Nel 2015 Bill Gates, il fondatore di
Microsoft parlava in video del rischio pandemia.
“Se qualcosa ucciderà 10 milioni di
persone è probabile che sia un virus e non un missile”: si era
investito poco nella sanità, nel prevenire una pandemia.
Non abbiamo imparato nulla dalla
lezione su Ebola, sulla Sars.
E oggi è pure peggio: ci sono gli
asintomatici, si sta bene anche se si è contagiosi, il contagio è
arrivato nelle aree urbane.
“Oggi abbiamo la tecnologia, vediamo
la gente come si muove, gli strumenti ci sono ma devono essere
inseriti in un piano sanitario mondiale”.
Era il 2015 e sono passati cinque anni.
Abbiamo fatto tagli alla sanità, non
abbiamo investito nel capitale umano e così oggi non abbiamo saputo
o voluto proteggere la nostra prima linea, medici e infermieri, chi è
più fragile.
Siamo nella più grande crisi mondiale
e Report ha deciso di raccontare da dentro questa nuova guerra, anchechi aveva gli strumenti per capire.
MA un detective dei virus l'aveva
capito: si chiama David Quammen, autore di Spillover un saggio
uscito anni fa che è tornato in cima alle vendite proprio per la
pandemia, dove si parla di cacciatori di virus.
Giulio Valesini è il giornalista
che lo ha intervistato: come ha fatto ad anticipare quello che
sarebbe successo?
Lavorando a stretto contatto coi
ricercatori in tutto il mondo - ha risposto: "con loro mi sono
calato nelle caverne in Cina, alla ricerca di pipistrelli, cercando
gli animali che portano i nuovi virus, li catturano, li analizzano e
gli prendono il sangue".
"Uno di questi ricercatori ha
detto dobbiamo stare attenti, il prossimo big one, sarà
probabilmente un virus proveniente da un animale selvatico, altamente
capace di adattarsi, come il Coronavirus e passerà da animali
selvatici a umani, probabilmente in un mercato di animali selvatici
vivi in Cina, se attecchisce sarà particolarmente pericoloso, se il
contagio avviene tra asintomatici".
Il contagio è nato in un mercato umido
in Cina, dove gli animali sono macellati vivi, anche i pipistrelli:
ci si imbratta le mani col loro sangue.
Al Campus Biomedico hanno
studiato il virus, sono riusciti a datare la mutazione dal
pipistrello all'uomo, il paziente zero: qui Report ha intervista
l'epidemiologo Massimo Ciccozzi che ha spiegato "se tu
hai il genoma completo, sulla base del numero di mutazioni a livello
temporale posso anche andare indietro e datare esattamente l'inizio
di una epidemia".
Al Campus Biomedico risulta
dunque che l'epidemia sia iniziata a metà novembre: questo virus era
dentro il pipistrello, ma ha fatto anche altre due mutazioni che sono
state studiate.
Queste due proteine che hanno studiato,
che sono proteine strutturali, una destabilizza e l'altra stabilizza
il virus: questo spiega il medico, ci fa capire come il virus sia
molto più contagioso della Sars del 2002. Ci ha messo anni per fare
una mutazione come questa.
Dai tre pipistrelli originari, si può
risalire a tutta l'epidemia del ceppo di coronavirus.
La mutazione - ha proseguito - gli ha
fatto riconoscere un recettore delle basse/alte vie respiratorie, Ace
2, e questo recettore noi ce l'abbiamo per tanti motivi, ipertensione
per esempio.
Il virus prende questo recettore, si
aggancia, si fondono le membrane e così il virus entra e comincia a
parassitare la cellula.
Anche al Politecnico di Zurigo conferma
i dati del Campus, il virus circolava già da novembre: hanno
ricostruito come il virus si è mosso a Wuhan, dai loro calcoli
c'erano già 2000 casi in quella città a gennaio.
Sempre David Quammen,
intervistato da Giulio Valesini:
Cosa rende le pandemie, che sono sempre
esistite, oggi più pericolose?
"Primo, le pandemie tendono ad
essere di origine virale non batterica. Secondo viaggiano per il
mondo sempre più velocemente, un virus può viaggiare dalla Cina a
Roma in quindici ore. Poi viviamo in città sempre più affollate,
7,7 miliardi di umani vivono in grandi città. Questo rende le
pandemie peggiori".
Chi poteva intervenire in anticipo e
non l'ha fatto?
"Gli scienziati sapevano da ben
diciassette anni, dall'epidemia della Sars, che i coronavirus possono
essere molto pericolosi; i dirigenti della sanità pubblica sapevano
che era fondamentale la preparazione, sapevano già che avevamo
bisogno di diagnostica veloce, di test validi, mascherine, guanti,
ventilatori, letti in isolamento, capienza ospedaliera. Chi non lo
sapeva? Chi non era preparato? I politici."
IL virus proviene dal pipistrello ed è
passato all'uomo nei primi giorni di novembre: quanti passeggeri
hanno viaggiati dalla Cina e da quei posti nei mesi di novembre e
dicembre? 203894 persone, 125mila da Shangai e Pechino.
Sono diciassette anni che i dirigenti
della sanità sanno che i coronavirus sono pericolosi, dovevano fare
scorta di mascherine e respiratori, aumentare la capienza negli
ospedali e per le cure intensive.
Avevamo un piano per le pandemie, ma
chi doveva applicarlo?
Piacenza forno crematorio: una
sequenza di carri funebri entra nella struttura, anche qui sono ad un
passo dall'emergenza, così è arrivato in soccorso la Croce Rossa
militare che ha montato celle da campo, come si fa in una guerra.
Sono immagini che non avremmo mai
voluto vedere, il commento di Ranucci: il virus probabilmente girava
da prima di febbraio, prima del 23 quando si riscontrò il caso 1.
Si erano registrati tanti casi di
polmonite, casi di persone con tosse, ma non arrivavano dalla Cina:
Report ha trovato un altro caso numero uno, forse il paziente zero,
infettato ben prima di febbraio.
L'ospedale pubblico ha sette reparti
tutti occupati per malati di Covid-19, 200 operatori infettati dal
virus, perché non protetti.
Anzi, un infermieri ha raccontato che
l'uso delle mascherine era quasi negato, nei primi giorni, perché
non si voleva spaventare le persone.
A molti operatori non è stato fatto il
tampone, anche se erano stati a contatto con infetti: solo dopo
rimostranze e lamentele sono arrivati i tamponi.
E per curare pazienti infetti, solo una
mascherina chirurgica: l'infermiera che è stata intervistata da
Giulio Valesini ha lavorato da infetta per nove giorni e potrebbe
aver anche infettato altre persone.
Il direttore dell'AUSL di Piacenza ha
cercato di spiegare, minimizzare: i tamponi? Inutili se i laboratori
non sono in grado di analizzarli.
Molti pazienti sono stati spostati in
una clinica privata del gruppo Sanna: un medico di questa struttura
era ammalato già il 21 febbraio, aveva visitato molti pazienti di
Codogno ma non il paziente uno,
l'untore lo chiamano oggi in clinica.
Vajani, presidente dell'ordine dei
medici di Lodi racconta a Report di casi di polmoniti lunghe,
violente: anomalie polmonari, su cui in pochi si sono preoccupati.
Hanno riscontrato polmoniti anomale, ma
nessuno cercava il covid nei malati: il 22 gennaio il ministero della
salute indica i criteri per individuare i casi sospetti, ma il 27
gennaio si limitava solo a chi veniva dalla Cina.
Franco Locatelli, consulente del
ministero, intervistato da Giulia Presutti, ha però spiegato che si
sono tenuti in considerazione anche i malati non dalla Cina.
La circolare più restrittiva del 27
febbraio (poi ricambiata a marzo) non ha fatto dunque perdere dei
casi, i casi uno.
MA i medici di Lodi e Piacenza hanno
comunque riferito di aver cercato solo link con la Cina, nella
ricerca del virus.
Dobbiamo ringraziare l'anestesista
di Codogno che, non seguendo i protocolli, ha permesso di
scoprire il virus in Italia: magari sarebbe emerso ma in maniera
peggiore.
Il problema è che ci sono tanti
protocolli, racconta in medico: un conto è scrivere regole a
centinaia di km di distanza, altro conto è passare le notti con
malati di Covid.
E' l'organizzazione mondiale per la
sanità che deve dare l'input per fare i tamponi: ma OMS recepisce
tutte le segnalazioni dei vari ministeri della salute (per esempio se
ci sono virus che circolano).
Il nostro ministero aveva il polso dei
dati sul territorio, dei casi di polmoniti strani?
Cosa abbiamo comunicato all'OMS, come
ministero italiano?
30 dicembre 2019: al pronto soccorso di
Piacenza, 40 caso di polmonite.
Milano, gennaio: aumentano i casi di
polmonite, si cercano nuovi posti negli ospedali.
Tanti casi di polmonite anche a Como.
Lo stesso anche all'estero, a New York
per esempio.
Bastava leggere i casi di cronaca:
focolai di polmonite sono stati scoperti anche in Germania a e in
Francia.
Non saremmo arrivati alla situazione di
oggi, dove il virus si è infilato anche nel 118 di Roma: anche
l'ospedale Gemelli (che doveva gestire i casi di Covid a Roma) è ora
saturo, decine di ambulanze con pazienti in isolamento a bordo, sono
in attesa del personale medico per le visite. I pazienti non possono
scendere perché mancano i posti.
Non solo la capitale, nemmeno il Lazio
come regione era pronto a gestire questa emergenza, negli ospedali
come quello di Anzio, mancano i respiratori, che sono presi in
prestito dalle auto mediche che, in questo modo, non sono in grado di
soccorrere pazienti gravi da intubare.
Nell'emergenza la guerra è tra poveri
di mezzi: respiratori che si rubano tra ambulanze, lasciando
sguarniti i mezzi.
Eppure il 15 febbraio siamo andati a
riprenderci dei malati in Cina, con mezzi high tech: l'ambulanza ad
auto-contenimento usata in quel giorno è lì ferma, mai stata usata.
Anche le barelle in auto-contenimento
(dove il paziente è isolato) della Croce Rossa sono sparse nel
territorio: queste sono comunque in uso per Ares Lazio, che non le
aveva.
L'Agenzia del 118 della regione Lazio
ne ha comprate due ora che è scoppiato il problema e ne è arrivata
solo una.
Come lavorano gli operatori nel Lazio?
LA sanificazione dei mezzi è fatta
dagli operatori stessi, molti operatori non sono protetti e non
possono proteggere i pazienti.
A Latina il servizio è dato in appalto
alla Croce Bianca e Claudia Di Pasquale ha intervistato un
operatore del 118, le prime linee nella lotta al virus: quando
devono muoversi per andare a visitare un sospetto, come si vestono?
Secondo il protocollo ci vestiamo con
una mascherina e una tuta fornita dall'azienda che ha il servizio del
118 in appalto(non l'ASL).
Vinicio Amici è segretario di Latina
della confederazione A.I.L.: ha spiegato alla giornalista come le
tute plastificate, dove non filtra nulla.
Ma sono tute non a norma ha contestato
la giornalista : “a noi queste ci forniscono, per questo siamo in
mobilitazione con la regione” la risposta dell'operatore.
Il problema è che se non interviene la
regione Lazio o ARES, nelle prossime settimane queste aziende del 118
andranno in default, perché mancano dei DPI (i dispositivi) per gli
operatori.
Nella circolare ministeriale del 22
febbraio 2020 indica quali sono i dispositivi che devono indossare
gli operatori: maschere con filtro ffp2, protezione facciale, tuta
protettiva, doppi guanti non sterili, protezione per gli occhi..
Mario Balzanelli è presidente
nazionale del Sis 118, la consulta dei dirigenti responsabili del
servizio 118: le tute da usare devono essere identificate da un
simbolo internazionale e da una certificazione, deve coprire anche i
piedi, altrimenti sono necessari i calzari.
Peccato però che poi ognuno faccia di
testa sua: alla centrale operativa del 118 di Benevento gli
operatori indossano le tute ma non i calzari, “abbiamo tutti le
scarpe infortunistiche certificate CE”.
Ma non la pensano così i medici del
118 di Benevento che hanno inventato un escamotage, al posto dei
calzari indossano dei sacchetti di plastica.
Lo racconta Emilio Tazza, medico e
sindacalista del 118: ha raccontato alla giornalista la denuncia dei
sindacati su un caso di un paziente trasferito in una struttura senza
che gli operatori avessero tutti i dispositivi, “avevano solo il
camice della sala operatoria .. il nostro responsabile sosteneva che
le tute non ci spettavano, sebbene ci fosse una circolare che le
prevedesse esplicitamente”.
La tuta è poi arrivata in dotazione a
Benevento, ma leggendo le sue specifiche, protegge solo da polvere e
schizzi liquidi e non da agenti infettivi, in quanto non è conforme
alla normativa EN14126.
Solo dopo le proteste degli operatori
sono arrivate le tute a norma.
E' stato fatto un corso di formazione
agli operatori per dirgli come vestirsi e svestirsi?
Nemmeno questo, nemmeno agli
infermieri, agli autisti dei mezzi, che dipendono dalla società
Misericordie d'Italia: anche a loro inizialmente non erano state date
tute idonee, nemmeno dispositivi per sanificare le ambulanze.
Le tute fornite per le persone che
lavorano al primo soccorso erano buone per l'industria alimentare, ma
l'ASL di Benevento le ha dichiarate idonee.
“Nelle guerre c'è una trincea e
delle truppe che stanno al fronte: noi medici del 118, gli
infermieri, gli autisti, sono in questa trincea” l'amara
conclusione del medico Emilio Tazza.
A Benevento il primo morto per covid è
stato il caposala del 118, aveva solo 58 anni: il personale che era
in contatto con questa persona non è andato in quarantena.
A Lecce gli operatori del 118
hanno denunciato le tute non idonee, le mascherine senza filtro: in
compenso i malati di Covid saranno spostato in un ospedale nuovo di
zecca.
Qui lavoreranno 12 medici per piano, al
netto degli anestesisti che dovrebbero essere altrettanti, ma mancano
per tutti piani.
I sindacati hanno denunciato la carenza
di dispositivi di protezione e della sanificazione: ospedale nuovo,
ma potrà lavorare solo per pochi giorni.
Il 14 marzo l'ISS ha stilato un
rapporto per gli operatori in cui sono ammessi tute e maschere senza
filtri, senza consultare i tecnici del 118, senza tener conto delle
centinaia di infetti in questo settore.
Adele Grossi è andata al sud, a
mostrare qual è lo stato della sanità. E' scesa fin giù in
Calabria, per capire quale sia la situazione:
l'ospedale di Castrovillari è
stato identificato dalla regione come struttura per gestire
l'emergenza Covid-19.
E la situazione non sembra bella: siamo
disorganizzati, non si capisce chi comanda, non ci sono percorsi
stabiliti .. dicono gli
operatori. Mentre la giornalista faceva le sue domande
all'ingresso dell'ospedale un paziente forse colpito dal virus era
lasciato dentro l'ambulanza per due ore.
Nell'ospedale attrezzato per il Covid
ci sono le tute e le mascherine, almeno all'apparenza, mancano le
regole e i protocolli forse.
La tenda pretriage (per non intasare il
Pronto Soccorso) non è mai entrata in funzione, non si sa chi debba
prendere in carico questa funzione, il percorso per “accettare” i
pazienti col Covid non è chiaro, tra personale medico e personale
del 118.
L'ospedale ha assolto la sua funzione
per soli sette giorni (c'è stato un equivoco, dice il direttore
dell'ASL di Cosenza) per poi essere liquidato: così oggi nella
provincia di Cosenza, la più grande nella regione e non è chiaro
quale sia la struttura dedicata all'emergenza.
Sia Cetraro che Paola non sono pronti e
così i pazienti nella provincia devono farsi centinaia di km di
strada, le strutture non sono a norma.
A Reggio c'è l'ospedale di Gerace, 5
ml spesi per metterlo in piedi e oggi abbandonato.
A Rosarno sono stati spesi miliardi in
lire per un vecchio ospedale: sono i simboli del fallimento della
sanità calabra.
Colpa della cattiva politica, che però
oggi pare non abbia un nome e un cognome.
A Scalea i medici lavorano in smart
working, fanno diagnosi al telefono e al limite poi arriva il 118.
Mancano i posti letto, mancano
ospedali, manca l'agibilità, ci sono strutture covid fantasma ma
questo non preoccupa Belcastro, oggi delegato della governatrice per
il Covid 19.
La sanità è già in emergenza anche
senza il virus.
Il capo della protezione civile
regionale deve affrontare tanti problemi, i lavori pubblici, il
virus, i rifiuti, le mascherine che sono arrivate ma che sono state
rifiutate dalle Asl.
Il responsabile della protezione civile
è a rischio processo ma è stato confermato dalla governatrice
(anche se non sa cosa sia un ventilatore): speriamo che il contagio
non si diffonda, per il bene dei cittadini calabresi.
Paolo Mondani è andato in Sicilia,
a Catania: qui stavano sperimentando nuove camere di
contenimento, ma poi nel 2018 non se ne è fatto niente.
Oggi anno c'è una malattia racconta
Sergio Pintaudi: Catania poteva essere il terzo polo per il
contenimento dei virus, ma è mancata la sensibilità politica per
far andare avanti il progetto.
Anche in Sicilia c'è carenza di
dispositivi di protezione, mascherine, visiere, tute.
Mancano anestesisti, posti letto,
mancano mezzi.
I posti letto per la terapia intensiva
sono stati tagliati (oggi siamo ad un posto ogni 1500 abitanti), per
drenare risorse su altre strutture, redditizie, legate a situazioni
clientelari, massoniche.
Qui sono in una situazione di caos
calmo, stanno aspettando i pazienti..
15 anni di politica clientelare, degli
sperperi, manca una centrale appaltante, che ha favorito la
frammentazione dei piccoli ospedali, che oggi sono incubatori di
virus, perché impreparati a gestire il Covid.
Strutture che non possono essere
tagliate perché ci sono primari legati alle cooperative che fanno le
pulizie, primari che gestiscono anche gli appalti.
Altro personale in trincea, non solo
oggi, è quello dei vigili del fuoco: che tutele hanno ha chiesto
la giornalista Rosamaria Aquino ?
Anche da qui arrivano notizie
allarmanti, su 35 tamponi fatti, sette sono positivi, al comando di
Padova: “credo che il comando sia altamente compromesso” racconta
un vigile in un messaggio.
A Bresso è stata soccorsa una persona
con dei sintomi e tutta l'autopompa è stata messa in quarantena.
Altri casi sono stati riportati da loro
stessi: colleghi con dei sintomi da virus a cui non è stato fatto il
tampone e che sono rimasti in contatto coi colleghi per giorni.
A cui sono arrivate poche informazioni
dai comandi sui contagi: oggi i turni sono stati ridotti per la paura
di contagiarsi a vicenda e così i vigili si sono affidati ai social
con un messaggio,
“attenzione il contagio possiamo essere noi”.
Alle scuole di
Capannelle ci sono due contagiati, subito dopo la scoperta dei casi
120 allievi sono stati mandati a casa e, qualcuno di loro, tornato a
casa, si è scoperto che era malato.
Ci sono vigili
positivi al tampone, a cui il medico ha detto che potevano rientrare
in servizio (perché il valore del tampone era basso).
Uno dei colleghi contagiati ha
raccontato cosa sta succedendo in forma anonima, poco prima di essere
ricoverato in ospedale: “il collega che è stato il primo caso fa
parte della mia stessa squadra, il ragazzo è stato messo in
quarantena in una stanza, per 24 ore, gli hanno fatto fare un primo
tampone, è risultato positivo ma dopo l'hanno fatto rientrare in
servizio”.
La persona intervistata dalla
giornalista è stata in contatto con questa persona fino a venerdì,
poi sabato si è ammalato: si doveva fare il tampone a tutta la
squadra e mettere tutti in quarantena per settimane.
Il capo dipartimento dei Vigili del
Fuoco ha risposto che quelle raccolte sono solo posizioni dei
sindacati, già denunciate all'autorità giudiziaria.
Non mancano né mascherine né tute,
come prevedeva il piano nazionale per le pandemie, che noi abbiamo
fermo al 2010.
In esso sta scritto quello che serve
per affrontare un'emergenza: laboratori clinici, personale formato,
vigili del fuoco.
Avremmo dovuto avere una scorta di
dispositivi da usare alla bisogna, le FFP2 e 3, andavano formati i
medici: nel 2013 il Parlamento Europeo ci aveva chiesto di aggiornare
questo piano nazionale, ma non lo abbiamo fatto.
Donato Greco, epidemiologo, spiega che
in Italia mancano i piani di contingenza: da dove prendere gli
infermieri, dove prendere i dispositivi, dove prendere i macchinari,
il complesso di operazioni logistiche per affrontare una catastrofe
in tempi brevi.
L'indice di sicurezza globale, ci mette
al 31 esimo posto nel mondo: non siamo pronti a gestire l'epidemia.
Sapevamo quello che rischiavamo:
mancano però le scorte di mascherine anche nel resto del mondo, così
l'OMS autorizza l'utilizzo di materiale non idoneo (come le
mascherine chirurgiche, che non sono buone per fermare le
goccioline).
In Italia non abbiamo fatto scorta
di mascherine ffp2 a gennaio: solo dopo il caso 1 a fine febbraio
la protezione civile ha chiesto ai produttori di fornirle, quando
però erano già state vendute in Francia e in Cina.
Perché il governo, il ministero della
salute, le regioni, l'ente per la prevenzione per la salute (CCM) non
ha chiesto di fare scorta per tempo?
E' mancato anche il coordinamento tra
regione e stato, anche per logiche di orticello..
Report è andata dentro i compound
di Wuhan, dentro il mercato dove si macellavano gli animali vivi:
le persone in questi posti hanno vissuto come in carcere, pagando il
cibo usando una app, niente contante.
Il cibo ordinato arriva da ragazzi con
mascherina e tute e per ritirarlo ti misurano la febbre.
Si controlla chi esce e chi entra nel
compound, chi vive qui ha diritto ad una mascherina al giorno, si fa
la fila per tutto.
Repor ha mostrato una scena incredibile
di una signora anziana che si calava dal balcone per scappare di
casa; chi viene trovato senza mascherina viene portato via dalla
polizia, senza tanti problemi.
La notte si accendono le luci dei
negozi clandestini: prodotti alimentari, venditori di tabacco..
Grazie al cielo da noi c'è la
democrazia, che si basa anche sul rispetto delle nostre libertà.
Che ora ci dobbiamo meritare,
nonostante i 37 miliardi di tagli, la mancata preparazione di un
piano per la pandemia, l'incapacità di raccogliere i dati digitali
sul virus, sui malati..
Rimaniamo a casa, torneremo a fare
quello che più ci manca – sono le ultime parole di Sigfrido
Ranucci, che chiudono una puntata dedicata a coloro che sono morti
senza nemmeno un saluto da parte dei più cari.