20 ottobre 2018

Fate il vostro gioco, di Antonio Manzini



Incipit
Sul cielo di Trastevere nuvole grigie si rincorrevano come cani. Il vento però trafficava solo lassù, fra i vicoli e le strade si percepiva la solita umidità che penetrava nelle ossa. Rocco si attaccò al citofono per dieci secondi buoni. Attese. Non rispondeva. Due passi indietro per dare un'occhiata alla casa. Finestre buie, tende aperte. Sebastiano neanche si affacciava per vedere chi fosse. Fu sora Letizia a puntare dalla finestra del primo piano chiudendosi lo scialletto di lana sul petto.«Rocco?».«Non mi risponde!».La vecchia dondolò la testa, poi si mise una mano a cucchiarella accanto alla bocca e sottovoce disse: «Ieri gli ho portato la spesa. Sta bene, un po' dimagrito ma sta bene».

Il riciclaggio di denaro sporco attraverso le sale da gioco, la ludopatia, la malattia del gioco, persone che non riescono a smettere di puntare soldi, nemmeno quando hanno perso tutto. E dietro il gioco, organizzazioni criminali che usano questi luoghi come lavanderie dei propri guadagni illeciti.

«.. arrestarli mi farebbe perdere giorni e giorni di inseguimenti, indagini, raccolta delle prove e per quale motivo poi? Riciclaggio? Lo fanno migliaia di italiani, e anche se li metti dentro quelli dopo sei mesi escono e ricominciano. Ricordati una cosa: il riciclaggio del denaro sporco fa comodo anche allo Stato».«Non ti seguo..»«Sono milioni di euro che tornano in superficie sui quali si pagano le tasse,e così chi ci guadagna oltre allo stronzo di turno è lo Stato. C'è una sorta di accordo non detto tra le parti, amico mio. Un euro su tre che ti capita tra le mani proviene da traffici illegali».

E sempre nel mondo del gioco, si consuma il delitto da cui parte l'ultimo romanzo di Antonio Manzini: l'omicidio un “ispettore di gioco” ora in pensione.
Una rottura al nono livello della scala, per Rocco Schiavone, che però si trova in un momento delicato della propria vita: lasciato solo dai suoi amici di infanzia, Brizio, Seba e Furio dopo l'avventura a nord est, sulle tracce di Enzo Baiocchi (Pulvis et ombra”) che si era conclusa con l'arresto dell'assassino di Adele, la fidanzata di Seba che a sua volta era finito ai domiciliari, e che ora non lo vuole nemmeno vedere.
Forse il tempo riuscirà a far passare anche questo, ma è un'altra ferita che il vicequestore (non commissario) si porterà dentro.
Come la morte della moglie Marina, al cui fantasma si ostina a parlare, per l'impossibilità di mettersi tutto alle spalle.
Come il tradimento della vice ispettrice Caterina Ruspoli, che qualcuno al Viminale aveva piazzato alle sue spalle per controllarlo.

Non rimane che tornarsene ad Aosta, in un settembre che con le sue piogge aveva aperto la strada all'autunno, al freddo e alla neve.
E ai colleghi della Questura dove però s'annida un ladro, che si si è portato via il drone in dotazione alla polizia e perfino le canne dentro il suo cassetto, la sua cura mattutina.
Non un bel modo di riprendere il lavoro.

Romano Favre è il nome dell'ex ragioniere che lavorava al casinò come ispettore della sala da gioco: un controllore che nelle sale tutto si svolga in modo regolare. Viene trovato morto nella sua camera da letto dal vicino, un altro croupier del casinò, Arturo, dopo che altre vicine si erano accorte che c'era qualcosa che non andava. Il gatto lasciato fuori casa, la porta della camera aperta ..
«Perché a me!» 
«E' il tuo mestiere». 
«Nevica». 
«Ma dobbiamo andare». 
«Mi fanno male i piedi». 
«Comprati delle scarpe adatte». 
«Sento freddo». 
«E giacché ci sei anche un giubbotto».

Le indagini di Rocco e della sua squadra partono dai pochi indizi sulla scena del crimine (la porta finestra scassinata, la porta chiusa dall'interno, il cellulare scomparso) e sul corpo del morto, due pugnalate, la prima mortale al fegato.
Romano Favre era un pensionato con una vita tranquilla: Schiavone comincia la sua indagine andando sentire gli amici del gruppo del 48, i compagni di leva, con cui spesso usciva.
Uno di questi, Guido Roversi, fa strane allusioni sul morto, uno che negli ultimi tempi si faceva i fatti suoi:

«Lei saprà che davanti alla sala da gioco ci sono degli uomini che danno in prestito soldi a chi ne ha bisogno».
«Non è una funzione che svolge già il casinò?»
«Si, ma vede ci sono imprenditori conosciuti, oppure gente importante o, che ne so?, mariti che non ne parlano a casa, persone che in quel momento e quel giorno non dovrebbero essere lì a giocare ma da tutt'altra parte. Insomma gente che non vuol farlo sapere .. al casinò i prestiti si registrano.. »

E' una brutta malattia, quella del gioco. Un demone che ti costringe a rimanere al tavolo a provare quel brivido, quella sensazione alla nuca che ti spinge a mettere altri soldi sul piatto, perché non si può perdere sempre, qualche volta la fortuna deve cambiare.
E così ci sono persone, più o meno in buona fede, che approfittano di questa situazione.
Ne sa qualcosa un'altra persona che quella sera era vicina alla casa di Favre, Cecilia Costa, una donna così disperata per i debiti accumulati da aver chiesto aiuto al croupier, Arturo Michelini.
C'entra qualcosa con l'assassino?
Ma è un'indagine che fa fatica ad andare avanti: ci sono i pensieri che non lo abbandonano nemmeno la notte, quel dolore che rimane in sottofondo e non se ne va mai
Per quanto tempo? - si chiedeva. C'è un giorno, una data certa in cui il dolore finalmente si attenua? Ma una risposta ancora non l'aveva trovata. Invidiava chi ce la faceva a superare quegli ostacoli, a guardare avanti, a rimboccarsi le maniche per seguitare a camminare sulla propria strada, lunga o breve che fosse.

E poi c'è qualcosa che non va in Italo, uno dei pochi agenti con cui si era confidato. Anche lui ha una faccia strana, stanca, c'è qualcosa che non va e alla fine Rocco è costretto a metterlo alle strette per capire che anche lui è finito nel vortice del gioco. Del poker, per la precisione: partite con degli amici che erano cominciate come passatempo, ma su cui alla fine aveva perso tanti soldi.
A chi chiederli ora?

Il decalogo di Schiavone è la lezione che il vicequestore dà al suo agente:
«Ci sono delle regole, imbecille, e te non le conosci, questo è chiaro. E adesso ti dico il decalogo Schiavone, apri bene le orecchie e metti a memoria. Non si ruba sul luogo di lavoro, non si ruba negli spogliatoi di una palestra, non si ruba ai ragazzini, alle mamme, ai vecchi e si ruba ai ladro, ai corrotti, ai figli di puttana e ai mercenari. Non si ruba alle mignotte, si ruba ai papponi, non si rubano le pensioni, si svaligiano le banche, ammesso che hai i coglioni per fare un lavoro pulito.Non si ruba al tossico, si ruba al fornitore. Non si ruba il portafogli al cadavere, ma quello dell'omicida.E, soprattutto, quando si ruba, se si vuole rubare, non ci si fa beccare. Come vedi è piuttosto semplice. Ora devi lasciare perdere 'sta storia».

Sull'omicidio che cosa è emerso, dopo il giro di conoscenti e di amici? Ben poco, le allusioni dell'amico, strani appunti con delle sigle, una donna che era davanti casa della vittima, gli strani movimenti dell'assassino.
Sembra che qualcuno voglia portare Rocco debitamente a spasso.
Ma il vicequestore non è uno che si fa prendere in giro, così decide di andare a vedere come stanno le cose dentro il casinò: un generale la guerra la fa con la truppa che si ritrova e Rocco ha i suoi agenti, Italo, Antonio e poi D'Intino e Deruta, a cui si affiliano anche l'anamopatologo Fumagalli e la sostituta commissario Gambino, della scientifica.
Si presentano al casinò, vestiti come personaggi di un reparto di neuropsichiatria in libera uscita.
Fumagalli col suo vestito a scacchi, la Gambino con una scollatura generosa, D'Intino vestito con una casacca color arancione e Deruta con un simil smoking monopetto damascato ...
Un esercito scombussolato, ma che però riuscirà a capire gli strani giri di soldi che vengono ripuliti dentro la sala gioco.

Parte un po' in sordina questo romanzo di Manzini, con qualche battuta da commedia all'italiana che fa da contrasto alla malinconia di Rocco.
Che appare svogliato, tanto da prendere l'indagine sul morto nel modo sbagliato, senza metodo.
Ma scopriremo poi un inaspettato lato della sua della sua personalità, che è sì cinica e rude, specie con le donne e con quelli che non si ricordano della sua scala di rottura di coglioni (a cui aggiungiamo a questo giro, i calzini con l'elastico molle).
Ma c'è anche un Rocco che si prende cura degli altri, come il vicino di casa Gabriele, spesso lasciato solo dalla madre, a cui Schiavone si troverà a fare da padre.
Per spiegargli che la vita a volte ti fa succedere cose spiacevoli senza darti tempo di prepararti.
Rocco gli afferrò le braccia. «La vita non ti avverte, Gabriè. A volte cammina, passeggia, a volte invece corre. A noi ci tocca andare alla stessa velocità».

Perché Rocco è così: ladro coi ladri e coi truffatori, ma incapace di rimanere indifferente di fronte ai problemi delle persone indifese, come Gabriele e come anche Italo.
Rocco Schiavone prendeva i suoi casi troppo sul personale, li faceva diventare delle sfide private, niente a che fare con la giustizia e con la legge. Ancor meno con qualche remora morale, ammesso che il suo caso ne avesse. L'omicidio, la rapina, lo stupro, diventavano degli affronti che doveva risolvere per difendere il suo ego, affermare in qualche modo di essere ancora vivo. O magari era solo nostalgia, come volesse ricordare la sua adolescenza, quando si scatenava risse per uno sguardo o un graffio ..

Il finale è aperto, come la vita che, piaccia o non piaccia, va avanti. Forse è arrivato il momento di chiudere col passato, versare per la prima volta quelle lacrime di dolore che non era riuscito a versare prima.
Troppi morti, troppi fantasmi.
«Lo sai amore? Una volta qualcuno ha scritto che il passato è un morto senza cadavere. Non per me, no. Nel mio ci sono più cadaveri di un obitorio ..»

Perché c'è un assassino da trovare, c'è da affrontare la vendetta di Baiocchi (che ancora vuole vendicarsi per il fratello), è ora di guardare avanti
«Non ci abbiamo capito niente, Deruta. Forza, al lavoro».

La scheda del libro sul sito dell'editore Sellerio
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