04 luglio 2019

Il codice barbaricino (da L'isola delle anime di Piergiorgio Pulixi)


La Sardegna, due investigatrici sbattute ad indagare su vecchi delitti, cold case.
E delitti feroci, compiuti secondo un rituale antico, che ha attraversato secoli, di generazione in generazione.
Un'isola bellissima e solitaria.
Con sue regole e codici.
Come il codice barbaricino.
Come la massoneria.
«Ma non c'è criminalità locale qui, qui? Nel senso, coma mai in Sardegna non c'è la mafia?» 
«non pensare che sia un'isola felice. Forse lo era, una volta. Oggi il nord è in mano alla mafia russa, e quelle nostrane, 'ndrangheta in prima fila, ripuliscono una marea di denaro sporco in Costa Smeralda comprando alberghi, costruendo villaggi turistici, ristoranti e via dicendo.» 
«Però non c'è un'organizzazione autoctona, come in Sicilia o in Calabria»«No. Non sono una sociologa, ma credo che qui la cultura mafiosa non sia mai riuscita a mettere radici perché c’è sempre stata una tradizione pastorale incentrata su un profondo senso di autogiustizia.» 
«Non ti seguo.» 
«Hai mai sentito parlare del codice della vendetta barbaricino?» 
«No, ma sembra una cosa veramente cazzuta.» 
«Ci puoi scommettere .. Sull'isola, soprattutto in Barbagia e nell'entroterra, la giustizia è sempre stata una questione personale, che non potevi demandare allo stato né ad un altro gruppo di potere, quindo nemmeno a una qualunque forma mafiosa. I sardi hanno sempre manifestato un'avversione contro il potere costituito, ribellandosi anche in maniera violenta, a ogni genere di prevaricazione nel nome dell'autorità.»[..] 
«La società agropastorale barbaricina, ma non solo, era guidata dal senso dell'onore e dalla necessità della vendetta violenta, ma in forma privata o al massimo familiare. Avrai sentito parlare delle infinite e sanguinose faide che hanno segnato la storia di queste terre.» 
«Si.» 
«Ecco. C'era un codice consuetudinario, tramandato solo in forma orale, una serie di norme comportamentali che legittimavano la vendetta in determinate occasioni e con precise modalità..» 
«E la polizia? Lo Stato?» 
«Lo stato veniva identificato come l'invasore, l'usurpatore, quindi non ci si poteva fare affidamento. Ci si autoregolamentava. Il sardo è fondamentalmente anarchico, insofferente a qualsiasi forma di controllo e prevaricazione. Ormai ci siamo rammolliti e ci caliamo le braghe davanti a chiunque, ma un tempo non eravamo così.»«Quindi tu dici che ci siete salvati da questa piega solo perché la vostra mentalità non concepisce la passività, l'accettazione dele sopruso e le umiliazioni, come accade invece nelle altre regioni?» 
«Esattamente, e aggiungo anche che abbiamo un senso della comunità diverso, più coeso. Se qualcuno provasse ad andare a chiedere il pizzo in paesi come Orgosolo, Luda o Desolo, sai cosa succederebbe?» 
«Mezzogiorno di fuoco?» 
«Una cosa del genere. E' per questo che la mafia ha attecchito nelle zone costiere, nel settentrione dell'isola, dove in realtà di sardi autoctoni ormai ce ne sono ben pochi. E' più facile sentire accenti slavi, brianzoli o calabresi.» 
«E qui nel Sud? A Cagliari non ci sono infiltrazioni mafiose?»  
«Praticamente zero. Abbiamo una cultura mafiosa diversa, molto meno appariscente, ma non per questo meno subdola e dannosa. Le chiamano le "tre M."» 
«Ovvero?»
«Massoneria, mattone, medicina: franchi muratori, imprenditori edili, baroni delle strutture sanitarie. Un blocco sociale di potere immutabile che governa nell'ombra questa città da sempre, grazie ad una fitta rete di relazioni clientelari. Un'oligarchia affaristica tanto consolidata che fa il bello e il cattivo tempo a Casteddu.» 
Da l'Isola delle anime, di Piergiorgio Pulixi - Rizzoli

1 commento:

Anonimo ha detto...

Quando parla di mafia nelle zone costiere del nord Sardegna si riferisce ad Olbia? Non mi risulta che ci sia mafia a Sassari....