12 marzo 2020

La nostra sicurezza

Chi l'avrebbe mai detto che la nostra sicurezza sarebbe stata messa in pericolo non dai terroristi islamici (che pure dobbiamo temere), non dagli immigrati che ci invadono (nei sogni dei sovranisti) e nemmeno dai perfidi buonisti delle ONG.
Ma da un virus arrivato da lontano che qui sta ben attecchendo grazie a tagli alla sanità e alla ricerca.
E grazie anche ad una certa sottovalutazione del rischio: non parlo delle prime settimane dopo il caso 1, quando siamo passati dal tentativo di strage all'aprite tutto a Milano.
Parlo delle settimane prima, quando discutevamo di tante schiocchezze, osservando il governo cinese militarizzare una città.

E ora, dopo tutto questo tempo, vogliamo fare il lavoro agile, le lezioni online, tirando in ballo la disciplina e il senso di responsabilità degli italiani, come ha fatto ieri Conte.

Stiamo gestendo questa emergenza procedendo per tentativi e cercando di conciliare più interessi: tutti a casa ma anche no (le imprese e chi non può fare smart work, no), tutto chiuso ma anche no.
Tutti eroi ma anche no.

A proposito di sicurezza e tagli alla sanità pubblica, ho trovato un interessante articolo pubblicato oggi sul Fatto Quotidiano di Gianni Barbacetto: Pandemia da Covid: il pubblico paga, il privato guadagna
Gli ospedali privati dicono: stiamo lavorando per l’emergenza coronavirus al pari degli ospedali pubblici. È vero, ripetono i medici e gli infermieri delle strutture private che si stanno prodigando per i pazienti in questo momento di crisi. Eppure c’è qualcosa che non va, se all’ospedale San Matteo di Pavia (pubblico) arrivano le ambulanze rifiutate dall’Humanitas di Rozzano (privata). Ci ha provato Milena Gabanelli a porre il problema, con un tweet: “La sanità lombarda ha da tempo messo pubblico e privato sullo stesso piano. Allora perché i privati non si dividono posti letto e terapie intensive con gli ospedali pubblici evitando di farli collassare e costringerli a rimandare anche gli interventi oncologici?”. Le hanno risposto che circa un terzo dei nuovi posti di terapia intensiva in Lombardia è fornito dai privati. Ma la sproporzione pubblico-privato è enorme. Il San Raffaele ha riservato solo quattro letti di terapia intensiva per pazienti positivi al Codiv-19. L’Humanitas zero: ha soltanto accolto pazienti da ospedali pubblici perché questi possano occuparsi meglio dei malati da coronavirus. 
Il peso dell’emergenza è quasi tutto sulle spalle della sanità pubblica, con una sproporzione evidente tra quanto il privato dà oggi all’emergenza e quanto negli anni ha preso dalle risorse pubbliche. La verità è semplice: la sanità privata opera prevalentemente sulle prestazioni remunerative. Le malattie infettive non lo sono, dunque in quel settore i privati non ci sono. Più in generale: la Regione Lombardia ha spostato negli ultimi dieci anni un gran numero di posti letto dal pubblico al privato e oggi non li ha più a disposizione per offrire quelle cure che sarebbero necessarie e che solo il pubblico riesce a dare. Se l’assessore lombardo alla sanità Giulio Gallera fosse meno sensibile alle telecamere e agli interessi della sanità privata, chiederebbe a questa, oggi, un impegno pari a quello della sanità pubblica, fino a requisire, se necessario, i posti letto necessari all’emergenza.

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