03 ottobre 2013

Le larghe intese Gelli Craxi - Il gioco grande del potere

Un estratto dal libro di Sandra Bonsanti: "Il gioco grande del potere" Chiarelettere.
Dove si parla delle "larghe intese" tra il segretario del PSI Craxi (quello che oggi viene definito statista riformista, perseguitato dalla magistratura) e Licio Gelli. L'uomo (forse nemmeno al vertice) della loggia segreta P2. Quella dei depistaggi, degli accordi sottobanco, quelli delle trame golpiste, della scalata al Corriere coi soldi di Calvi.

Avevano una visione comune su come riformare lo stato, i due. Riforme che, non casualmente, ritornano periodicamente di moda. non tramontano mai. Come quella sul presidenzialismo che Pertini, uno dei più grandi presidenti della nostra Repubblica, un padre della patria, definì l'anticamera della dittatura. 
Pertini si rifiutò, da presidente, di stringere la mano e di nominare per le cariche pubbliche, qualsiasi piduista. Come il socialista Di Donna all'Eni, o Manca alla Rai.

Sono passati tanti anni.

Ma certe parole, come presidenzialismo, certi attacchi (alla stampa libera, alla magistratura) sono ancora di moda. Dentro la politica.
Che ha assorbito fin troppo bene il piduismo: quel modo di fare politico non alla luce del sole, non nei luoghi istituzionali.
C'era inoltre ad interessare sia Craxi che il Venerabile, la questione della «grande riforma» che avrebbe dovuto, secondo il vecchio schema della destra di Edgardo Sogno, traghettare l'Italia da repubblica parlamentare a repubblica presidenziale.
Una riforma che veniva ritenuta essenziale in vista di un'operazione di rafforzamento contro il potere del PCI. Se avessero potuto votare direttamente il presidente, calcolavano, gli italiani non avrebbero mai scelto un comunista, o comunque un uomo di sinistra.
Risale al settembre 1979, in contemporanea con l'incontro tra Craxi e Gelli, un articolo su «L'Avanti!» che rilancia la proposta della Grande riforma che verrà poi ripresa in tutte le occasioni di dibattito interno. [..]
Craxi tornerà sul tema del presidente eletto dal popolo a ogni assemblea di partito, a ogni congresso. [..]
Insomma, repubblica presidenziale. Se il prezzo da pagare fosse la rinuncia dichiarata di Craxi a candidarsi, ecco una rassicurazione.
C'erano poi altri due argomenti di comune interesse fra il Venerabile e il segretario socialista ed è probabile che ne abbiano discusso insieme in più occasioni, e che i loro incontri siano stati più frequenti e intesi di quanto abbiano voluto far sapere.
Così la pensava anche Fabrizio Cicchitto, intimo di entrambi, che in un momento di sconforto si era lasciato andare parlando col giornalista Augusto Minzolini, che lo intervistò per «La Stampa» nel novembre del 1993, e aveva confessato: «Ho capito ad esempio che Bettino e Claudio Martelli c'erano dentro fino al collo con Gelli e Ortolani .. C'è da credere  davvero che in tutti quegli anni con quei soldi si siano comprati il Psi».
E c'erano altri progetti che stavano a cuore sia a Gelli che a Craxi e ricalcavano pari pari alcuni punti fondamentali del Piano di rinascita. Sono gli stessi che nel nuovo millennio saranno «fotocopiati» nei programmi dei governi di Silvio Berlusconi: il controllo della magistratura e il controllo dell'informazione (a partire dall'asservimento della Rai).
Obiettivo comune del segretario sociailsta e di Licio Gelli era la conquista di un dominio forte, assoluto. Tutto il resto, un inevitabile corollario. Non importa se per raggiungere il fine si dovesse riscrivere la Costituzione, anzi. Come disse Gelli, e come poi ha ripetuto pedissequamente il «fratello» Berlusconi, la nostra Carta è «un abito un po' liso, che necessita di esser rinnovato totalmente».
[pagina 146-147]


 

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