La vera chiave del giornalismo è
l'indipendenza del giornale: sta qui il suo valore aggiunto, la sua
credibilità, il fatto che sia letto e non perda copie.
Che crei dei cittadini consapevoli,
informati, non sudditi dentro un sistema feudale: questa la
convinzione di Raffaele Fiengo, esposta nel suo libro
“Il cuore del potere”, un racconto della sua
vita come giornalista nel Corriere.
Fiengo, in merito all'indipendenza i un
giornale, cita la soluzione proposta da Luigi Einaudi (primo
presidente della Repubblica):
“Einaudi era convinto che fossero i privati a dover trovare gli strumenti per garantire l'indipendenza nell'informazione. Per fare questo si richiamava all'esperienza di un giornale britannico [..] l'Economist”.
Dopo la Seconda guerra mondiale (e la
presa da parte del fascismo del Corriere e degli altri mezzi di
informazione), Einaudi scriveva questo sul “futuro della stampa
italiana”
Il momento attuale offre un'occasione insperata per adottare in Italia un metodo che credo abbia avuto inizio dapprima in Gran Bretagna, quando le aziende del «Times» e dell'«Economist» passarono dalle famiglie Walter e Wilson nelle mani di società per azioni. Si ritenne necessario garantirsi che questi istituti di fama mondiale non avessero a diventare proprietà di gruppi, finanziari o di altra specie, gli interessi dei quali potessero imporre direttive contrarie all'interesse pubblico.Fu creato un comitato di fiduciari (board of trusters) – composto da uomini di provata stima – con l'obbligo di approvare o meno la nomina di nuovi direttori e ogni trasferimento di azioni, assicurando in tal modo l'avvenire dei giornali.
Questo avrebbe salvato il Corriere
dall'assalto della P2, quando il controllo della proprietà, passò
dai soci accomandatari, ai proprietari delle azioni, le banche
creditrici come il Banco Ambrosiano (e lo Ior, che prese le azioni
come credito dei soldi dati a Calvi).
Un giornale indipendente dai gruppi
economici (o peggio, da logge occulte come la P2, fuori dall'alveo
costituzionale), ma anche dall'influenza dei partiti.
Einaudi, nel 1926, scriveva queste
parole al direttore del Corriere Albertini:
[Il giornale] deve essere indipendente dal credo dei partiti politici. Il pubblico non vuole vedere ripetuto il programma del partito che conosce già; ma l'opinione specifica del giornale su questo o quel problema, ispirata dalla considerazione del problema in sé. È bene o è male questo o quest'altro? Non: è bene o è male dal punto di vista del partito? Per questa seconda via perderebbe circolazione.Perciò deve essere indipendente dai gruppi finanziari. Perderebbe circolazione.[La lettera è ripresa dal libro di Massimo Mucchetti Il baco del Corriere]
Questo è il modello di giornale di
Einaudi e questo è il modello che Raffaele Fiengo ha cercato di
portare dentro il Corriere: da qui sono nate le sue iniziative come la "società dei redattori" nel 1973 (con cui acquistò alcune azioni del Corriere per potere intervenire nelle assemblee dei soci), da qui è nato assieme a Piero Ottone lo "Statuto dei giornalisti".
Continua sull'argomento:
“Sono anche convinto che l'attuale impasse della società italiana abbia proprio nell'informazione il suo punto critico. In Italia manca proprio l'opinione pubblica. Non si forma (come invece avviene negli Stati Uniti, e anche altrove) a causa di una sostanziale non indipendenza di stampa e tv, dei media. Non c'è nessuno che credibilmente parli a tutti. La televisione pubblica, per esempio, è ben lontana dal modello BBC, importata ora in parte anche dalla Spagna”.
Gli altri post sul libro di Raffaele
Fiengo “Il cuore del potere”
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