Non hanno nemmeno aspettato la fine della festa, per gabbare lo santo. Papa Wojtyla, santo subito, per qualcuno beatificato un po' in fretta.
Il papa che per primo era sceso in Sicilia a condannare la mafia.
Che ha chiesto scusa ai fratelli ebrei.
Che ha chiesto un atto di clemenza per i detenuti.
E, soprattutto, che ha condannato le guerre, come quella in Iraq (inascoltato, peraltro).
Che penserà oggi, dei suoi fedeli italiani che, da un canto lo festeggiano, dall'altro scendono in guerra con la Libia? Del paese in cui gli immigrati vengono considerati come delinquenti, da cacciare via e non con un'opportunità?
Monsignor Nogavero, nell'introduzione del libro “Wojtyla segreto” di Giacomo Galeazzi e Ferruccio Pinotti parla di Giovanni Paolo II come il papa dei migranti e della pace:
Tra i motivi di grande attualità dell’azione svolta da Giovanni Paolo II c’e soprattutto il tema dell’accoglienza. La preoccupazione costante di Karol Wojtyla fu sempre quella di mettere al centro delle politiche dei flussi il migrante come persona, principalmente nel mar Mediterraneo. Uno spazio di amicizia e di confronto, non di privatizzazione. Un luogo dove vige la cultura dell’incontro, della solidarietà e di un umanesimo diverso, che crede nell’altro come fonte di ricchezza. “La Chiesa non puo essere fermata da nessuno” ripeteva Giovanni Paolo II, e da questa risoluta scelta di campo dobbiamo ricavare la lezione che non possiamo assolutamente dare copertura ad atteggiamenti di rifiuto o di larvato razzismo e xenofobia che emergono qua e la anche nella comunità ecclesiale. L’insegnamento di Karol Wojtyla è che servono accoglienza, dialogo, proposte, unitamente all’invito a uscire dal silenzio e dalla neutralità ogni qual volta siano in pericolo i diritti umani.
Una lezione tanto più utile e necessaria oggi che anche nella comunità ecclesiale, sul tema immigrazione, non tutte le sensibilità sono armonizzate, vista anche la contiguità, assai discutibile, con alcune posizioni politiche. (...) Di conseguenza, l’immigrazione, secondo la testimonianza del pontificato itinerante di Wojtyla non può essere considerata una sciagura o un accidente, bensì un’opportunità e una sfida. (...) Se vogliamo fare autentica memoria di un grande papa, amico degli uomini, dobbiamo raccogliere il testimone del suo alto magistero, mettendo da parte ogni tentazione di isolarlo in una nicchia di santità disincarnata, per proseguire il cammino che egli ha avviato circa l’effettiva promozione della dignità della persona, il rispetto dei diritti umani fondamentali, la promozione della pace e dello sviluppo dei popoli (...).
Insomma, forse qualcuno parteciperà alla festa con la coscienza sporca.
Festa che sicuramente celerà gli aspetti meno nobili del suo lungo pontificato: ha battuto il comunismo, si dice. Ma per questo, si è aiutato di personaggi come Marcinkus e Calvi, per aiutare Solidarnosc.
Una delle sue prime visite è stata quella al dittatore (ma non comunista) Pinochet.
Nel 1978 diede la prelatura personale alla congrega occulta dell’Opus Dei, una struttura in buona parte segreta. Il fondatore dell'Opus Dei, José María Escrivá de Balaguer (Barbastro 1902 – Roma 1975), fu amico e consigliere del dittatore fascista - stragista Francisco Franco.
Attraverso lo Ior sono transitati i capitali di Cosa Nostra, grazie a personaggi mossi dal Vaticano come Michele Sindona, Roberto Calvi.
Quando nel 1983 Paul Marcinkus venne riconosciuto colpevole di bancarotta fraudolenta, falsa emissione di assegni, e venne anche condannato per istigazione all’omicidio per il caso dell’Ambrosiano Veneto, papa Giovanni Paolo II consentì a Marcinkus di rifugiarsi negli Usa.
Possiamo poi parlare della condanna della Teologia della Liberazione in sudamerica, della condanna del profilattico (per combattere le migliaia di morti per aids).
Ma di questo, nello show che oggi andrà in onda in tutto il mondo, è bene non parlare.
Ma almeno dell'accoglienza, della condanna delle guerre, di quelli si dovrebbe discutere.
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