Monte Cucco, 21 giugno 1916
«Non tagliano» gli urla disperato Azzaretti.
«Che stai dicendo?»
«Non tagliano, tenente!» Ha in mano na cesoia. Preso da un attacco isterico la sbatte con violenza contro il filo spinato, sembra voglia abbatterlo a colpi di pinza. «Come cazzo facciamo ad aprire il varco?»
«Dammi qua, Filippo» dice antonio e toglie le pinze dalle mani insanguinate di Azzaretti. Ha premuto con tale forza da piagersele.
Ora ci prova lui. ci mette tutta la forza di cui dispone. Non tagliano. Li hanno mandati allo sbaraglio, con baionette arrugginite e cesoie non affilate. Ruota su se stesso, spalle ai tognini, guarda davanti a sé morire i ragazzi che gli corrono incontro. Si gira, prova di nuovo, stringe, se potesse estirperebbe a morsi il filo spinato.
Che senso ha morire così? Allora a questo punto avrebbero fatto prima a rinchiuderli in un campo, estratti a sorte.
Passati direttamente per le armi, tanti morti di quà, tanti di là. Ma almeno senza la fatica, la gastroenterite, la febbre da cavallo, la fame, il freddo, il colera. E senza il crudele sarcasmo di queste cesoie che non recidono nulla, puro ornamento retorico, al pari delle alate parole dei poeti, dei vati, dei tromboni, che hanno mandato questi ragazzi verso la bella morte. Ma la morte fa schifo, qualcuno dovrà pur dirlo. Sarà poco poetico, ma è la verità. Fa schifo.
I tognini si sono fermati. Neppure loro riescono a credere che sia così semplice uccidere un uomo. Ne hanno la nausea.
Come sugli albero le foglie, di Gianni Biondillo – Guanda editore
Quando si parla della guerra, si parla di questo. Dei soldati mandati a morire a grappoli, falcidiati a mazzi "Come sugli alberi le foglie in autunno" (dalla poesia di Ungaretti), con armi e materiale scadente, mandati al massacro per conquistare una vetta, una postazione da strappare al nemico con un attacco frontale.
Secondo i piani dei nostri generali imbelli, quelli che avevano studiato tanto all'accademia.
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