Il primo servizio della puntata di questa sera di Presa diretta (l'ultima della stagione), parla proprio del nostro amico più fedele, lo smartphone e degli effetti di questo sulla nostra vita e sul nostro modo di ragionare.
O di non ragionare, se vi mettete ad osservare gli zombi che camminano per strada, col capo chino a guardare lo schermo del proprio cellulare.
Tutti ingobbiti, col collo piegato in avanti in un posizione innaturale e scomoda, per non perderci nulla di quanto succede nel mondo fatato della rete.
Provate poi a guardarvi attorno la mattina sulla metropolitana, sul treno, o al bar al momento della colazione: quanti sono quelli con gli occhi incollati sullo schermo del cellulare e quanti stanno leggendo un giornale o un libro o chiacchierando col vicino?
Il settore degli smartphone non è in crisi: noi italiani, poi, siamo i terzi al mondo per diffusione degli smartphone a cui dedichiamo una buona parte della nostra attenzione: ma questo comportamento, il saltare da un tweet ad un post ad una foto, dedicandogli pochi secondi di attenzione, sta modificando i nostri comportamenti.
Non riusciamo a seguire un articolo o un servizio televisivo lungo più di qualche minuto (40 secondi è il tempo medio di attenzione davanti a uno schermo quando siamo al lavoro), così come non riusciamo a dare attenzione ad una cosa a lungo. Ci stiamo trasformando in tanti pesci rossi dentro l'acquario.
Dall'anticipazione sul Corriere:
Pare che siano sufficienti cinque giorni di connessione in Rete, un’ora al giorno, per modificare i circuiti neurali del cervello umano, aumentando l’attività cerebrale: lo sostiene l’equipe di Gary Small, docente di Psichiatria e scienze comportamentali all’Università della California di Los Angeles. «Le persone — afferma Small — che hanno l’abitudine di cercare qualcosa online hanno un’aumentata attività in alcune aree del cervello. Ma c’è un costo: chi stimola determinati circuiti ne trascura altri. Le nuove tecnologie stanno riformattando i nostri cervelli, anche se in modo non irreversibile».[..]
«Sarà la prima volta — racconta al “Corriere” l’autore e conduttore di PresaDiretta, Riccardo Iacona — che si arriva con un’intera trasmissione su questo argomento in prima serata.
Ho l’impressione che ci sia una grande attenzione sul tema, con un’ampia produzione scientifica: la scienza ci sta avvertendo per tempo».E continua, a proposito di connessione e iperconnessione: «Si tratta di un motore di cambiamento della realtà, così come la cambierebbe un fenomeno economico. Ma fa pensare il fatto che il 71% delle persone fatichi a leggere un articolo di giornale e che oggi il “tempo di attenzione” sia minore di quello di un pesce rosso (otto secondi; il pesce rosso nove)».Il calo dell’attenzione, l’eccesso di stimoli, la velocità con cui ci sentiamo costretti a «switchare», cioè passare da un’attività all’altra, non sono però soltanto fenomeni studiati per le loro conseguenze sulla nostra salute: c’è anche, avvertono gli scienziati nell’inchiesta, chi li pilota.
«Si parla tanto di una società estremizzata, che urla, che ha paura — spiega Lisa Iotti, autrice della puntata con la collaborazione di Antonella Bottini e Irene Sicurella — ma la polarizzazione della società è funzionale a un modello di business che attira l’attenzione facendo leva sulle emozioni più forti».
La puntata ha richiesto a Iotti e alle altre autrici alcuni mesi di lavoro in giro per il mondo, per incontrare scienziati, psichiatri, psicologi e specialisti di «addictologia» (l’addiction è la «dipendenza», da droghe o da altro), che raccontano le loro indagini e scoperte. «Noi siamo come pensiamo», ha risposto uno dei luminari delle neuroscienze americane, Michael Merzenich, chiarendo quali sono le modificazioni indotte dall’iperconnessione. Altri, come Nyr Eyal, autore del saggio Hooked, in Italia edito come Creare prodotti e servizi per catturare i clienti (Edizioni LSWR), hanno spiegato come le molte visualizzazioni, i like, la quantità di contatti e il successo di follower siano elementi usati per stimolare meccanismi biologici di gratificazione. Intervengono sul circuito del piacere: e non solo i metodi per manipolare la gratificazione esistono, spiega Eyal nell’inchiesta, ma è possibile addirittura «accendere» una vera e propria dipendenza. C’è chi ne studia gli algoritmi, magari in start up che valgono anche milioni di dollari. «Sono meccanismi di vendita — conclude Iacona — con i quali si può passare poi a vendere ad esempio proposte politiche. Si tratta di un potente moltiplicatore che lavora su meccanismi biologici — e noi ci caschiamo mani e piedi. Quello cui ci troviamo davanti è un cambiamento antropologico universale, che fa di noi questo: un cliente adescabile con parole semplici».
Siamo noi a possedere lo smartphone o è lui che possiede noi? - si chiede Riccardo Iacona nella copertina.
L'iperconnessione alla rete, alle notizie pubblicate non ci ha resi però più consapevoli di quanto succede al mondo: Facebook e il suo algoritmo, Google e la sua selezione di notizie, stanno influenzando in modo inconsapevole le nostre opinioni sugli avvenimenti nel mondo reale.
Non abbiamo tempo per approfondire una notizia, che per la sua semplicità (perché è la notizia che vogliamo leggere) a furia di click, condivisioni, diventa pure virale auto-affermandosi come verità.
L'invasione degli immigrati, i crimini degli immigrati, la percezione dell'insicurezza..
Come sarà l'uomo di domani (oltre ad avere la gobba per la cattiva postura)?
Una persona iperconnessa ma incapace di approfondire o essere concentrato su qualcosa?
Dall'uomo di domani al lavoro di domani: un lavoro senza tutele, pochi diritti e garanzie, salari sempre più bassi, alta produttività basata su mansioni sempre più alienanti e stressanti.
Se questo è il futuro (e speriamo tutti di no) a me sembra simile allo Charlot nel film Tempi moderni.
L'automazione, l'uso di algoritmi sta rubando lavoro alle persone: il resto lo fa la delocalizzazione e il dumping salariale spesso tra gli stessi stati europei.
Anche qui troviamo di mezzo i giganti del web che guadagnano da tutto il mondo, penetrano in tutti i settori, ma pagano le tasse dove è più comodo.
E, a furia di lasciare mano libera al cosiddetto mercato, si trova sempre un paese che paga stipendi più bassi del tuo.
No, non è un bel futuro.
La scheda della puntata: Iperconnessi
Lunedì 15 ottobre alle 21.15 su Rai3 va in onda l'ultima puntata del ciclo autunnale di PresaDiretta dal titolo Iperconnessi. Una puntata speciale con due diverse pagine, una dedicata alle conseguenze sul cervello delle nostre vite iperconnesse, l’altra alla guerra in atto tra i paesi dell’Unione Europea per accaparrarsi il lavoro. Quaranta secondi. È il tempo medio di attenzione davanti a uno schermo quando siamo al lavoro. E fuori dall’ufficio, va ancora peggio: saltiamo continuamente da una chat a una foto Instagram, da un post all’altro di Facebook, da un link all’altro.Siamo in una parola, Iperconnessi. Ma cosa sta succedendo alla nostra capacità di comprendere, di ragionare, di memorizzare?Sul pianeta oggi ci sono più schede Sim che persone: 7,8 miliardi di sottoscrizioni alla telefonia mobile contro i 7,5 miliardi di abitanti. E gli italiani sono terzi al mondo per diffusione del cellulare, con più di otto persone su 10 che ne hanno uno.Il punto, dicono i neuroscienziati, è che stiamo allenando il nostro cervello a pensare esattamente nella stessa maniera in cui utilizziamo lo smartphone. Saltiamo da un pensiero all’altro così come saltiamo da un link all’altro. Tutto è diventato cliccabile, downloadabile.E in un mondo sempre più connesso e distratto, l’attenzione è sempre più preziosa. Oggi è proprio l’attenzione il vero business dei giganti del web, che ci vendono di tutto: prodotti, stili di vita, proposte politiche.In questo mondo iperconnesso, in cui girano ogni giorno 150 miliardi di email e 42 miliardi di messaggi whatsapp, dobbiamo ritrovare il modo per tornare a ascoltarci.Riccardo Iacona intervista Francesco Boccia. Un dialogo a tutto tondo sul mondo del digitale che ha completamente stravolto il funzionamento dei sistemi economici. Dalle occasioni mancate con la cosiddetta web tax al trattamento dei nostri dati, dal diritto alla sicurezza al potere dei giganti del web. E poi un’altra pagina di PresaDiretta “La guerra del lavoro”, dedicata alla concorrenza economica senza esclusione di colpi, tra un paese e l’altro del continente europeo.Siamo di fronte a una guerra tra Stati che, a colpi di agevolazioni fiscali e incentivi, si strappano l’un l’altro fette di mercato e posti di lavoro?PresaDiretta ha fatto un viaggio tra l’Italia e la Slovacchia, tra le fabbriche, gli operai, gli imprenditori e gli analisti per capire cosa sta succedendo nel mercato del lavoro europeo. Dalle fabbriche italiane delle multinazionali che hanno lasciato il paese a quelle slovacche dove gli operai di oggi potrebbero diventare le vittime della delocalizzazione di domani. Perché anche la Slovacchia, dove molti lavoratori fino a poco tempo fa non avevano neanche il riposo settimanale, comincia a subire la concorrenza di paesi come la Bulgaria o la Romania.Che succederà in Europa? Cosa devono fare i singoli Stati per tutelare i propri lavoratori?
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