«Vogliamo essere onesti? La decisione della Rai, come quella della Vigilanza, ha un nome e un cognome: Michele Santoro. È un eccellente professionista, uscirà dalla Rai con una magnifica buonuscita per rientrarvi come autore di preziose docufiction (io sono uscito dopo 39 anni con 300 milioni di lire) Ma intanto è passato sulla par condicio con il garbo di Attila. Con accenti diversi, l’ha massacrata nell’arco dei decenni. Vorrei che mi si dicesse in quale grande tv pubblica e anche privata al mondo esiste un programma di prima serata in cui la vittima è costantemente la stessa parte politica, che stia al governo o all’opposizione…».
Quindi? Dove vuole arrivare? «Quindi non potendo sospendere solo Santoro in campagna elettorale, nonostante non rispetti le regole (basti rivedere i programmi del 2001) hanno cancellato anche le nostre trasmissioni. L’azienda ha una sola giustificazione: Santoro è lì per ordine del magistrato. Anche qui: trovate un Paese in cui il giudice ordina la collocazione perpetua di un programma in prima serata».
Lo trovi lei, Vespa, un paese in cui il premier è proprietario di reti televisivise, controlla la rete pubblica ed è sotto processo.
E in merito a Santoro, si è occupato anche del centrosinistra: le scalate bancarie del 2005, la privatizzazione di Telecom, l'indulto...
Da Santoro ci sono ospiti delle due parti a rappresentare grossomodo maggioranza e opposizione.
Da Vespa, solo per citare un caso, un ex presidente chiedeva di prendere a calci nel sedere un magistrato (Cossiga su Caselli).
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