14 ottobre 2018

La notte delle stelle cadenti, di Ben Pastor


Incipit

I grandi eventi di solito giacciono inattesi, 
e chi se li aspetta li rallenta soltanto 
Joseph Roth, Hotel Savoy 

Dintorni di Shonefeld, regione di Teltow,
 
lunedì 10 luglio 1944, ore 5.48 
L'inchiostro nella penna stava finendo. L'ultima pagina che aveva scritto nel diario era di un celeste acquoso; e se fosse riuscito a trovare l'occorrente, Bora avrebbe dovuto riscriverla per renderla leggibile. La carta assorbente serviva appena; la mise come segnalibro fra le pagine e posò il diario sulle ginocchia ..

Estate 1944, quinto anno della seconda guerra mondiale, con gli alleati sbarcati in Francia violando la linea di difesa della fortezza Europa, i russi che macinano chilometri (e anche reggimenti dell'esercito tedesco) ad est. Sul fronte sud, infine, una risalita dello stivale resa lenta dalle difficoltà del suolo e dall'accanita difesa delle forze tedesche, tra cui anche il reggimento di cui il tenente colonnello Martin Bora è comandante.
Lo ritroviamo ora in aereo verso Berlino, per presenziare al funerale dello zio Alfred, un medico (a cui il piccolo Martin era molto affezionato) che non aveva nascosto le sue obiezioni verso l'eutanasia di Stato (e perfino le leggi razziali).
Morto per un malore, dicono le cronache dei giornali, lo stesso Fuhrer ha fatto pervenire alla famiglia il suo sentimento di rammarico.
Eppure un amico dello zio, il dottor Olbertz, sussurra nelle orecchie di Bora quelle parole che lo lasciano sgomento “nicht so frei tod”.
Forse lo zio non è ucciso, forse è stato ucciso ..

Sedevano l'uno di fronte all'altra, con un parente che forse il Partito aveva costretto al suicidio, una bomba d'aereo inesplosa a qualche isolato di distanza, e la convocazione di Arthur Nebe per quella sera, a informarsi cortesemente di parenti e amici.Be', ci proteggiamo tutti come possiamo. Lei attende che io dica qualcosa, ma sa che non posso, perciò aspetta senza insistere.

Un mistero che per Bora rimarrà insoluto: ha appena il tempo di rivedere la madre Nina in un incontro toccante, dopo mesi dal fronte (e dalla ferita alla mano, dalla separazione dell'amata Dikta) quando viene chiamato nell'ufficio del comandante della polizia criminale, il generale SS Arthur Nebe.
[Bora] Sentiva nell'aria qualcosa di simile all'addensarsi di un temporale” - questi sono i pensieri del tenente colonnello mentre si aggira per le vie di Berlino del 1944, non ancora distrutta ma già vittima dei bombardamenti degli alleati, dove su tutto pesa una strana sensazione di transitorietà.
Cosa vuole da lui il generale Nebe? È consapevole di essere finito, da tempo, su una lista nera, per il suo comportamento durante la guerra: da quando cioè aveva denunciato al generale Von Tresckow i crimini di guerra compiuti dalle SS combattenti in Polonia.
In un contrasto quasi insostenibile, delicati fiori selvatici crescevano al bordo della massicciata. Avena selvatica, denti di leone.Gli stessi che spuntavano anche in Polonia e in Russia, lungo le fosse comuni che aveva fotografato di nascosto, sprofondato fino alle caviglie nella terra molle dove si intrecciavano radici e capelli umani.

Poi Roma, con una ostilità con l'ufficio delle SS ai limiti dell'insubordinazione.

Eppure non è questo: Nebe gli chiede di occuparsi di un delitto, affiancato da un ispettore della Kripo (pure lui reduce dalla pulizia etnica ad est con gli Einsatzgruppen).
Si tratta della morte di Walter Niemayer, un esoterista, un mago, una persona passata attraverso mille identità: ebreo errante negli anni della repubblica di Weimar, medico svedere e ora mago, indovino, ipnotista.
Il mago di Weimar è stato trovato morto, sparato con due colpi di fucile: Nebe gli consegna già una lista di sospettati, tra vicini e persone che avevano avuto rapporti con lui e l'ordine di chiudere il caso entro una settimana.
Perché quel caso proprio a lui, sottraendolo dal comando in Italia? Perché lui e non la polizia di Berlino del conte Helldorf?
- Perché non si assegna il caso ad un funzionario della polizia criminale? 
- Questa è proprio la domanda alla quale non avrà risposta.

Sono giorni strani, c'è una strana atmosfera nell'aria, nonostante tutti i tentativi di congelare la situazione in uno stolido ottimismo: ma le macerie, le bombe, gli edifici a pezzi raccontavano una realtà diversa

Tutto cadeva in frantumi. Case, relazioni, persone. Sopratutto per stanchezza, benché il peggio - ne era convinto - dovesse ancora arrivare. Le ferite, le malattie le crisi familiari non erano fini a se stesse; costituivano i sintomi di un disagio più ampio, riconoscibile senza fallo da chi, come il nonno e il suo patrigno, lo aveva già vissuto durante la Grande Guerra.A chi daremo la colpa stavolta? Quante volte una nazione può asserire di essere pugnalata alla schiena? Raccogliamo quel che abbiamo seminato. L'idea più atroce era che gli innocenti avrebbero pagato coi colpevoli. Forse non ci sarà più un occidente verso cui fuggire, e quelli che vivono sul Baltico non avranno scampo.

Bora si dedica così al caso, cominciando a sentire i sospettati, una parrucchiera con amicizie molto influenti (è la parrucchiera della signora Goring), il giardiniere, che è già nella lista nera delle SS per la sua omosessualità e che era pure stato usato come informatore, il marito tradito e l'editore Glantz, che aveva commissionato proprio al mago di Weimar un'opera enciclopedica sull'esoterismo, che era finita in nulla.
Ricostruire la vita di un uomo. Il suo lavoro di soldato consisteva nello smantellare, rimuovere, liquidare; eppure in ogni indagine affidatagli era stato costretto a far risorgere qualcosa, partendo da quanto la vittima aveva lasciato ai vivi: una sostruzione di atti, relazioni, segreti che gli permettevano di comprendere.

Chi era il mago di Weimar e quali possono essere le ragioni della sua morte? Nonostante ciascuno degli indiziati (fatta eccezione per la parrucchiera) ha un buon motivo e sarebbe anche un colpevole che le SS gradirebbero molto, Bora comprende che l'omicidio nasconda qualcosa di molto più importante.
Del mago e del clima che si respirava negli anni di Weimar, gliene parla un giornalista austriaco, che era stato anche in Africa per raccontare la guerra d'Etiopia di Mussolini.
Aveva conosciuto il mago e aveva assistito a qualcuno dei suoi spettacoli, rimanendo disgustato: per il suo edonismo, per la massa di persone, donne soprattutto, che ricorrevano a lui per cercare qualcosa con cui consolarsi
Quello che mi infastidiva era il suo enorme edonismo. La sciocchina del mio articolo non ha nome semplicemente perché rappresenta centinaia di consorelle altrettanto afflitte. Lavandaie o mogli di feldmaresciali, tutte pronte a vedere attraverso gli occhi altrui, pur di non guardare coi propri. E tutte pronte a pagare per tale privilegio, anche quando non se lo potevano permettere..

Nel frattempo, Bora viene avvicinato dal suo ex comandante in Russia, Von Salomon, letteralmente terrorizzato da qualcosa, ansioso per delle informazioni a cui è venuto a conoscenza, qualcosa che si sta preparando..
Da che parte si schiererà Bora? Ex ufficiale dell'Abwher di Canaris, disciolto nei mesi passati quando i servizi passarono sotto il controllo del RSHA, ora Bora è come un Ronin, un Samurai senza padrone, col vincolo della fedeltà all'esercito (e al Fuhrer) e alla sua coscienza di uomo.

I timori di Von Salomon, gli ufficiali dello Stato Maggiore che lo guardano con ostilità. E poi qualcosa che viene fuori dalle sue indagini sulla morte del mago.
Si tratta del tentativo di colpo di Stato, messo in atto da ufficiali superiori dell'esercito e orchestrato dal colonnello Von Stauffenberg (capo di stato maggiore dell'esercito della riserva) e anche altri ufficiali proveniente dall'Abwher, come Oster. Un golpe che è destinato a fallire: sono le parole che lo stesso Bora rivolge al colonnello Stauffenberg durante un incontro serrato nell'ufficio di quest'ultimo, da cui Bora viene sbattuto fuori.
Così uguali, anche fisicamente, i due ufficiali, ma diverso è il loro modo di agire: Bora non è uomo da complotti e preferisce tenere la sua linea di ostilità (per cui è finito nei rapporti delle SS) in modo sotterraneo e per questo viene accusato di inerzia.
Due uomini sul ciglio di un baratro, come l'intero paese. Ma quello che preoccupa Bora è la reazione che poi sarebbe arrivata dalle SS, in caso di fallimento, quel bagno di sangue che poi è veramente avvenuto, con le 5000 vittime tra congiurati e parenti.
Più di tutto, temeva che von Salomon dicesse il vero. Ne sentiva in bocca il sapore come il sangue. Se fosse vero, e se fallissero, ci sarà un massacro come quello che abbiamo contribuito a scatenare in Russia contro l'Armata Rossa, alimentando con false prove la paranoia di Stalin e delle sue grandi purghe. Processi ed esecuzioni che nemmeno il mago di Weimar avrebbe potuto mai immaginare.

La notte delle stelle cadenti” è un titolo che farebbe pensare a qualcosa di romantico, ma la storia raccontata è in realtà molto drammatica: tutto si gioca attorno al significato della parola shooting, dal titolo originale (“The night of shooting stars”). Stelle cadenti e corpi che sparano, la caduta degli Dei, ovvero il crollo del regime nazista (già chiaro dopo le disfatte in Africa e a Stalingrado) e poi il crollo della casta militare aristocratica che aveva cercato, nel tentativo di colpo di stato contro Hitler, di salvare un briciolo del loro onore.
L'operazione Valchiria (l'attentato ad Hitler del 20 luglio), raccontata al cinema con un film poco realistico e nei libri con un bel romanzo “La notte dei generali” di Hans Hellmut Kirst.
Un golpe destinato a fallire: i congiurati non avevano nessun legame con gli alleati, il piano che avevano ideato era troppo fragile. Eppure, nonostante questo, decisero di andare fino in fondo per quel senso dell'onore.
Non posso crederci. Queste parole, o parole simili, furono quelle che sibilò fra i denti un esasperato Stauffenberg. - Lei si dimentica l'onore dell'esercito. 
- Se n'è già andato da tempo, purtroppo. 
- E quello individuale? 
- Perso in egual misura, grazie alla nostra collaborazione col regime. Gli alleati occidentali non si fidano di nessuno di noi, e non possiamo biasimarli. È un fatto. 
- Non è vero -. Stauffenberg misurava la stanza; il suo passo stivalato risuonava sul pavimento di nudo legno. - Dimentica la remissione dei peccati. 
- Dopo milioni di vittime? - Per quanto gli fosse difficile tenere la voce bassa, Borsa non poteva fare altrimenti. - Siamo entrambi cattolici, non dimentico né ignoro la remissione dei peccati: ma ci sono limiti al diritto di aspettarsi il perdono dal Signore. O dal nemico.

Costruito attorno ad una trama da romanzo giallo (la ricerca dell'assassino del mago), si racconta del clima che si respirava a Berlino, nel fronte interno, in un racconto corale che mi ha ricordato molto Kaputt Mundi, ambientato nei mesi dell'inverno precedente.
Un romanzo corale in cui si alternano pagine di intrighi, con pagine di intima sofferenza personale del nostro protagonista: le ferite esterne, la mutilazione al braccio, e quelle dentro l'anima, raccontate con una delicatezza che fa da contrasto alla brutalità del mondo fuori.
Il desiderio di un incontro femminile, i ricordi del fratello Peter, la paura di essere arrestato da un momento all'altro dalla Gestapo
Per un minuto o due Bora restò nella strada deserta. Potrebbe succedere a chiunque di noi, si disse. Potrebbe succedere a me. Anche agli inizi della guerra, quando si arrendevano a migliaia nelle nostre mani, pensavo: «Questo potrebbe succedere anche a me».

Attraverso gli occhi e i pensieri di Bora vediamo le stelle che sono cadute e ora tocca alla Germania sperimentare su sé stessa le stesse atrocità fatte all'est ad ebrei e russi, come una sorta di nemesi.
Noi siamo questo, si trova a pensare di fronte alla morte di evasi russi, lasciati bruciare in un cascinale:
Bora non commentò. Gli evasi, russi o no, potevano ben commettere dei crimini. Non sarebbe stato difficile imputare loro perfino l'omicidio di un avvocato.L'odore acre del fumo, e di uomini bruciati vivi, era lo stesso della Polonia, dell'Ucraina, e prima ancora della Spagna. Noi siamo questo, pensò Bora. Noi siamo anche questo. O forse siamo solo questo.

Noi siamo questo. E allora non rimane che chiudere il caso nonostante le false piste e pensare alla propria anima, come annota nel suo diario in uno dei rari momenti di sincerità emotiva:
"Inquieto ma leale, coinvolto quel che basta a rendermi colpevole ma non a dannarmi l'anima.Salvare quest'ultima è quanto posso fare, finché la tenaglia ricomincerà a stringere. Per ora, posso solo trattenere il fiato"

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