si può, senza nessun permesso, innaffiare di proiettili due carabinieri di pattuglia, o sparare in bocca a un impiegato di banca che non si sbriga a consegnare le mazzette di fogli da diecimila, o mitragliare in mezzo alla folla, per scappare, dopo una rapina, questo si può, ma dare un bufftto sulla rosea gota al figlio di baldracca che vive di canagliate, questo no, la legge lo proibisce, è mle, non avete capito niente di Beccaria, no lui, Duca Lamberti, non aveva capito niente dei Delitti e delle pene, era un grossolano e non aveva speranza di raffinarsi, ma gli sarebbe piaciuto incontrare quelle canaglie, lui glieli avrebbe dati, i buffetti sul viso".
Technorati: Giorgio Scerbanenco, Duca Lamberti
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