Cosa pago, quando compro un
tartufo?
Nell'anteprima di Report si parla deltartufo, col servizio di Cecilia Bacci: a volte non c'è il tubero,
ma solo il suo sapore, ottenuto artificialmente in laboratorio e
spruzzato sul cibo.
Questo aroma sintetico va dosato e
andrebbe comunicato ai clienti che pure pagano caro l'oro nero: in
certe dosi la molecola artificiale (derivata dal petrolio) risulta
pesante da digerire.
La normativa europea non impone di
scrivere sull'etichetta dell'olio che si parla di prodotto di sintesi
e così è difficile capire cosa si sta comprando o mangiando.
La produzione di tartufo in Italia è
calata e così sulle nostre tavole ne arrivano da fuori: pure dalla
Cina e dall'Iran. E la frode è dietro l'angolo: a volte i tartufi
cinesi o africani sono tagliati con quelli italiani.
Federchimica ha imposto alle aziende
del settore di non rispondere alle domande di Report: perché le
aziende non pubblicano sull'etichetta i dettagli della molecola?
L'inchiesta sul tifo Juventino e la
ndrangheta (qui un'anticipazione)
Il presidente Andrea Agnelli ha
risposto all'inchiesta di Report, spiegando agli azionisti come fosse
falso che D'Angelo ha aiutato a portare nello stadio striscioni
“canaglia” nel giorno del derby.
Chi ha portato quegli striscioni è
stato individuato dalla società: chi dice il contrario dice il
falso.
Sigfrido Ranucci ha replicato al
presidente: nella motivazioni della sentenza dei gidici c'è scritto
che la Juventus ha ceduto pacchetti di biglietti a persone legato
alla ndrangheta, in cambio della quiete dentro lo stadio.
Protagonisti dell'inchiesta dei
magistrati sono il capo della security e un ex ultras, suicida dopo
essere stato interrogato dagli stessi pm.
Eppure le intercettazioni fanno
emergere le responsabilità di D'Angelo che al telefono parla proprio
di quegli striscioni con Raffaello Bucci.
D'Angelo risulta sotto scacco,
condizionato da questi ultras e deve assecondarli, per quella
“porcheria assurda”.
Sono gli stessi magistrati che parlano
di gesti di estrema gravità di D'Angelo: che non è colpevole per la
giustizia sportiva perché non è tesserato.
Il reo confesso, quello smascherato
dalle telecamere dello stadio, dice di aver portato lo striscione
sotto la felpa. Possibile?
E l'altro striscione chi l'avrebbe
portato?
In una seconda intercettazione D'Angelo
chiede a tutti i capi ultras di non scioperare il giorno del derby (e
sentire solo i “bovini”, i tifosi del Toro).
Si mette a disposizione: “l'importante
è che non ci sia scritto Superga”.
Ma cosa c'era dentro gli zaini da
causare una multa da 200mila euro (di cui parla Bucci nella
intercettazione)?
Federico Ruffo ha intervistato la
fidanzata di Bucci sulla storia degli striscioni: “questa volta
abbiamo fatto una cosa pesante” le aveva detto.
Uno di questi dovrebbe averlo fatto lui
– racconta: con Alessandro riesco a fare entrare tutto, aveva detto
sempre Bucci.
Un equo finanziamento: il finanziamento
pubblico ai quotidiani.
Ci sono finanziamenti diretti (50ml di
euro ogni anno) e indiretti (agevolazioni) che arrivano anche a
cooperative che non meriterebbero.
Chiudono le edicole e i giornalisti,
gli ultimi anelli della catena: ma chi prende questi finanziamenti?
Bernardo Iovene ha condotto la sua
inchiesta, partendo da Il cittadino di Lodi che prende i soldi
pubblici dallo Stato, per 1,6ml di euro l'anno.
Il giornale è di proprietà della
diocesi di Lodi: nella sede lavorano 30 giornalisti tutti in regola e
il giornale punta molto sulla territorialità.
Foto di gruppo, voto dei diplomati,
lodigiani in ferie. E tanta pubblicità.
I giornali locali devono essere
sostenuti, dice il direttore.
L'Avvenire prende 6ml di euro l'anno: i
vescovi hanno bisogno di soldi dello Stato?
Secondo il direttore Tarquinio il suo
giornale non si inchina a nessuno e quei soldi servono a pubblicare
un giornale che è libero.
Ad Avvenire lavorano 90 giornalisti
assunti: è uno dei quotidiani più letti in Italia, parla di
immigrazione e della parte povera del paese.
Purtroppo è in perdita per diversi
milioni: cosa succederà senza finanziamenti?
Libero ha una struttura societaria
simile a quella di Avvenire: dietro c'è la fondazione del San
Raffaele per una parte, il resto è di Angelucci, il re delle
cliniche private.
Tosinvest possiede Libero e testate
locali ad Arezzo, Rieti: prende 3,7 ml di euro.
Antonio Angelucci ha una condanna alle
spalle proprio per aver preso dei finanziamenti che non gli
spettavano.
Senza questi contributi Libero
chiuderebbe subito, perché ha anche dei debiti con la Presidenza del
Consiglio (da cui prende dei soldi).
Angelucci è anche recordman di assenze
in Senato: una cosa surreale il fatto che lo Stato debba finanziare
giornali che hanno un proprietario chiaro.
Il Manifesto è il quotidiano
comunista: lo Stato eroga 3,4ml di euro, è una cooperativa non
profit senza editore.
Soldi che servono come sostegno per far
fronte dei costi e della poca pubblicità: ha 50 dipendenti assunti
regolarmente che prendono tutti lo stesso stipendio.
Il minimo contrattuale, 1800 euro a
tempo pieno.
Italia Oggi ha un finanziamento diretto
da 4,8 milioni perché il 50% del capitale è in mano ad una
cooperativa, anche se fa riferimento all'imprenditore Panerai, capo
di class editori.
Anche dietro Il Foglio c'è una
cooperativa e un direttore, Cerasa, che sta portando dietro una sua
linea, nonostante le pressioni del proprietario.
Parliamo in totale 52 ml di euro ogni
anno, poi ci sono i costi scaricati sulle casse di previdenza: per
INPGI sono stati sborsati 170ml di euro, altri 230ml per mancati
contributi.
Il gruppo GEDI (Espresso, Stampa) è
finito sotto inchiesta per una questione di contributi.
Di Gedi ne parla il sottosegretario
Crimi: Gedi ha preso contributi per mandare in pensioni
giornalisti prima del dovuto.
Al Resto del Carlino parte dei
giornalisti hanno il contratto di solidarietà: è un costo di 60euro
al mese per INPGI, ma è poi un danno per le pensioni dei
giornalisti.
Ma allora li devo licenziare risponde
Riffeser.
Cairo è un editore che possiede La
Gazzetta e il Corriere: in 30 mesi ribalta l'utile di RCS, la sua
ossessione è sui costi, dicono, tagliando i costi dei fornitori.
Abbiamo tagliato costi, inefficienze –
spiega Cairo: abbiamo mantenuto inalterata la forza lavoro, 3200
giornalisti, nessun contratto di solidarietà (prima era presente
questo contratto).
I contributi indiretti sono risibili e
riguardano aiuti per le spese d'imposta e la distribuzione.
Crimi ha esposto la sua decisione: fine
dei contributi entro qualche l'anno, ma dall'altra parte c'è la FIEG
che chiede contributi ai giornali, dando la colpa al furto di
contenuti da parte di internet.
Riffeser, a capo di Fieg, chiede
contributi pubblici per i giornalisti e tutti i lavoratori della
filiera.
Si deve incentivare la domanda –
spiega Crimi: si tratta di aiuti per abbonamenti per persone anziane.
LA pubblicità condiziona tutto spiega
Stefano Feltri del Fatto Quotidiano che dipende dagli abbonamenti in
assenza di pubblicità di aziende che non gradiscono gli articoli
pubblicati.
Riffeser è presidente FIEG: a lui
fanno capo 20 edizioni locali, ma come vengono pagati gli articoli ai
lavoratori?
Spese rimborsate, 40 euro ad articolo,
questo dice il contratto.
Ma ci sono giornalisti che lavorano
senza contratto, solo stretta di mano, che lavorano a pezzo, per poco
più di 10 euro a pezzo.
Succede alla Libertà di Piacenza, un
giornale in attivo che investe anche sul web: esistono dei contratti
“verbali”, ammette lo stesso vice direttore.
Alcuni collaboratori hanno fatto una
vertenza con La Libertà per far applicare il contratto: prendono 10
euro per servizio televisivo, 13 euro per un articolo.
Alla Gazzetta di Parma prendevano 5
euro lordi per notizia: a gennaio è arrivata la novità, qualcuno
arrivava a prendere 8 euro lordi a pezzo.
Per un pezzo per cui hai lavorato una
mezza giornata per cercare le fonti dei tuoi articoli e le spese sono
a carico tuo.
Sono giornalisti senza faccia, perché
se si facessero riconoscere non laverebbero con LA Gazzetta, il
giornale della Confindustria di Parma.
Pizzarotti si era messo a fianco dei
giornalisti ma non ha voluto fare la guerra alla confindustria
locale.
Al gruppo Gedi appartengono alcuni
quotidiani veneti, altri appartengono al gruppo di Caltagirone come
Il gazzettino: qui il tariffario è comunque misero, pochi euro per
articoli da qualche migliaio di battute.
E ti consigliano di non protestare.
Il Corriere Veneto è del gruppo
Corriere della Sera: i collaboratori sono pagati una miseria e anche
qui nessuno ha voglia di metterci la faccia.
FNSI ha aperto una trattativa con gli
editori, senza risultato perché per molti di loro i collaboratori
sono considerati come fornitori di servizio.
In Lombardia, in tutte le provincie c'è
un giornale locale, dove si è pagati al massimo 5 euro a pezzo.
In Lombardia come in Sicilia non si
rispetta l'accordo dell'equo (come previsto dal contratto nazionale)
compenso per il prezzo di un articolo.
In Calabria è sorto uno spirito
sindacalista per cui molti di loro hanno iniziato a rifiutare di
lavorare gratis.
Crimi ha annunciato che toglierà la
possibilità di lavorare con Cococo nei quotidiani: ma nel decreto
l'emendamento (proposto da LEU) è stato bocciato dal governo.
Molti collaboratori hanno seguito la
strada della causa al giudice e qualcuno è riuscito ad essere
assunto.
Riffeser aspetta la posizione del
governo, il governo ha promesso di riformare il settore (ma nel
decreto dignità il cambiamento positivo non c'è stato per i
giornalisti).
E come funziona in Rai?
In Rai il lavoro giornalistico è
riconosciuto solo per i telegiornali: non si può essere assunti come
giornalisti per altre trasmissioni.
Iovene è andato a sentire il direttore
del personale che ha spiegato che c'è un ritardo, per poter
applicare l'accordo (che dovrebbe stabilizzare parte dei giornalisti
precari) in attesa dei nuovi assetti in Rai (per il nuovo governo).
Ivan Compasso è un ex giornalista
precario, ha raccontato l'assedio di Kobane e ora, a 47 anni, ha un
contratto a tempo indeterminato: ha sacrificato la famiglia, per
guadagnare 1100 euro al mese dentro il quotidiano City news.
Non è un bell'auspicio, per chi vuole
avvicinarsi a questo lavoro.
Le notizie si muovono veloci, ma la
stampa libera è un presidio della democrazia e il web è un po' come
un bibliotecario ubriaco, nel web trovi informazione libera con fake
news (che dietro hanno interessi politici).
Per questo serve il contributo
pubblico: per non vedere più giornalisti che devono nascondere il
volto.
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