Sull'ultimo numero de l'Espresso campeggiava l'immagine del sindaco PD Sala: l'uomo vincente che ora pensa ad un nuovo partito per prendere il voto dei delusi, quelli che han votato i 5 stelle o che non hanno votato.
Sullo stesso numero il segretario Zingaretti (dello stesso partito di Sala, si presume) spiegava la sua visione del PD.
Il PD a cui oggi in molti chiedono di mandare un segnale su quello che vuole fare, anche per spazzare via tutte le ambiguità che hanno portato alla perdita di voti alle recenti elezioni.
Il partito di Orfini e Delrio, saliti a bordo della Sea Watch ma anche il partito di Minniti, del Daspo e del regolamento alle ONG.
Come voterà il PD, per esempio, sul rifinanziamento degli accordi con la Libia? Facciamo finta che vada tutto bene, che ci sia un governo a Tripoli, che i migranti debbano essere rimandati nei loro centri?
Zingaretti parla di superare la Bossi Fini (creare canali di ingresso, abolire il reato di immigrazione clandestina, di rivedere il jobs act (il lavoro non è solo un numero), di portare avanti politiche green (e come la mettiamo con le trivelle?).
Riuscirà a portare avanti questo programma in un partito dove i cavalli di razza scalpitano per trovare nuovi spazi (al centro, da Renzi a Calenda a Sala)?
Insomma, proprio in un momento in cui la maggioranza rivela tutte le sue crepe, il PD potrebbe non essere pronto a raccogliere la sfida.
Sala è il sindaco dei DASPO ai Rom, del modello Expo (e della pax giudiziaria con la procura di Milano), che parla di ambiente eppure Expo ci ha lasciato solo una serie di padiglioni ora vuoti (e ben diversi dai rendering del progetto iniziale).
Qual è la posizione di Sala e Zingaretti (e delle altre anime del PD) su Ilva, sulle concessioni autostradali ad Atlantia (cioè Benetton), sulle nomine nel CSM?
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