12 ottobre 2013

Lo Stato siamo noi

Questa mattina, alla cassa di un negozio di abbigliamento mi è stato chiesto se volevo finanziare con un euro “Save the children”.
Entrando in un centro commerciale, c'era un banchetto dove dei volontari offrivano sacchetti di mele per la ricerca sulla sclerosi multipla.
Infine, alla cassa del centro commerciale ho ritirato i bollini per la scuola: un'iniziativa di una catena di supermercati, per aiutare le scuole locali nell'acquisto di beni.

Ecco perché è importante la manifestazione di oggi, con la Fiom Libera Zagrebelsky, Rodotà , a Roma, a difesa della Costituzione, “via maestra” per salvare questa democrazia un po' malandata.
Perché ormai stiamo delegando alla carità dei singoli, alcune pezzi di stato: la scuola pubblica, la sanità e la ricerca sulle cure per le malattie. Così come anche un pezzo di Welfare: Save the children è ora in Sicilia per aiutare i profughi che sono sbarcati a Lampedusa dopo aver attraversato il canale su barconi.

Oggi dobbiamo far sentire la nostra voce perché lo Stato siamo noi e questo Stato si appoggia su una Costituzione in parte disapplicata: scuola pubblica, diritto alla salute, tutela dei più deboli.
Sono tutti diritti che ci appartengono: quanti oggi parlano di riforma della Costituzione, per renderla più moderna, non intendono affatto applicare e rendere esecutivi questi principi.

Non solo, l'obiettivo vero di questa anomala maggioranza, che non ha avuto mandato di fare alcuna riforma dagli elettori (e che forse non è nemmeno rappresentativa della maggioranza degli italiani) è quello di arrivare ad un modello di repubblica presidenziale. Rendendo legittimo quanto è successo nella politica in questi ultimi 2 anni.

Un parlamento esautorato e un esecutivo debole che ogni volta si nasconda: una volta dietro le emergenze, un'altra volta dietro le larghe intese.

Grado zero della politica, diceva l'altra sera a Servizio pubblico il professore Rodotà.
Una politica che oggi ha il volto sereno e tranquillizzante di Enrico Letta.
Meno astero di quello del professore Monti.



Ma non cambia la sostanza dietro: la politica in atto è sempre la stessa, far ricadere il peso della crisi sui ceti deboli. Si taglia il welfare, la rivalutazione delle pensioni, i diritti di chi lavora, si rincarano le tasse locali e diminuiscono i trasferimenti agli enti locali. Il che significa che regioni e comuni potranno offrire meno servizi.

E, dall'altra parte, via l'Imu anche per i ricchi, non si parla né di patrimoniale né di toccare stipendi d'oro e pensioni d'oro.
Per rientrare nei parametri imposti (e dai nostri governi accettati) dall'Europa, oggi Letta propone la svendita dei beni pubblici. Castelli, isole, caserme, ville.
Sono nostri beni, beni che lo stato dovrebbe saper gestire e far fruttare, possibilmente.
E invece, piuttosto che intaccare la ricchezza privata, si preferisce toccare il bene comune: Tommaso Montanari oggi sul Fatto quotidiano cita Ugo Mattei quando scrisse: “In Italia il maggiordomo (la maggioranza del momento) ha il potere di vendere il patrimonio di famiglia (appartenente alla collettività dei cittadini) trasferendolo sottocosto ad attori privati amici e compensando profumatamente le banche d'affari che gestiscono tali 'cartolarizzazioni' Questo vero e proprio saccheggio è stato esercitato in modo bipartisan da governi tecnici e riformisti, tutti preda senza alcuna distinzione degli stessi poteri forti di cui gran parte dei ministri è consulente, o comunque, a libro paga”.
La Costituzione è la via maestra: non possiamo delegarne la riforma a “saggi” e politici , gli stessi che hanno portato il paese in questa condizione (e chi siano molti di questi saggi lo dice anche l'inchiesta di Bari sui concorsi).
Non è cosa da poco andare in deroga all'art 138 (che stabilisce le regole per la riforma della Carta): sarebbe un precedente che poi verrebbe applicato dal prossimo “illuminato riformista” che intende piegare lo Stato ai suoi interessi.
O dei suoi amici. O patrioti.  

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