In Bot, in azioni, nei fondi di investimento o nel mattone?
Agli sportelli bancari sempre più spesso viene proposto l'investimento in diamanti (come il tesoriere della Lega), che "dal migliore amico delle donne" sembra diventato nuovo bene comune.
In banca è sempre più facile trovare il promoter finanziario che propone diamanti come investimento sicuro, sono considerati bene rifugio per eccellenza. Non tutte le banche però ci dicono che il prezzo che paghiamo per acquistare il diamante è il doppio del valore di mercato. Quanto sono trasparenti questi investimenti? Alla fine chi guadagna sempre, a prescindere dell’esito dell’investimento sono sempre loro, le banche.Il servizio di Emanuele Bellano racconterà chi è che ci guadagna veramente coi diamanti (sempre le banche, nemmeno i paesi del terzo mondo dove si estraggono): un investimento non a prezzo di mercato e dove manca la trasparenza nei confronti del cliente.
L'anteprima su Reportime
Lo chiamano bene rifugio per eccellenza. Il diamante concentra un valore altissimo in uno spazio estremamente piccolo. Una pietra pura da un grammo in media vale circa 50 mila euro. Molto più di un grammo d’oro che oggi si compra intorno ai 40 euro. Proprio per questo acquistare diamanti è diventato un modo per investire i risparmi e da alcuni anni a consigliarlo sono le banche, da Intesa San Paolo a Unicredit alle Popolari .Materialmente a vendere diamanti attraverso il circuito bancario sono due società private: la Intermarket Diamond Business (IDB) e la Diamond Private Investment (DPI). Il risparmiatore pensa di fare un buon investimento, ma è vero? Abbiamo preso i prezzi di listino di queste due società e li abbiamo confrontati, a parità di carato, brillantezza e purezza, con le quotazioni del Rapaport, il listino internazionale dei diamanti riconosciuto in tutto il mondo. Ebbene quelli venduti attraverso il circuito bancario da DPI e IDB hanno un prezzo doppio rispetto a quello indicato dal Rapaport. Chi li acquista e vuole rivenderli sul mercato rischia di perdere una larga fetta del suo investimento. Gli rimane un’opzione: rivendere il diamante attraverso la stessa società che l’ha venduto. Ma le commissioni per il disinvestimento sono salate: il 10 per cento più iva con DPI e tra il 16 e il 7 per cento più iva con IDB.A vigilare è Consob che ha affrontato l'argomento nel 2013. Ha stabilito che la vendita in banca di diamanti non deve sottostare alle normali regole sui prospetti informativi.Ogni anno 20 miliardi dei nostri risparmi se ne vanno come compenso per i consigli che ci danno le banche, anche se ci consigliano male. Negli Stati Uniti l'amministrazione Obama ha affrontato l'argomento e lo scorso aprile ha approvato una legge a tutela dei risparmiatori. Anche alcuni paesi d’Europa hanno preso provvedimenti. Da noi il parlamento è in attesa che venga promulgata la nuova normativa europea a tutela dei clienti bancari che non sarà pronta prima del 2018. Anche Poste da tempo propone consigli per gli investimenti, ma per gestire il proprio portafoglio di investimenti si è affidata a una rete di 7.000 consulenti finanziari: solo una piccola parte di loro sono iscritti all'albo, molti non sono laureati e fino a qualche anno fa lavoravano allo sportello. Tra i prodotti che hanno consigliato ai clienti ci sono i fondi immobiliari. I risparmiatori che li hanno comprati in alcuni casi ci hanno rimesso fino al 70 per cento.
La scheda del servizio: Occhio al portafoglio di Emanuele Bellano
In banca è sempre più facile trovare il promoter finanziario che propone diamanti come investimento sicuro, sono considerati bene rifugio per eccellenza. Non tutte le banche però ci dicono che il prezzo che paghiamo per acquistare il diamante è il doppio del valore di mercato. Quanto sono trasparenti questi investimenti? Non dicono neppure che per l’investitore rivendere il diamante è praticamente impossibile e l'unica strada è affidarsi a chi glielo ha venduto, pagando però una salata commissione. Alla fine chi guadagna sempre, a prescindere dell’esito dell’investimento sono sempre loro, le banche. Ogni anno venti miliardi dei nostri risparmi vanno in fumo in spese di commissione. Sono soldi spesi per dei buoni consigli? Non è andata bene neppure ai risparmiatori di Poste: hanno investito sui fondi immobiliari e hanno immaginato di fare un investimento sicuro puntando sul mattone, dopo dieci anni hanno perso il 70%. Poste propone anche investimenti in fondi, polizze e strumenti finanziari complessi, e per venderne tanti hanno mobilitato un esercito di 7.000 consulenti finanziari. Si tratta di consulenti preparati? Solo una piccola parte di loro sono iscritti all'albo, molti non sono laureati e fino a qualche anno fa lavoravano allo sportello con il compito di pagare le bollette della luce.
Ma probabilmente, ad interessare più gli spettatori di Report e la famiglia del ministro dell'Interno sarà il servizio su Alfano jr di Giorgio Mottola (nella sezione disonore al merito): come ha fatto a prendere un incarico dirigenziale alle Poste?
Forse il cognome ha influito sulle scelte dell'azienda di cui il Tesoro è azionista di maggioranza?
Alfano, il fratello, ha cercato di bloccare la trasmissione del servizio, adducendo come scusa che l'intervista è stata estorta da un giornalista che non si è qualificato.
Se conosco bene Milena Gabanelli, il servizio andrà in onda regolarmente (e Giorgio Mottola si sarà presentato come giornalista). Sul Fatto quotidiano e su Repubbilca si anticipano alcuni spezzoni:
"Al centro del servizio tv c’è la sua contestata carriera come dirigente delle Poste, ma non solo. Nel pezzo, come racconta Repubblica che ha potuto vederlo in anteprima, si racconta di un bagno chimico che Alessandro Alfano si è fatto costruire ad hoc nel suo ufficio. Dopo aver valutato tubature e struttura, il dirigente responsabile ha dovuto accontentarsi di un bagno chimico e non in muratura. La richiesta è costata, sempre secondo Report, 5600 euro all’azienda durante i lavori dell’adeguamento della sede del 2016. L’intervista che Alfano si rifiuta venga mandata in onda è stata raccolta davanti al suo ufficio di dirigente responsabile".La scheda del servizio: C'è poste per te di Giorgio Mottola
"In quanti sognano un ruolo da dirigente alle Poste? Alessandro Alfano, fratello del ministro dell’Interno, è tra quelli che c’è riuscito. Tra i suoi requisiti c’è una laurea breve in economia conseguita dopo 16 anni di università. Oggi gestisce tutto l’enorme patrimonio immobiliare che Poste possiede in Sicilia. Come ce l’ha fatta?"
Gli altri servizi:
I giganti del Web, dove si racconterà dei nuovi stati, non democratici, sorti con internet: Google, Apple, Facebook, multinazionali che hanno preso il posto delle democrazie senza doverne però rispettare le regole e i principi.
E' corretto che decidano loro di non pagare le "giuste" tasse nei paesi laddove fanno profitti?
E cosa faremo quando la rivoluzione industriale 4.0 avrà distrutto tutti i posti di lavoro manuale che non saranno rimpiazzati in alcun modo? Chi si preoccuperà del loro welfare, delle loro cure sanitarie?
Un tema che dovrebbe impegnare la nostra classe politica molto più del bicameralismo.
La scheda del servizio:
Google, Facebook hanno un valore di mercato complessivo di circa mille miliardi di dollari e raccolgono l’85% della pubblicità on line. Non pagano tutte le tasse nei paesi dove svolgono attività e fanno profitti. E’ caso per esempio di Apple, che dovrebbe pagare all’ Irlanda tredici miliardi di euro. Secondo il rapporto dell’agenzia di rating internazionale Moody’s le multinazionali del web hanno centinaia di miliardi nascosti nei paradisi fiscali. Il loro potere nasce anche dagli archivi ventennali sui gusti e le scelte delle persone di tutto il mondo. Archivi che gestiscono anche dati sensibili. Quando il 2 dicembre del 2015 un terrorista uccide 14 persone, e l’FBI chiede ad Apple di poter accedere ai contenuti del suo Iphone, il manager Tim Cook ha manifestato l’intenzione di non collaborare. E’ giusto che il loro potere sia illimitato?Governatori del paradiso di Giulio Valesini:
In Europa l'evasione fiscale è stimata in circa mille miliardi di euro. A settembre il presidente della commissione Juncker, nell’atteso discorso sullo stato dell’Unione, ha indicato la lotta all’evasione fiscale tra le priorità del suo governo europeo. Sembra che nessuno ricordi più lo scandalo Luxleaks che ha portato alla rivelazione degli accordi fiscali riservati tra centinaia di multinazionali e l’ufficio dell’imposte del Lussemburgo, dove Juncker è stato a capo del governo e delle finanze per 18 anni. Da gennaio, la presidenza di turno dell'Unione europea toccherà a Malta, considerata una specie di paradiso fiscale. Inoltre il premier Joseph Muscat ha visto due suoi importanti esponenti di Governo coinvolti nello scandalo dei conti offshore a Panama. Sarà proprio durante il semestre maltese che l'Europa dovrà discutere un'importante direttiva contro l'evasione fiscale: l'obbligo per le grandi imprese di pagare le tasse laddove fanno i loro profitti. Ma con dei controllori così poco credibili, si può stare tranquilli?
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