A cominciare dal 1976 e poi in modo più
deciso nel 1977 con la nomina di Di Bella come direttore al posto del
liberale Ottone, la P2 entra dentro il Corriere.
I segnali per comprendere
l'inquinamento alla libera informazione e, dunque, per la democrazia,
c'erano tutti a volerli vedere, racconta Raffaele Fiengo nel suo
libro sulla storia del Corriere (“Il
cuore del potere”, Chiarelettere editore).
C'erano i cambi statutari delle società
che detenevano le azioni, c'erano la nomina a direttore generale di
Bruno Tassan Din, c'erano i debiti verso il Banco Ambrosiano di
Roberto Calvi (che dietro aveva la mafia e la massoneria).
Giovanni Spadolini, direttore del
«Corriere» dal 1968 al 1972 e poi presidente del Consiglio e
parlamentare, disse a Raffaele Fiengo
"Vedi, Raffaele, le tue sembravano denunce esagerate. In verità erano errate per difetto... Con la P2 sono arrivati in via Solferino i soldi della mafia e anche uomini espressione di quel mondo."Spadolini aveva preso con me il discorso su P2-soldi della mafia perché a quella cerimonia per il 25 aprile era presente Tina Anselmi, presidente della Commissione parlamentare sulla Loggia P2. Fiengo, allora nel sindacato interno, racconta alcuni episodi di questo fase buia del Corriere.
Berlusconi e la scelta di di Bella
«A convincere Franco Di Bella a sostituire Piero Ottone alla direzione del Corriere della Sera è Silvio Berlusconi al ristorante Il Pappagallo di Bologna. Berlusconi e il nuovo direttore del 'Corriere' sono entrambi nelle liste della P2. Di Bella, lo scriverà nel 1982, ammira in lui 'la profonda cultura e una franchezza spontanea'.»Un Berlusconi ben presente (e importante) nelle faccende del 'Corriere' molto prima di quanto si pensi. Una conferma l'ho avuta da una testimonianza diretta.
La sera prima dell'uscita dell'Occhio, destinato a essere la punta di diamante dei progetti piduisti sul terreno del populismo, la prima pagina fu pensaa non in via Solferino, ma all'albergo della pensione Excelsior Gallia.Lì Maurizio Costanzo aveva il quartier generale per il varo dell'iniziativa.Un fattorino fu mandato in tutta fretta a prendere la pagina per la tipografia. Lui stesso mi racconta: «Mi sono fatto annunciare in portineria, il primo a scendere fu Silvio Berlusconi. E subito dopo Licio Gelli in persona assieme a Maurizio Costanzo».
Ci sono i rapporti con l'Argentina
dei generali: il corrispondente Giangiacomo Foà che viene
trasferito in Brasile e invitato a non scrivere più nulla del clima
politico.
La lista dei desaparecidos
italiani, che è rimasta nel cassetto dell'ambasciata fino al 30
ottobre 1982, cosa che farà scoppiare un caso internazionale.
La lista fu pubblicata poi da
Cavallari.
In Argentina, per i mondiali del 1978,
doveva andare come corrispondente Enzo Biagi, con l'obbligo però di
scrivere solo di calcio.
Non della dittatura, non dei
quindicimila desaparecidos, non delle diecimila persona scomparse e
torturate. Enzo Biagi rifiuta l'incarico e non va.
Ci sono gli articoli a firma Silvio
Berlusconi, presentati non come l'opinione di un esponente del
mondo dell'impresa ma con la forma di un articolo di fondo.
I sette editoriali senza firma, con
l'occhiello “Le cose che non vanno”:
Bisogno di pulizia
La giustizia umiliata
La scuola rotta
Le piaghe della sanità
La polizia liquefatta.
Un linguaggio che non usciva dalle
stanze di via Solferino, ma che venivano da fuori, cartelline che
arrivavano al direttore Tassan Din, per prerarare il terreno
nell'opinione pubblica verso una svolta autoritaria.
L'intervista di Gelli a Costanzo
L'intervista di Maurizio Costanzo a
Licio Gelli, il 5 ottobre 1980.
Un'intervista già preparata da Gelli,
con tanto di foto e sommario.
E l'intervista non firmata a Craxi
il 30 settembre 1979: scrive Fiengo
Ho riportato il testo integrale nel rapporto per la Commissione P2 nel 1983. E ho trovato, molti anni dopo, nel libro di Benedetta Tobagi, Come mi batte forte il tuocuore, i dettagli in un appunto di suo padre Walter da lei trascritto
30 settembre 1979. Il «Corriere» pubblica oggi un'intervista anonima a Craxi. Se l'è scritta Craxi da solo. Pilogallo mi racconta che il testo l'ha passato a Tassan Din e Angelo Rizzoli alle otto e mezzo di sera, i quali l'hanno consegnato a Di Bella. E Di Bella ha ritagliato le risposte, le ha incollate su altri fogli, scrivendo di suo pugno (meglio: ricopiando) le domande che Craxi s'era fatte da solo.
È vergognoso: sia per Craxi che per Di Bella.
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