"Patmos"
Sono sotto choc
è giunto fino a Patmos sentore
di ciò che annusano i cappellani
i morti erano tutti dai cinquanta ai
settanta
la mia età fra pochi anni,
rivelazione di Gesù Cristo
che Dio, per istruire i suoi servi
- sulle cose che devono ben presto
accadere -
ha fatto conoscere per mezzo del suo
Angelo
al proprio servo Giovanni. [..]
Patmos di Pier Paolo Pasolini
(poesia dedicata dal poeta alla strage di piazza Fontana)
La strage di piazza Fontana è
un delitto senza colpevoli, almeno per la giustizia italiana.
14 morti, nell'immediatezza dello
scoppio di una bomba esplosa nella Banca dell'Agricoltura il
12 dicembre del 1969; morti saliti poi a sedici nei giorni
successivi, per diventare 17 dopo nei mesi successivi.
Erano agricoltori, proprietari
terrieri, venuti quel venerdì a Milano, a concludere degli accordi
sui loro terreni, sui loro beni, al mercato dentro la Banca.
Venendo da là
vestivano di grigio e marrone; la
roba pesante,
che fuma nelle osterie con le
latrine all'aperto.
[..]
Così si consola la morte, e chi ha
la cattiva creanza
di farsi piangere; ridotto a
tronconi: cosa inammissibile
in un uomo serio, che si occupa di
agricoltura!
Patmos di Pier Paolo Pasolini
(poesia dedicata dal poeta alla strage di piazza Fontana)
17 morti e 86 feriti per cui la
giustizia italiana non ha trovato alcun colpevole, sebbene la
sentenza dell'ultimo troncone dell'inchiesta (nata dalle indagini del
Gip milanese Salvini) abbia chiarito per sempre la matrice di estrema
destra.
La bomba l'hanno messa loro, i
neofascisti di Ordine Nuovo, ora lo sappiamo per certo, anche se
ci sono voluti più di quarant'anni, otto processi spostati da Milano
a Catanzaro, per problemi di ordine pubblico, così stabilì la
Cassazione nel 1972.
8 processi tra Milano, Catanzaro e Bari
e l'unica cosa che rimane in mano ai familiari delle vittime e
l'ultima sentenza della Cassazione (del 3 maggio 2005) che li indica
pure i colpevoli, Franco Freda e Giovanni Ventura, i due ordinovisti
veneti, che però essendo già stati assolti in un altro processo per
la stessa accusa, non possono più essere condannati.
E' la tortuosità della giustizia
italiana, per cui alla fine, ai familiari è pure toccato pagare per
le spese processuali.
Ma non ci sono solo quelle morti (le
vittime, l'anarchico Giuseppe Pinelli morto durante un
interrogatorio in Questura, il commissario Luigi Calabresi, il
portinaio dello stabile di Padova Alberto Muraro, Armando Calzolari
il segretario di Borghese..), attorno alla strage: quel giorno è
stato per noi la perdita dell'innocenza, un brusco risveglio.
Non si può parlare di Piazza Fontana
fermandosi a quella bomba, a quella strage.
Bisogna inquadrare questa storia in un
contesto più ampio, che parla di un attacco alla democrazia di
questo paese, attacco i cui riflessi arrivano ancora ad oggi.
Perché quell'attentato arrivava dopo
un crescendo di bombe: quelle sui treni dell'estate del 1969 e quelle
esplose a Milano in primavera, alla Fiera Campionaria. Tutte bombe
attribuite agli anarchici. Perché in quello stesso 12 dicembre di 47
anni fa a scoppiare furono cinque bombe, due a Milano (la seconda
alla Banca Commerciale, inesplosa) e tre a Roma, che non causarono
per fortuna vittime.
Cinque bombe e tutti quei morti, voluti
e cercati.
“Una strage? Perché?”
Sul sagrato del Duomo, nel giorno dei
funerali, una delle migliaia di milanesi venuti a rendere omaggio si
chiedeva questo. “Perché questa strage?”
Per rispondere a questa domanda si deve
parlare degli anni della fine del boom, di un paese che aveva
conosciuto le lotte sociali, la conflittualità, che chiedeva
maggiori diritti nel mondo della scuola e nel mondo del lavoro. Un
paese dove le persone non accettavano pi quell'autoritarismo che pure
era ancora presente nelle istituzioni. Dalle università alle
Questure, ancora in mano a funzionari formati negli anni del
fascismo.
Sono gli anni della contestazione,
dell'autunno caldo, anni in cui alcune forze politiche e la società
civile cercava di trasformare questo paese verso altro, più
progressista.
Era un'Italia giovane, curiosa, che
voleva viaggiare, conoscere, dove l'intreccio tra le varie parti
sociali stava portando allo sbocciare di un paese moderno, verso una
reale democrazia.
Ma eravamo un paese Nato, negli anni
della guerra fredda: le spinte progressiste, la crescita delle
sinistre, andava fermata in tutte le maniere possibili.
Nixon, il presidente degli Stati Uniti,
faceva pressioni sul presidente Saragat per il timore che la crescita
del partito comunista potesse destabilizzare l'ordine politico in
Italia.
Cinque anni prima quel 1969, Moro e lo
stesso Saragat avevano dovuto affrontare l'allora presidente Segni,
coinvolto nel Piano Solo, il piano preparato dai carabinieri che
prevedeva l'enucleazione dal paese di sindacalisti e politici di
sinistra.
Così, negli ambienti atlantici, negli
ambienti della nostra destra, si pensò di spostare l'asse politico
di questo paese con le bombe. Col terrore. Spaventare la gente
affinché accettasse un cambio di Costituzione in forma più
autoritaria. Come in Grecia, dopo il colpo di stato dei colonnelli
del 1967.
Infiltrare le formazioni di estrema
sinistra e portarle a compiere azioni criminali. Attribuire le bombe
degli attentati alla sinistra.
La pista rossa, che portava agli
anarchici milanesi del gruppo di Pinelli fu seguita subito,
dalla squadra politica di Allegra e Calabresi. Così come sin da
subito si concentrarono i sospetti su un altro anarchico, Pietro
Valpreda, del circolo anarchico romani XXII Marzo (infiltrato sia
dalla polizia che dal Sid).
Il mostro Valpreda, sbattuto in prima
pagina, resse le accuse per pochi anni: fu assolto definitivamente
dalle accuse nel 1987.
Per la morte di Giuseppe
Pinelli, interrogato e tenuto in Questura ben oltre lo scadere
del fermo, nessun colpevole, malore attivo, questo sentenziò
l'inchiesta del giudice milanese D'Ambrosio.
Ma in quegli anni, in cui la verità
veniva costruita dalle veline dell'Ufficio Affari Riservati del
Viminale (la storia di Calabresi addestrato dalla Cia era
un'invenzione dei nostri spioni) e dal Sid (che aveva mandato
una velina ai magistrati secondo cui l'Aginter Press era
un'agenzia di stampa di estrema sinistra), che davano ai magistrati
false piste o ne nascondevano di importanti, un ruolo importante lo
ebbe la Controinformazione: “Strage di stato” era
il titolo del libro scritto gruppo da un comitato di giornalisti,
sulla strage.
Che seguiva una pista diversa, la pista
nera. Che parlava dei gruppi dell'estrema destra, dei loro legami con
le forze dell'ordine, con lo stato maggiore dell'esercito e dei
servizi.
Sto parlando di Ordine Nuovo in
Veneto, Avanguardia nazionale a Roma e al sud. E poi il gruppo La
Fenice a Milano. Gruppi nati come scissione del Movimento Sociale.
I loro legami col Sid, con giornalisti
come Giorgio Zicari (uno dei giornalisti del mostro Valpreda)
e Guido Giannettini.
Nell'estate del 1969, su questo gruppo
(Freda, Ventura e il consigliere dell'MSI Fachini) si erano
concentrata un'inchiesta della squadra politica di Padova, del
commissario Juliano.
Inchiesta bloccata, da una trappola al
commissario stesso, lui trasferito ad altra sede.
Il portinaio dello stabile (Muraro),
che poteva testimoniare dei traffici di armi, morto dopo un volo da
tre rampe delle scale...
Il processo contro i neofascisti,
quello spostato a Catanzaro, passò dalla condanna in primo grado
all'assoluzione in Appello una prima volta e una seconda (dopo il
primo annullamento della Cassazione).
Niente da fare nonostante i timer di
Freda, le testimonianze del professor Lorenzon
(raccolte dai giudici di Treviso Stiz e Calogero), la scoperta
dell'arsenale di Ventura e Pozzan a Castelfranco Veneto.
Nonostante le stesse confessioni di
Ventura al procuratore D'Ambrosio nel carcere di Monza. Di aver
lavorato per conto del Sid, l'incontro di preparazione delle stragi
con Giannettini e Rauti, il 18 aprile del 1969...
Assolti i fascisti, per la bomba di
Milano ma non per le altre bombe. Quali anarchici, quelle erano bombe
nere. Assolti anche gli spioni, archiviata l'inchiesta sui politici
(Andreotti e Tanassi).
L'ultimo filone di inchiesta, su piazza
Fontana, nasce dal lavoro del capitano dei carabinieri Giraudo
assieme al giudice milanese Salvini. Lavoro che si basa anche sulle
confessioni degli ordinovisti Vincenzo Vinciguerra, Martino Siciliano
e Carlo Digilio (che era pure una fonte della Cia, nome Erodoto).
La bomba? L'ha portata a Milano Delzo
Zorzi, capo della sezione militare di Ordine Nuovo, col supporto
logistico dei neofascisti milanesi.
Zorzi si era pure vantato: “quella
bomba l'abbiamo messa noi ...”.
Anche qui, l'iter processuale seguì lo
stesso canovaccio: condanna in primo grado poi assoluzione e conferma
della Cassazione nel 2005.
Col pagamento delle spese processuali a
carico dei familiari delle vittime.
Ma l'appello afferma una cosa
importante: la matrice della strage è di destra.
Ora sappiamo anche il perché, abbiamo
la risposta alla domanda di quel signore milanese, di quella Milano
che faceva andare avanti le cose.
Ma altri pezzi della storia mancano,
oltre alla giustizia per le vittime.
Chi ha messo la bomba nella banca? In
questi ultimi anni si è fatta avanti l'ipotesi suggestiva della
doppia bomba che ritira in ballo un ignaro Valpreda..
Chi ha aiutato a Milano gli
attentatori? Chi ha dato loro i soldi, l'esplosivo militare?
E ci sono anche altre domande: come
sarebbe stato questo paese senza quelle stragi, senza quelle bombe?
E cosa sarebbe successo se, anziché
gli insabbiamenti, i depistaggi, fossimo arrivati ad una sentenza di
condanna, dei colpevoli e anche dei mandati?
Se, dopo 47 anni, siamo ancora qui a
chiederci chi è stato, chi ha coperto, viene il sospetto che quello
che manca, il livello superiore della strage, nasconda ancora un
segreto indicibile.
E tutto questo riguarda ancora la
nostra democrazia di oggi.
la porta della storia è una Porta
Stretta
infilarsi dentro costa una
spaventosa fatica
c'è chi rinuncia e dà in giro il
culo
e chi non ci rinuncia, ma male, e
tiri fuori il cric dal portabagagli,
e chi vuole entrarci a tutti i
costi, a gomitate ma con dignità;
ma son tutti là, davanti a quella
Porta.
Patmos di Pier Paolo Pasolini
(poesia dedicata dal poeta alla strage di piazza Fontana)
Spunti di lettura:
Una
stessa incoronata di buio di Benedetta Tobagi
Piazza
Fontana, noi sapevamo, di Andrea Sceresini , Nicola Palma ,
Maria elena Scandaliato
Piazza Fontana di Francesco Barilli Matteo Fenoglio.
Il grande vecchio, di Gianni Barbacetto (primo post e secondo).
Confine di Stato, di Simone Sarasso.
Piazza Fontana di Francesco Barilli Matteo Fenoglio.
Il grande vecchio, di Gianni Barbacetto (primo post e secondo).
Confine di Stato, di Simone Sarasso.
La
repubblica delle stragi impunite di Ferdinando Imposimato
Doppio
livello di Stefania Limiti
Il
segreto di piazza Fontana di Stefano Cucchiarelli
Il
sangue e la celtica di Nicola Rao
Sappiamo
chi siete e non dimentichiamo – Piazza Fontana 1969 - 2013
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