«S'incontrano strani tipi d'eccezione sui treni e sulle stazioni»
Paris Mediterranée, canzone del 1938
Il Prologo
Caro amico, come lei sa, ho perso la vista ventidue anni or sono, verso la fine della guerra.
Di fatto, quell'evento ha diviso la mia esistenza in due parti distinte: quella del mondo visibile, durata poco più di quarant'anni, e la presente, che sembra già così lunga e definisco «l'ergastolo della privazione», o mondo invisibile ...
Non
c'è la guerra nei libri di Ben Pastor con protagonista l'ufficiale
investigatore Martin Bora. Non c'è la guerra, appena passata
lasciando dietro di sé lutti e distruzioni da una parte, la gloria e
le medaglie per i vincitori. Tra questi, anche un giovane ufficiale
della cavalleria, con un incarico presso i servizi segreti
dell'esercito, l'Abwher: studi filosofici alle spalle, un padre
naturale maestro di musica e un patrigno generale dell'esercito. Nato
e cresciuto a Lipsia, ma con origini scozzesi per parte di madre. La
Germania dei von Bora, famiglia dedita alla stampa di libri, la
Scozia e anche l'Italia dove un giovane Martin ha trascorso piacevoli
estate da adolescente.
Prima
di intraprendere, in modo convinto, la carriera militare. C'è tutta
l'Europa nelle vene di Martin Bora, tutta la tragedia della seconda
Guerra mondiale e dell'Europa, nelle storie in cui si trova
coinvolto.
La
finta diplomazia negli anni '30 tra le potenze mondiali, con
l'ipocrita negazione delle velleità militari del Reich tedesco.
La
guerra di Spagna, in cui venne soffocata la rivolta popolare contro
l'esercito di Franco (e dove Bora si trova ad indagare nella morte
del poeta Garcia Lorca).
Il
blietzkrieg in Polonia nel 1939, quando a seguito delle truppe di
occupazione si trova testimone dei massacri contro i civili da parte
delle SS e dei soldati della Wermacht. E dell'altro massacro, ancora
più imbarazzante, della polizia politica russa contro gli ufficiali
polacchi massacrati a Katin.
A
Cracovia, per seguire il caso dell'omicidio della badessa di un
convento di suore.
Non
c'è la guerra, non leggeremo mai di trincee e di linea del fuoco
nelle sue storie: in anni di delitti di massa, Martin Bora si trova
ad indagare su singoli omicidi, frutto delle debolezze dell'uomo,
delle sue malsane passioni. E attraverso questi racconti saremo anche
noi testimoni della guerra, vista dalla parte dei civili, del fronte
interno, degli occupati.
Sarà
lo stesso a Verona ("Luna Bugiarda"), nel 1943 e poi a Roma ("Kaputt mundi")
nel 1944, nel lungo inverno prima della liberazione della città
eterna da parte delle truppe americane.
Sempre
con la profezia di Remedios, la strega, “Brujos”, conosciuta in
Spagna nel 1937. “Quando mi si mostrerà di nuovo, sarà perché
dovrò morire”....
Stadt ohne Gesicht.
«La città che non ti guarda». (Definizione tedesca di città occupata)
Parigi, giovedì 24 ottobre 1940
Non c'era nessuno ad aspettarlo alla stazione. Non che Bora prevedesse un benvenuto, era perfettamente capace di raggiungere da solo il quartier generale dell'Abwher su boulevard Raspail.A seconda che trovasse o meno un taxi, se ne sarebbe servito o avrebbe preso la quarta linea della metro verso la Rive Gauche. L'aria presso i binari aveva l'odore di una città del nord (metallo, cemento, carburante), come Berlino, ma a Berlino arrivava di tanto in tanto anche il tanfo di intonaco bagnato e travi bruciate, dalle rovine del bombardamento di domenica notte.A Berlino era più freddo, si dice aspettando che scaricassero il baule militare.
In
questo romanzo ci troviamo a Parigi nell'ottobre del 1940, pochi mesi
dopo la conquista della Francia e a 11 mesi dai fatti di Cracovia
(piccolo suggerimento: se avete la possibilità, leggetevi prima
Lumen, sempre edito da Sellerio): Bora riceve l'incarico di mettersi
sulle tracce dello scrittore nonché capitano dell'esercito Ernst
Jünger, Der Krieger, un eroe dell'esercito che però non ha seguito
il suo reggimento ma si è spostato in Francia, forse a Parigi. Un
eroe, lo scrittore che pure Bora ha letto, ma un eroe in cattivi
rapporti col regime che pure la Gestapo (la polizia politica delle
SS) tiene d'occhio.
Contemporaneamente,
riceve una seconda busta dall'Abwher, questa volta direttamente da
parte dell'ammiraglio Canaris. Un contatto, un nome, un indirizzo a
cui rivolgersi o da cui prendere informazioni.
Un
incarico ufficiale e uno nascosto, che è legato probabilmente alle
scoperte che aveva fatto in Polonia, sulle esecuzioni di massa da
parte dell'esercito tedesco, poi riferite al comandante Blaskowitz.
Come
il massacro di Katin:
- Sono state impiegate pistole tedesche, modello Walther P38. Perché? ho chiesto a Zadawski. Ha detto di non saperlo, ma io conosco la risposta.Blaskowitz lo prevenne. - Perché le Tokarev sovietiche non sono affidabili se usate ripetutamente.
- Sì. Oppure per farlo sembrare un eccidio compiuto da noi.L'unica reazione del generale al racconto di Bora fu: - Ho bisogno d'aria. La prego, capitano, apra la finestra.
Ma
Bora è costretto nuovamente a muoversi, per colpa di quello che
viene chiamato “il brutto incidente di Landerneau”: con
queste parole ipocrite viene chiamato l'omicidio della moglie del
commodoro Arno Hansen Jacobi (amico di Canaris), nella regione
della Bretagna. Per conto dell'Abwher, Bora deve recarsi sul
posto e indagare discretamente.
Seguire
un'indagine, avvicinando un pezzo grosso della Marina, in una regione
occupata, non è facile. La donna è stata trovata morta in una
vasca, usata per la lavorazione del lino, ma probabilmente è stata
uccisa altrove, forse a Brest, dove ha sede il comando del commodoro.
Bora
deve appoggiarsi a dei contatti locali, filo tedeschi, come il prete
sospeso Gildas Hervé, come filo tedeschi sono anche i gruppi
dell'indipendentismo bretone, che pure l'esercito tedesco ha aiutato.
Alla
complicazione dell'inchiesta, si deve aggiungere l'ulteriore
difficoltà del muoversi sentendosi spiato dalle SS, che non hanno
dimenticato il suo atteggiamento in Polonia, le sue denunce.
Tanti
sono i perché senza risposta dietro l'omicidio: perché quello
spostamento del cadavere, perché Maria Jacobi aveva iniziato
a frequentare la chiesa e perché voleva fare tutte quelle donazioni.
Perché quei 50000 marchi, prelevati dal suo conto, che portava
addosso e che qualcuno (un ladro? L'assassino?) ha preso.
In
questa storia dove tutti spiano tutti, Bora arriva a scoprire che
tutti sono in qualche modo legati. L'amante del commodoro (la Mome,
una delle “donne liquide ti attirano come in pozzi profondi,
anche se fai di tutto per non esserne attratto”) era
un'informatrice delle SS.
Ci
sono gli strani traffici dei tedeschi e quelli dei nazionalisti
bretoni.
Un'ingente
somma di denaro, prelevata dalla morta che aveva fatto infuriare
marito e figlio.
Forse
un ricatto ai danni della donna o del figlio....
Il monsignore, preoccupato per le reazioni del commodoro, ha rifiutato l'ultimo dono di diamanti. Forse ha chiesto una donazione scritta che la Jacobi non voleva firmare. Può essere uscita di Chiesa delusa e offesa dal rifiuto, tanto distratta da diventare facile preda. Indossava gli orecchini, o li aveva messi via, come a volte si fa nei quartieri pericolosi? Ma allora, perché la borsetta è sparita col suo contenuto meno prezioso, mentre gli orecchini giacevano in strada? Non ha senso.
Sarà
proprio il capitano Jünger ad aiutarlo nell'inchiesta, anche
seguendo schemi poco ortodossi, scoprendo anche di avere un legame e
un'affinità con l'eroe di guerra, per lo spirito indipendente e
nell'insofferenza alle imposizioni dall'alto.
Ma
a Landerneau, ospite della casa dell'ex prete, Bora si trova
in “Finis terrae”: lontano dai rumori della guerra, in
mezzo a luoghi dal forte valore simbolico, che legano assieme
paganesimo e religione cristiana.
- Prenda Kerne, là dentro: san Kerne. Dà il nome a molte chiese bretoni, eppure è uno dei vecchi dei pagani, con tanto di pietre erette in suo onore, davanti alle quali non si devono «accendere fuochi», come ammonisce la dottrina. È reale come Barbablù o Merlino, o le streghe della foresta di Huelgoat, non lontano da qui. Ha il piede caprino e le cosce villose, e benché piaccia al Santo Padre di mettergli la tonaca e dichiararlo Santo, è Kerne-Cernunnos , o Pan, con le corna sulla fronte.
L'inchiesta,
la stessa guerra, i “piccoli fuochi” dell'indipendentismo,
qui prendono una pausa. Scopriamo, pagina dopo pagina, come questo
soggiorno lontano dal mondo (Berlino, Parigi, Cracovia), lo stia
rendendo più consapevole della sua volontà, del suo carattere,
forgiato per la guerra ma cresciuto anche sugli studi di filosofia,
di musica, di storia.
- Al mondo gli uomini non si dividono fra santi e peccatori. Ci sono quelli che hanno bisogno di compagnia e quelli che devono astrarsi. Questi si riconoscono dal modo con cui si trattengono.
Un
uomo che si trattiene, per la sua educazione e per il suo lavoro
dentro i servizi: così lo definisce il suo ospite, Gildas Hervé.
Bora
annota nel suo diario:
Il buio cancellava la geografia tutt'intorno, vicino e lontano. Berlino non esisteva più di quanto non esistessero Parigi, o Brest, o Landerneau. O Sizun. Non c'era più la fattoria di Jünger, né i menhir, né i calvari ai crocicchi. Ogni curva e ogni bassura allagata nutrivano la sua bramosia di lasciarsi andare, di abbandonare tutto. Era a Finis terrae, in un lembo estremo di mondo, che Martin Bora veniva a nascondersi.Nella casa, per quanto ne sapeva, lo aspettavano il disertore di Mont-Valerien, o Tampico, che prima di morire aveva mangiato tutti i dolci che desiderava, o la coppia di ladri abbattuti per strada. O il padre di Drez, che era morto in prigione, o Friedrich von Bora con la sua mancanza di praticità e le sue innumerevoli amanti, responsabile di aver perso lo spartito che recitava Quel che Dio fa, è ben fatto. Forse non sarebbe mancata neppure neppure Maria Jacobi. E oltre la casa non ci sarebbe stato l'ondulato bocage fino ai Monts d'Arrée, ma il nero grumo d'abeti della foresta di katin.
Ci
sono i rumori della notte che gli fanno compagnia. I piccoli fuochi
delle anime dei morti che sembrano popolare la notte nella casa a
“Les Trépassés”.
Spettri
come il disertore che lui stesso ha giustiziato a Parigi, un'ombra
che gli si è appiccicata addosso.
O
come le vittime delle brutali violenze delle SS e dei commilitoni,
che mettono in difficoltà la sua coscienza di uomo e di soldato (che
ha giurato nelle mani di Hitler).
Come
fare a rispettare dovere e etica, in un mondo dove l'etica e la pietà
sembrano calpestate, dissolte, infangate?
Piccola
nota a margine de “I piccoli fuochi” : rispetto ad altri romanzi
di Ben Pastor l'ho trovato più “appesantito” nel suo scorrere e
non solo per l'alternarsi tra il Bora investigatore del crimine e il
Bora investigatore della sua anima. Ed è un peccato perché questo
tende ad allontanare nuovi lettori dallo scoprire questa brava
scrittrice e il suo personaggio seriale così avvincente, le
contraddizioni, il rigore etico, la sua inflessibilità. E la sua
passione, come un fuoco pronto a riaccendersi sotto la brace:
"Se
devo ardere, che io arda in fretta. Qualunque sia il fuoco".
La scheda del libro sul sito di
Sellerio.
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