La
domanda cui la puntata di Presa
diretta ha cercato di rispondere era: Ma il jobs act ha
creato veramente nuovi posti di lavoro?
Segnali postivi di crescita – dice il
primo ministro nel tele messaggio ai telecittadini del paese: sono i
dati dell'Istat sul lavoro (44mila occupati), sono i dati in decimi
di percentuale sul pil e sui consumi, sono i cinquantenni che hanno
un lavoro ma non per il jobs act, ma per la riforma delle pensioni
(Fornero).
I dati dell'Istat indicano una crescita
del PIL, dei consumi (0,3%): Renzi nell'intervista al Foglio parla di
una svolta.
Siamo fuori dalla recessione -
ripete Padoan: grazie alle riforme strutturali, sostegno alle
imprese, sostegno alla competitività.
Sono le politiche del governo che sono
enfatizzate: tra queste il jobs act, la riforma che ha tolto
l'articolo 18, ma i numeri danno ragione al governo.
Ma il segno più è frutto del jobs act
o degli sgravi ai nuovi contratti? Poletti, intervista spiega
come i nuovi posti siano figli di entrambe le cause. Gli sgravi e la
flessibilità nei contratti.
Ma quanto pesa una e quanto l'altra: da
una parte c'è un costo per la collettività, dall'altra ci sono
minori tutele per chi lavora.
Poletti è chiaro: la riforma è
positiva, vogliamo aumentare il numero dei contratti a tempo
indeterminato.
Ma la CGIL ha un'altra opinione in
merito: il segno più è figlio della decontribuzione. Erano
collaborazioni a progetto trasformate in contratti a tempo
indeterminato internamente alle aziende.
Senza incentivi non ci sarebbero questi
numeri: servivano incentivi sulla nuova occupazione e su periodi
lunghi. Si è di fatto solo finanziato il turn over.
Questi sono i termini della discussione
della riforma del lavoro.
I segni dell'Istat giustificano
l'ottimismo del governo?
L'hashtag della puntata è stato
#truffalavoro, per svelare i contratti truffa in Italia: è vero che
ora le banche concedono i mutui, per esempio?
Il far west del mercato del lavoro:
il primo servizio di Federico Ruffo a Napoli riguarda il mondo delle
guardie giurate.
“Il ponte”, si chiama
l'intermediario per entrare nel mondo delle guardie giurate: a lui
bisogna dare un regalo. Lui conosce le società che assumono.
Sono 20000 euro da dare all'azienda, a
Napoli funziona così.
Si compra il posto di lavoro, sembra
fantascienza.
Si lavora quasi gratis per un anno, e
dopo due anni, passati gli sgravi, l'istituto può anche lasciarti a
casa.
Il mondo del lavoro e degli annunci è
questo: Federico Ruffo ha cercato negli annunci, tutti dicono che c'è
la crisi, dunque niente colloqui, ti danno un lavoro ma niente
assunzione.
Fuori dalla stazione di Tiburtina a
Federico fissano un colloquio per un'azienda di pulizie.
Lì fuori si trovano i ragazzi che
vendono porta a porta i contratti di luce e gas.
Niente fisso e niente rimborsi. Solo
contratti a chiamata, a cottimo, senza assicurazioni sul lavoro: i
ragazzi dicono che questo è l'unico lavoro che si trova in Italia.
Il colloquio per l'impresa di pulizie è
una trappola: ti mandano porta a porta a vendere contratti
Telecom e Acea.
Altro colloquio a Tor Marancia:
l'azienda segue start up di imprese e cercano figure per aiutare
clienti. G.D.O. Per esempio.
Il lavoro non è chiaro: è un altro
porta a porta, per convincere la gente a cambiare il gestore del gas.
Ovvero convincere la gente a cambiare contratto a qualunque costo.
Anche dicendo che si tratta di
personale Enel, che devono fare controlli...
Le tutor di Federico si inventano una
tassa nella fattura del gas, per intortare le persone contattate.
Una sorta di truffa, lo sanno anche
loro.
L'obiettivo è far passare la gente
da Acea a Enel energia, cambiando gestore: le tutor sono esperte
nel lavorarsi gli anziani, che si fidano delle due ragazze, fanno
vedere le fatture.
Molti anziani ci cascano: Enel lo sa,
di queste truffe.
La società fa parte del gruppo Juice:
nel sotterraneo della sede romana i venditori si allenano ad
approciare la gente, le stesse scene mostrate nel film di Virzì
“Tutta la vita davanti”.
“Juice on juice” è il grido!
Lavorare anche con la febbre, anche
sotto la pioggia, anche carpendo la fiducia della gente.
Il manager dell'azienda si chiama Di
Giacomo: Ruffo, una volta svelato il suo lavoro, gli ha chiesto conto
di quello che fa.
“Io non posso sapere cosa dice il
venditore”,si difende il manager.
Tamara Carone ha lavorato nella
filiale di Catania: prendeva 900 euro al mese ed era una delle più
brave a vendere.
900 euro senza le spese: benzina,
pasti, colazione. Al netto erano 500 euro: si viene pagati a
contratto, e dunque ci si spingeva a vendere di più.
Non ha mai firmato un contratto,
Tamara: solo un foglio word, senza valore legare.
La busta paga era un foglio excel: lo
ha scritto nel blog intelligenzasprecata. Qualcuno l'ha minacciata
per quello che ha scritto, i nomi delle aziende, le sedi delle
società.
Torre del Greco: una società
che gestisce call center, gli operatori vendono contratti telefonici.
Si viene assunti per turni misti,
lunedì a sabato: 11 ore alla settimana.
Il compenso fisso è però variabile,
legato ai contratti venduti: l'azienda fa pure una gara di
produttività (sempre il film di Virzì).
Caserta: qui c'è la sede di un'altra
società di call center, dove nemmeno si sa quanto si prende.
250 euro, fisso, poi un variabile a
contratto: per arrivare al massimo a 800 euro al mese.
La formazione è non pagata: ti viene
insegnato cosa dire ai clienti, ovvero convincerli a farsi aiutare
per apparire su google.
Qui si trovano ragazzi che prendevano 3
euro lordi per contratti in altri call center, che pure non li hanno
pagati.
Si inizia a lavorare senza aver firmato
un contratto: nella sala ci sono operatori che chiamano piccole
aziende che per conto di Google, cercano di aiutarle a far salire il
ranking dei loro siti.
Ma in tempi di crisi è difficile.
Un contratto vale 1000 euro per
l'azienda finale, meno per il call center. Ancora meno per chi lavora
nel call center. 5 o 8 euro.
Il jobs act cosa dice sui call
center? Fa eccezione proprio il settore dei call center: i
contratti pre esistenti continueranno a lavorare così. Col far west.
Col fisso che c'è e poi sparisce. Con
la parte variabile che è mortificante.
Poletti ha spiegato che se avessero
posto paletti, i call center sarebbero scappati all'estero: se c'è
un accordo sindacale si può mantenere i contratti di call center.
Che è un contratto a progetto, dunque
senza turni né orari: la ma realtà è diversa. Nessuno controlla.
Nemmeno il ministro.
Dalla rete arrivano le segnalazioni ai
giornalisti in studio di Presadiretta: gli studi tecnici dove i
laureati lavorano a partita iva, i dipendenti in cassa integrazione
che lavorano in nero, cameriere che lavorano in nero...
I giovani laureati fanno ancora fatica
a trovare lavoro, peggio di noi solo la Grecia: solo 1 su due trova
subito lavoro.
Il contratto a tutele crescenti.
Entriamo a Melfi: qui sono stati
assunti 1200 operai questa estate.
Qui si producono le 500 X della FCA:
dopo 2 anni di cassa integrazione l'impianto nel 2014 è tornato ad
essere produttivo.
Qui si produce anche la Renegade: sono
le auto più vendute in Europa la 500 e la jeep, allora FCA ha
assunto 1500 interinali. Assumiamo perché ne abbiamo bisogno, ma
Marchionne ha apprezzato anche la possibilità di licenziare.
A maggio Renzi è andato a visitare
Melfi: lo spot per il jobs act è stato fatto direttamente nello
stabilimento lucano. Gli altri discutono, io sono il governo che fa,
che crea le condizioni per il lavoro.
Chi sono i nuovi assunti? Diplomati e
laureati alla prima occupazione, che sperano di rimanere in Fiat per
anni. Perché qui non c'è niente, non ci sono altri lavori.
Vengono a lavorare qui anche da molto
lontano, alzandosi all'alba, dopo due ore di viaggio.
14 ore di vita legati alla fabbrica: un
sacrificio che si fa per un futuro.
Anche facendo il terzo turno, quello
della notte: così alta la fame di lavoro che anche questo si
accetta. Un lavoro.
L'alternativa è l'emigrazione.
Anche se sei laureato con 110 e lode
sei ora un operaio.
“Un lavoro come quello della Fiat
in questa terra dimenticata dagli uomini è una benedizione”,
dice uno di loro, laureato con 110 e lode.
Il 27 luglio la Fiat ha assunto 1500
interinali col contratto a tutele crescenti: col nuovo contratto
non c'è obbligo di reintegro in caso di licenziamento, la Fiat
accede agli sgravi del governo.
Un risparmio di 11 ml di euro, per
tre anni: un regalo del governo alla Fiat, dicono i sindacalisti,
anche quelli della Uilm, che hanno firmato gli accordi.
La Fiat doveva assumerli quei
dipendenti: la loro assunzione era legata alle vendite.
Se poi i modelli non si vendono, questi
1500 neo assunti saranno allora licenziati?
De Palma, coordinatore Fiom, è
convinto che la Fiat ha assunto perché doveva farlo, il jobs act è
stato un regalo, perché Fiat doveva produrle le auto.
Ora gli assunti possono però essere
licenziati.
La fabbrica sforna 1000 auto al giorno,
un record internazionale: un record legato alla nuova tecnica di
organizzazione del lavoro. È la posizione del lavoro dei lavoratori
alla catena di montaggio, che porta ad una maggiore produttività
degli operai che però si riposano di meno. Meno della BMW e meno
della VW: si lavora 7 giorni su 7 giorno e notte, su 20 turni.
Anche per dieci giorni consecutivi.
Come topolini in un esperimento, dice
una operaia, che si firma Ape operaia.
Ora Fiat ha messo un giorno di riposo
tra i 6 giorni + 4: si lavora comunque con pochi secondi per operare
sui pezzi. Il tempo di saturazione delle linee è vicino al 100%, da
tenere per 7,5 ore.
Con tre pause da 10 minuti. Prima erano
pause da 20 minuti.
Alla lunga è un ritmo che logora.
Emilio Fidanzio giornalista,
segue la Fiat da anni: qui la Fiat si permette di chiedere
condizioni agli operai che altrove non chiederebbe, perché non ci
sono altre possibilità.
Nel contratto nazionale si lavora su 15
turni, al massimo: tre turni per cinque giorni. Al massimo uno
straordinario la mattina.
Fiat ci guadagna dalla nuova
organizzazione 10 minuti di pausa, per 7000 persone, per i giorni di
lavoro: un bel ritorno dal punto di vista economico.
Un ritorno che non ha corrispondenze
nella busta paga, più bassa dei colleghi degli altri stabilimenti.
È una sorta di prezzo da pagare per
tenere il lavoro qui, dicono gli altri sindacalisti. Con lo scopo di
ottenere poi migliori condizioni.
Come, non si sa. Visto che sono assunti
con un contratto che rende più facile il licenziamento.
Ma non tutte le aziende dell'auto si comportano come FCA.
Ma non tutte le aziende dell'auto si comportano come FCA.
S Agata: la fabbrica Lamborghini
(gruppo Audi).
La dimostrazione che in Italia si può
produrre auto e rimanere sul mercato è qui: gli operai fanno una
pausa a metà turno, lavorano di meno e sono più pagati.
Su 15 turni: sono previste nuove
assunzioni che non sono figlie del jobs act, ma perchè l'azienda
vuole produrre un nuovo modello.
Qui la Audi ha deciso di assumere non
seguendo le scelte del governo e degli sgravi.
Alla Lamborghini l'azienda ha
voluto aprire al dialogo con le RSU, per mantenere le tutele sui
licenziamenti, per non avere in azienda operai di serie A o B.
Il nuovo contratto integrativo ha
aumentato lo stipendio: 88 euro in più al mese senza aumenti di
carichi di lavoro.
Qui si punta alla qualità del lavoro.
Nicola Patelli mostra i nuovi accordi
sottoscritti in Emilia, dove si cerca di mantenere l'articolo 18, nei
nuovi contratti: persino a Bologna, negli appalti pubblici, si
è scelto di andare oltre il jobs act.
Il sindaco è del PD, Virgilio Merola.
Niente gare al massimo ribasso,
mantenimento delle condizioni di lavoro precedenti al jobs act.
I furbetti del jobs act.
Ci sono tante aziende, come la Inalca
(gruppo Cremonini), che ha licenziato per assumere poi le persone col
jobs act.
Nel giro di qualche giorno, Inalca ha
disdetto il contratto per un consorzio che produceva la carne, con
l'obiettivo (è il sospetto dei dipendenti) di riassumerli a tempo
indeterminato entro dicembre. Per prendere gli sgravi da 8000 euro.
Il jobs act non lo permetterebbe
direttamente, ma se poi il lavoratore lo fai assumere da un'agenzia
interinale per 6 mesi, lo puoi riassumere dopo con gli sgravi,
diventa come una lavatrice.
Succede anche a Pordenone: prima il
licenziamento e poi la promessa di essere riassunti dopo sei mesi.
Succede a Parma. Cambi di appalto strumentali che sono stati
denunciati all'ispettorato del lavoro.
In questo modo si gonfiano i numeri
delle assunzioni e delle stabilizzazioni.
Poletti afferma che la norma è
chiara: se aggiri la norma non hai diritto a ricevere gli sgravi, noi
il fenomeno lo stiamo osservando. Rischiano il processo, assicura
Poletti.
L'altro pericolo del jobs act è
quello del licenziamento ingiusto: l'indennizzo dell'azienda è
meno dell'incentivo e ci si guadagna pure.
Se si licenzia entro il primo anno non
ci rimette (per un lavoratore da 22mila euro): dopo il secondo anno
si risparmia anche 12mila euro.
Non sono stati previsti dei deterrenti,
sugli aiuti indiscriminati: si doveva premiare chi assume di più,
non chi fa turn over.
L'analisi di Marta Fana sui numeri
del ministero: i contratti
attivati sono 327mila, di questi due terzi sono
trasformazioni, 117mila sono vera nuova occupazione.
Sono pochi, per tutti gli sforzi fatti
e per le condizioni favorevoli al contorno: molti di questi sono poi
over 55 anni in su.
Non stiamo aggredendo il dramma della
disoccupazione giovanile: hanno precarizzato il lavoro stabile e non
siamo riusciti fino ad oggi a spostare di molto l'occupazione –
dice la segretaria Camusso.
È passata anche l'idea che un
comportamento ingiusto (i licenziamenti senza causa) sia possibile,
lecito.
Abbiamo svoltato, dicono al governo: ma
questo è grazie al prezzo del petrolio, al QE di Draghi.
Gli effetti interni continuano a non
vedersi.
L'intervista a Poletti- seconda
parte.
Il contratto a tutele crescenti deve
essere mantenuto strutturalmente: ma nel 2016 andremo a decalare la
dose di sgravi.
Dovremo trovare una modalità per cui
il contratto a tempo indeterminato costi di meno: sarà più
flessibile e costerà di meno.
È stata legalizzata un'ingiustizia,
però, l'obiezione rivolta al ministro da Iacona: gil indennizzi in
cambio di un licenziamento ingiusto.
Poletti spiega che nel 2014 molti
lavoratori precari queste tutele non le aveva.
Chi le aveva prima non sono stati
toccati, la riforma riguarda i nuovi assunti, chi è entrato dopo.
Ma a Melfi non è così: Marchionne
doveva assumere, perché le linee erano pronte.
Gli sgravi a tutti (quasi 12 miliardi
in tre anni): perché non filtrare i soldi solo a quelli che
aggiungevano occupazione?
Si è preferito togliere burocrazia e
controlli, ha risposto il ministro.
E il -84mila posti nell'occupazione
giovanile? È un problema dell'Europa, poi abbiamo anche il problema
delle pensioni.
Ma serve una espansione della base
produttiva e del rilancio dell'economia.
E allora perché il governo sta facendo
la festa? Siamo fuori della crisi?
Poletti tira fuori i numeri della cassa
integrazione e dei mutui, dei consumi .. le cose stanno migliorando.
Cosa dicono gli economisti?
Giavazzi è convinto che sia
stato il jobs act a far ripartire le cose. Per tre anni il lavoro
cresce e poi ci penseremo...
Pietro Garibaldi è il fondatore
de Lavoce.info: ottimismo si, ma cauto. L'incertezza è nel 2016, se
verranno mantenuti gli sgravi per i neoassunti.
Il governo ha dato priorità a togliere
le tasse sulla casa, sarà difficile trovare risorse per mantenere
gli sgravi.
Luca Ricolfi è un sociologo,
scrive per il sole 24 ore: per lui è la decontribuzione che ha fatto
aumentare i numeri dell'occupazione.
C'è il rischio di creare una bolla, se
gli imprenditori assumono persone per usufruire del bonus, ma di cui
non ne hanno bisogno. E se poi arriva lo sboom, l'anno prossimo?
I numeri degli occupati non sono
esplosivi, se si tiene conto dei soldi investiti. Ne è valsa la
pena, ma potevamo spendere quei soldi meglio.
Le parole di Stigliz:
l'obiettivo è abbattere le diseguaglianze, di reddito e di
giustizia.
L'Italia sta facendo tanto per le
diseguaglianze, per allargarle: una brutta classifica.
Se i ricchi diventano più ricchi non è
vero che diventano più ricchi le fasce più basse: è una vecchia
ricetta che non funziona.
Meno opportunità per tutti, poveri
sempre più poveri. Questa dovrebbe essere la preoccupazione più
grande dei nostri politici.
L'Italia – dice Stiglitz – ha la
peggiore mobilità sociale tra i paesi industrializzati. Stati Uniti,
UK e poi l'Italia.
Il figlio dell'operaio non può più
diventare ingegnere, siamo andati indietro.
La diseguaglianza è una scelta
politica, non è frutto del capitalismo: le diseguaglianze fanno
accrescere l'economia,fermano la crescita.
E finché rimarremo in cima a questa
classifica, non potremmo dire di avere svoltato.
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