La nostra democrazia è lastricata di misteri, zone d'ombra, segreti che ancora oggi ne condizionano l'esistenza (pensate alla stagione delle stragi di mafia del 1992-93 e alla trattativa tra pezzi dello stato e la mafia) o quanto meno rendono incompleta la conoscenza della storia.
La storia del rapimento dell'onorevole Aldo Moro, quella mattina del 16 marzo 1978 da parte delle Brigate Rosse, è uno di questi misteri che rendono la nostra democrazia, le nostre istituzioni opache, piene di zone d'ombra, col sospetto che siano ancora vittime di ricatti e segreti.
La ricostruzione che è passata alla storia, su come siano andate le cose quella mattina in via Fani a Roma, si basa principalmente sulle dichiarazione dei due brigatisti Morucci e Moretti: le Brigate Rosse hanno fatto tutto da sole, hanno rapito Moro, hanno portato avanti una trattativa con lo Stato attraverso i comunicati e, di fronte all'impossibilità di arrivare ad un accordo (la liberazione di altri terroristi), hanno ucciso l'ostaggio.
Sempre da soli, sempre senza nessun suggeritore esterno.
Tutto da soli la strage, in via Fani: 90 secondi di azione in cui sono stati neutralizzati i cinque agenti della scorta, dove sono stati sparati più di 90 colpi di cui la metà da un singolo mitra.
E già qui ci sono delle cose che non tornano: nessuno dei brigatisti aveva esperienze militari, sapeva sparare bene e poi, dichiarazioni sempre delle BR, i mitra di Morucci si sarebbe pure inceppato.
C'era un altro killer nel commando, per questo l'uso delle divise, per riconoscersi tra loro?
Tutto da soli anche nella gestione dell'ostaggio: un covo in via Gradoli, fatto scoprire dalle BR stesse e un altro, quello dove era tenuto Moro, in via Montalcini.
Quello di via Gradoli in uno stabile dove il Sisde era proprietario di altri appartamenti.
Quello in via Montalcini, con la prigione del popolo di pochi metri quadrati dove Moro non avrebbe potuto nemmeno camminare (eppure sotto le sue scarpe furono trovate tracce di residui bituminosi).
Dopo la decisione di uccidere Moro, le BR avrebbero poi attraversato Roma per lasciare la Renault 4 in via Caetani: avrebbero cioè (ed è la ricostruzione ufficiale a dirlo) attraversato Roma con un cadavere a bordo, su un'auto rubata. Roma in quei giorni era blindata, piena di posti di blocco.
Tante cose non tornano, già a questo punto: sul rapimento, la storia del falso comunicato numero sette (stampato da una macchina di prorietà del Siste e poi finito nelle disponibilità di un criminale legato alla Magliana come Toni Chicchiarelli), la consegna del cadavere.
E poi ancora: le borse di Moro scomparse, la mini Clubman con la targa dei servizi a fianco alla 128 di Moretti, la presenza quella mattina del colonnello Guglielmi del Sismi, sul luogo del massacro.
Quanti segreti, quante bugie sono state dette agli italiani, magari tirando in ballo una ragione di stato?
Perché le BR non hanno pubblicato tutto quanto avevano raccolto dagli interrogatori di Moro?
Finché non spazzeremo via queste ombre, non saremo mai al sicuro dal ritorno di certi fantasmi del nostro passato.
Alcuni miei post che avevo pubblicato per il quarantennale
- Aldo Moro, cosa rimane 40 anni dopo
- Genesi del delitto Moro
- Aldo Moro – la seconda parte: il rapimento e la prigionia
- Aldo Moro – la terza parte: che fine hanno fatto i protagonisti
Alcuni spunti per delle letture sul rapimento e la morte del presidente Moro
- Il golpe di via Fani, Giuseppe De Lutiis
- Doveva morire, Sandro Provvisionato Ferdinando Imposimato
- Complici, di Stefania Limiti e Sandro Provvisionato
- L'Affaire Moro, Leonardo Sciascia
- Il segreto, di Antonio Ferrari
- Il golpe inglese, di Mario Cereghino e Giovanni Fasanella
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