01 marzo 2010

Il silenzio

Sarà la rete, allora ad alzare la voce?

Ecco, internet è libertà. Internet è democrazia. Internet è il campo di battaglia del Ventunesimo secolo. Da una parte chi demolisce barriere, dall’altra chi – sfidando la storia – ne erge di nuove. E allora serve una scelta di campo. Noi siamo con internet. Senza se e senza ma. Perché la Rete è uno strumento, un moltiplicatore. E non può essere punita in sé. Non può essere considerata un pericolo in sé. Non vogliamo che, dietro ai paraventi del “controllo”, della “tutela”, della “regolamentazione”, si trasformi l’Italia in un paese più simile all’Iran che agli Stati Uniti, tanto per fare un esempio.


Ora dovrebbe essere più chiara la ragione della costante criminalizzazione del social network messa in atto da buona parte di giornali e telegiornali: Facebook fa paura. La notizia è che da oggi, oltre al terrore, dissemina richieste più articolate di un semplice “dimettiti”. Che siano questi i nuovi “cani da guardia del potere”?

Il silenzio è mafioso, il silenzio dell'informazione (nascosto da regolamenti burocratici) è proprio dei regimi.
Come il silenzio sulla manifestazione del popolo viola sabato scorso, da patre dei TG.
Come le prescrizione fatte passare per assoluzioni.
Come l'assuefazione che viene fatta passare dietro tutti gli scandali.
Un senatore a disposizione della ndrangheta. In buona compagnia di altri senatori (intoccabili) già condannati per mafia (esterna) e di un sottosegretario.

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