Incipit
I grandi eventi di solito giacciono inattesi,
e chi se li aspetta li rallenta soltanto
Joseph Roth, Hotel Savoy
Dintorni di Shonefeld, regione di Teltow,
lunedì 10 luglio 1944, ore 5.48
L'inchiostro nella penna stava finendo. L'ultima pagina che aveva scritto nel diario era di un celeste acquoso; e se fosse riuscito a trovare l'occorrente, Bora avrebbe dovuto riscriverla per renderla leggibile. La carta assorbente serviva appena; la mise come segnalibro fra le pagine e posò il diario sulle ginocchia ..
Estate 1944, quinto anno della seconda
guerra mondiale, con gli alleati sbarcati in Francia violando la
linea di difesa della fortezza Europa, i russi che macinano
chilometri (e anche reggimenti dell'esercito tedesco) ad est. Sul
fronte sud, infine, una risalita dello stivale resa lenta dalle
difficoltà del suolo e dall'accanita difesa delle forze tedesche,
tra cui anche il reggimento di cui il tenente colonnello Martin Bora
è comandante.
Lo ritroviamo ora in aereo verso
Berlino, per presenziare al funerale dello zio Alfred, un medico (a
cui il piccolo Martin era molto affezionato) che non aveva nascosto
le sue obiezioni verso l'eutanasia di Stato (e perfino le leggi
razziali).
Morto per un malore, dicono le cronache
dei giornali, lo stesso Fuhrer ha fatto pervenire alla famiglia il
suo sentimento di rammarico.
Eppure un amico dello zio, il dottor
Olbertz, sussurra nelle orecchie di Bora quelle parole che lo
lasciano sgomento “nicht so frei tod”.
Forse lo zio non è ucciso, forse è
stato ucciso ..
Sedevano l'uno di fronte all'altra, con un parente che forse il Partito aveva costretto al suicidio, una bomba d'aereo inesplosa a qualche isolato di distanza, e la convocazione di Arthur Nebe per quella sera, a informarsi cortesemente di parenti e amici.Be', ci proteggiamo tutti come possiamo. Lei attende che io dica qualcosa, ma sa che non posso, perciò aspetta senza insistere.
Un mistero che per Bora rimarrà
insoluto: ha appena il tempo di rivedere la madre Nina in un incontro
toccante, dopo mesi dal fronte (e dalla ferita alla mano, dalla
separazione dell'amata Dikta) quando viene chiamato nell'ufficio del
comandante della polizia criminale, il generale SS Arthur Nebe.
“[Bora] Sentiva nell'aria qualcosa
di simile all'addensarsi di un temporale” - questi sono i
pensieri del tenente colonnello mentre si aggira per le vie di
Berlino del 1944, non ancora distrutta ma già vittima dei
bombardamenti degli alleati, dove su tutto pesa una strana sensazione
di transitorietà.
Cosa vuole da lui il generale Nebe? È
consapevole di essere finito, da tempo, su una lista nera, per il suo
comportamento durante la guerra: da quando cioè aveva denunciato al
generale Von Tresckow i crimini di guerra compiuti dalle SS combattenti
in Polonia.
In un contrasto quasi insostenibile, delicati fiori selvatici crescevano al bordo della massicciata. Avena selvatica, denti di leone.Gli stessi che spuntavano anche in Polonia e in Russia, lungo le fosse comuni che aveva fotografato di nascosto, sprofondato fino alle caviglie nella terra molle dove si intrecciavano radici e capelli umani.
Poi Roma, con una ostilità con
l'ufficio delle SS ai limiti dell'insubordinazione.
Eppure non è questo: Nebe gli chiede
di occuparsi di un delitto, affiancato da un ispettore della Kripo
(pure lui reduce dalla pulizia etnica ad est con gli Einsatzgruppen).
Si tratta della morte di Walter
Niemayer, un esoterista, un mago, una persona passata attraverso
mille identità: ebreo errante negli anni della repubblica di Weimar,
medico svedere e ora mago, indovino, ipnotista.
Il mago di Weimar è stato trovato
morto, sparato con due colpi di fucile: Nebe gli consegna già una
lista di sospettati, tra vicini e persone che avevano avuto rapporti
con lui e l'ordine di chiudere il caso entro una settimana.
Perché quel caso proprio a lui,
sottraendolo dal comando in Italia? Perché lui e non la polizia di
Berlino del conte Helldorf?
- Perché non si assegna il caso ad un funzionario della polizia criminale?
- Questa è proprio la domanda alla quale non avrà risposta.
Sono giorni strani, c'è una strana
atmosfera nell'aria, nonostante tutti i tentativi di congelare la
situazione in uno stolido ottimismo: ma le macerie, le bombe, gli
edifici a pezzi raccontavano una realtà diversa
Tutto cadeva in frantumi. Case, relazioni, persone. Sopratutto per stanchezza, benché il peggio - ne era convinto - dovesse ancora arrivare. Le ferite, le malattie le crisi familiari non erano fini a se stesse; costituivano i sintomi di un disagio più ampio, riconoscibile senza fallo da chi, come il nonno e il suo patrigno, lo aveva già vissuto durante la Grande Guerra.A chi daremo la colpa stavolta? Quante volte una nazione può asserire di essere pugnalata alla schiena? Raccogliamo quel che abbiamo seminato. L'idea più atroce era che gli innocenti avrebbero pagato coi colpevoli. Forse non ci sarà più un occidente verso cui fuggire, e quelli che vivono sul Baltico non avranno scampo.
Bora si dedica così al caso,
cominciando a sentire i sospettati, una parrucchiera con amicizie
molto influenti (è la parrucchiera della signora Goring), il
giardiniere, che è già nella lista nera delle SS per la sua
omosessualità e che era pure stato usato come informatore, il marito
tradito e l'editore Glantz, che aveva commissionato proprio al mago
di Weimar un'opera enciclopedica sull'esoterismo, che era finita in
nulla.
Ricostruire la vita di un uomo. Il suo lavoro di soldato consisteva nello smantellare, rimuovere, liquidare; eppure in ogni indagine affidatagli era stato costretto a far risorgere qualcosa, partendo da quanto la vittima aveva lasciato ai vivi: una sostruzione di atti, relazioni, segreti che gli permettevano di comprendere.
Chi era il mago di
Weimar e quali possono essere le ragioni della sua morte? Nonostante
ciascuno degli indiziati (fatta eccezione per la parrucchiera) ha un
buon motivo e sarebbe anche un colpevole che le SS gradirebbero
molto, Bora comprende che l'omicidio nasconda qualcosa di molto più
importante.
Del mago e del
clima che si respirava negli anni di Weimar, gliene parla un
giornalista austriaco, che era stato anche in Africa per raccontare
la guerra d'Etiopia di Mussolini.
Aveva conosciuto il
mago e aveva assistito a qualcuno dei suoi spettacoli, rimanendo
disgustato: per il suo edonismo, per la massa di persone, donne
soprattutto, che ricorrevano a lui per cercare qualcosa con cui
consolarsi
Quello che mi infastidiva era il suo enorme edonismo. La sciocchina del mio articolo non ha nome semplicemente perché rappresenta centinaia di consorelle altrettanto afflitte. Lavandaie o mogli di feldmaresciali, tutte pronte a vedere attraverso gli occhi altrui, pur di non guardare coi propri. E tutte pronte a pagare per tale privilegio, anche quando non se lo potevano permettere..
Nel frattempo, Bora viene avvicinato
dal suo ex comandante in Russia, Von Salomon, letteralmente
terrorizzato da qualcosa, ansioso per delle informazioni a cui è
venuto a conoscenza, qualcosa che si sta preparando..
Da che parte si
schiererà Bora? Ex ufficiale dell'Abwher di Canaris, disciolto nei
mesi passati quando i servizi passarono sotto il controllo del RSHA,
ora Bora è come un Ronin, un Samurai senza padrone, col vincolo
della fedeltà all'esercito (e al Fuhrer) e alla sua coscienza di
uomo.
I timori di Von
Salomon, gli ufficiali dello Stato Maggiore che lo guardano con
ostilità. E poi qualcosa che viene fuori dalle sue indagini sulla
morte del mago.
Si tratta del
tentativo di colpo di Stato, messo in atto da ufficiali superiori
dell'esercito e orchestrato dal colonnello Von Stauffenberg (capo
di stato maggiore dell'esercito della riserva) e anche altri
ufficiali proveniente dall'Abwher, come Oster. Un golpe che è
destinato a fallire: sono le parole che lo stesso Bora rivolge al
colonnello Stauffenberg durante
un incontro serrato nell'ufficio di quest'ultimo, da cui Bora viene
sbattuto fuori.
Così
uguali, anche fisicamente, i due ufficiali, ma diverso è il loro
modo di agire: Bora non è uomo da complotti e preferisce tenere la
sua linea di ostilità (per cui è finito nei rapporti delle SS) in
modo sotterraneo e per questo viene accusato di inerzia.
Due uomini sul ciglio di un baratro, come l'intero paese. Ma quello
che preoccupa Bora è la reazione che poi sarebbe arrivata dalle SS,
in caso di fallimento, quel bagno di sangue che poi è veramente
avvenuto, con le 5000 vittime tra congiurati e parenti.
Più di tutto, temeva che von Salomon dicesse il vero. Ne sentiva in bocca il sapore come il sangue. Se fosse vero, e se fallissero, ci sarà un massacro come quello che abbiamo contribuito a scatenare in Russia contro l'Armata Rossa, alimentando con false prove la paranoia di Stalin e delle sue grandi purghe. Processi ed esecuzioni che nemmeno il mago di Weimar avrebbe potuto mai immaginare.
“La notte
delle stelle cadenti” è un titolo che farebbe pensare a
qualcosa di romantico, ma la storia raccontata è in realtà molto
drammatica: tutto si gioca attorno al significato della parola
shooting, dal titolo originale (“The night of shooting
stars”). Stelle cadenti e corpi che sparano, la caduta degli
Dei, ovvero il crollo del regime nazista (già chiaro dopo le
disfatte in Africa e a Stalingrado) e poi il crollo della casta
militare aristocratica che aveva cercato, nel tentativo di colpo di
stato contro Hitler, di salvare un briciolo del loro onore.
L'operazione Valchiria (l'attentato ad Hitler del 20 luglio), raccontata al cinema con un film poco realistico e nei
libri con un bel romanzo “La notte dei generali” di Hans Hellmut
Kirst.
Un golpe destinato
a fallire: i congiurati non avevano nessun legame con gli alleati, il
piano che avevano ideato era troppo fragile. Eppure, nonostante
questo, decisero di andare fino in fondo per quel senso dell'onore.
Non posso crederci. Queste parole, o parole simili, furono quelle che sibilò fra i denti un esasperato Stauffenberg. - Lei si dimentica l'onore dell'esercito.
- Se n'è già andato da tempo, purtroppo.
- E quello individuale?
- Perso in egual misura, grazie alla nostra collaborazione col regime. Gli alleati occidentali non si fidano di nessuno di noi, e non possiamo biasimarli. È un fatto.
- Non è vero -. Stauffenberg misurava la stanza; il suo passo stivalato risuonava sul pavimento di nudo legno. - Dimentica la remissione dei peccati.
- Dopo milioni di vittime? - Per quanto gli fosse difficile tenere la voce bassa, Borsa non poteva fare altrimenti. - Siamo entrambi cattolici, non dimentico né ignoro la remissione dei peccati: ma ci sono limiti al diritto di aspettarsi il perdono dal Signore. O dal nemico.
Costruito attorno
ad una trama da romanzo giallo (la ricerca dell'assassino del mago),
si racconta del clima che si respirava a Berlino, nel fronte interno,
in un racconto corale che mi ha ricordato molto Kaputt Mundi,
ambientato nei mesi dell'inverno precedente.
Un romanzo corale
in cui si alternano pagine di intrighi, con pagine di intima
sofferenza personale del nostro protagonista: le ferite esterne, la
mutilazione al braccio, e quelle dentro l'anima, raccontate con una
delicatezza che fa da contrasto alla brutalità del mondo fuori.
Il desiderio
di un incontro femminile, i ricordi del fratello Peter, la paura di essere arrestato
da un momento all'altro dalla Gestapo
Per un minuto o due Bora restò nella strada deserta. Potrebbe succedere a chiunque di noi, si disse. Potrebbe succedere a me. Anche agli inizi della guerra, quando si arrendevano a migliaia nelle nostre mani, pensavo: «Questo potrebbe succedere anche a me».
Attraverso gli
occhi e i pensieri di Bora vediamo le stelle che sono cadute e ora
tocca alla Germania sperimentare su sé stessa le stesse atrocità
fatte all'est ad ebrei e russi, come una sorta di nemesi.
Noi siamo questo,
si trova a pensare di fronte alla morte di evasi russi, lasciati
bruciare in un cascinale:
Bora non commentò. Gli evasi, russi o no, potevano ben commettere dei crimini. Non sarebbe stato difficile imputare loro perfino l'omicidio di un avvocato.L'odore acre del fumo, e di uomini bruciati vivi, era lo stesso della Polonia, dell'Ucraina, e prima ancora della Spagna. Noi siamo questo, pensò Bora. Noi siamo anche questo. O forse siamo solo questo.
Noi siamo questo. E
allora non rimane che chiudere il caso nonostante le false piste e
pensare alla propria anima, come annota nel suo diario in uno dei
rari momenti di sincerità emotiva:
"Inquieto ma leale, coinvolto quel che basta a rendermi colpevole ma non a dannarmi l'anima.Salvare quest'ultima è quanto posso fare, finché la tenaglia ricomincerà a stringere. Per ora, posso solo trattenere il fiato"
La scheda del libro sul sito
dell'editore Sellerio
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