Domanda: se sul G8 di Genova del 2001, non c'è nulla da nascondere, perchè dalle intercettazioni sui vertici della polizia emerge una strategia digensiva dove si coprono l'un l'altro?
Che misteri si devono nascondere? Quale è la ragione di stato da difendere?
«Manganelli stamattina m´ha detto: dobbiamo dargli una bella botta a 'sto magistrato, dice, mi ha accennato che già qualcuno sta pigliando delle carte non proprio regolari»
Da La Repubblica di Genova (articolo di Massimo Calandri):
Perché i vertici della Polizia di Stato sarebbero pronti a tutto pur di «vanificare» il più delicato fra i processi del G8? Che motivo avrebbero di fare «fronte unico» contro i magistrati che indagano sul blitz alla scuola Diaz, invece di collaborare all´accertamento della verità?
Le centinaia di chiamate intercettate dalla procura di Genova, che per mesi ha ascoltato le telefonate di alcuni super-poliziotti coinvolti nelle inchieste sui fatti del 2001, rimandano sconcertanti scenari. Nelle conversazioni via filo, testimoni ed imputati sembrano elaborare una comune «strategia» difensiva.
Violando alcune regole fondamentali del diritto che uomini dello Stato dovrebbero conoscere meglio di tutti.
Chiacchierando tra di loro al cellulare, i funzionari tirano anche in ballo l´allora capo della polizia Gianni De Gennaro e il suo vice Antonio Manganelli che a luglio ne ha preso il posto. Le frasi sono raccolte nel fascicolo giudiziario aperto su De Gennaro, Spartaco Mortola (all´epoca del G8 capo della Digos genovese) e Francesco Colucci (ex questore della città). I primi due sono accusati di aver indotto il terzo a testimoniare il falso, la richiesta di rinvio a giudizio è prevista entro Natale.
Il 3 maggio scorso, durante il processo ai 29 agenti e super-poliziotti, testimonia Colucci.
Che il 28 aprile racconta a uno degli imputati, Spartaco Mortola, di avere appena incontrato Gianni De Gennaro. Spiega di avergli parlato.
E che a questo punto dovrà fare «marcia indietro».
Il questore parla, senza sapere di essere intercettato: «Il capo mi ha fatto leggere le sue dichiarazioni ai pm, dice: "Tu devi... bisogna che tu aggiusti un po´ il tiro sulla stampa". Però io non so... magari Zucca (uno dei pm, ndr) si incazza...».
Il funzionario in aula cambia effettivamente versione rispetto a quanto dichiarato in un interrogatorio dell´ottobre 2001. Nega che De Gennaro la notte della Diaz gli abbia detto di avvisare il responsabile delle pubbliche relazioni, Roberto Sgalla («Fu una mia iniziativa») e racconta quanto gli ha suggerito lo stesso Mortola.
Il giorno seguente, è al telefono con un amico:
«Alla grande, alla grande! Ho sbaragliato tutti! Il capo mi ha ringraziato, i colleghi mi hanno ringraziato! Perché ho vanificato il processo che sta facendo Zucca da sei anni su quelle sue ipotesi del cazzo! (...) La soddisfazione del capo, non ti dico... sapessi come mi ha ringraziato... ».
Ma il 22 maggio Colucci riceve un avviso di garanzia per falsa testimonianza.
È sbigottito, naturalmente non conosce gli elementi oggettivi - le telefonate intercettate - nelle mani dei magistrati. L´ex questore è stato convocato in procura.
Preoccupato, chiede consiglio. Poi, al cellulare: «Il capo mi ha detto di non presentarmi: andare da quel magistrato significa essere massacrati, quello è un matto, quello è un mascalzone... ».
Il 24 maggio è ancora al telefono con Mortola, dice di aver parlato con De Gennaro di promozioni.
E aggiunge:
«Manganelli stamattina m´ha detto: dobbiamo dargli una bella botta a 'sto magistrato, dice, mi ha accennato che già qualcuno sta pigliando delle carte non proprio regolari».
Il riferimento è all´esposto presentato contro la procura per le presunte eccessive spese sostenute nel corso delle indagini, tesi poi smentita - conti alla mano - dagli stessi magistrati.
Perché la parola d´ordine è quella:
«Il capo, Manganelli, tutti: mi hanno detto di fare fronte comune per fronteggiare 'sto magistrato».
Secca, ieri sera, la reazione del capo della polizia:
«È stato tradotto liberamente e con linguaggio inappropriato la mia manifestazione di vicinanza e di affetto ad un collega in difficoltà».
Questo clima che tende a nascondere la verità, del far fronte comune contro un altro esponente dello stato, non serve a rendere la polizia più vicina a noi.
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