1944, la guerra partigiana sul'appennino emiliano; una strage di civili di cui viene incolpato un partigiano, nome di battaglia Bob, giustiziato dai compagni stessi della brigata Garibaldi; una prima indagine che vede protagonista il maresciallo Santovito, nei vesti di partigiano della brigata Matteotti, col nome di battaglia Salerno, in quel duro inverno del 1944, sui monti dell'appennino emiliano.
Un'indagine che si riapre ai giorni nostri, nel 1960, quando il maresciallo riceve una lettera dalla fidanzata di Bob, Imelde, che gli chiede di riaprire le indagini, perché quella notte di 16 anni prima, quando qualcuno ha sterminato la famiglia del Patriarca (il capostipite, il figlio e la moglie), Bob era con lei.
La raffica che ha ucciso Roberto Cortesi, Bob, ha ucciso un innocente. Benedetto Santovito torna così al paese ad indagare sulla strage.
Sarà un'indagine difficile: il Patriarca era un fascista convinto, in molti avrebbero voluto ucciderlo; tutte le prove, raccolte dal tribunale partigiano riunito per giudicare Bob sono schiaccianti. E oggi, dopo così tanti anni, pochi dei sopravvissuti, tra i compagni di Bob e gli abitanti di quel paese sui monti che Santovito ha imparato ad apprezzare, non hanno voglia di ricordare quel brutto episodio.
Eccetto la madre di Bob, Gialdiffa Cortesi, che per sedici anni ha pianto la morte del figlio, sempre creduto innocente ma che vede con scetticismo l'interessamento dei carabinieri, dopo così tanti, troppi, anni.
Indagine ancora più difficile perché coinvolge i partigiani, che non ci stanno a riaprire una brutta pagina della lotta, poiché temono una nuova campagna che ne infanghi l'immagine. Siamo nel 1960 e i fascisti di una volta sono tornati, anche se con un nuovo nome, al governo con i democristiani.
Difficile perché Santovito viene costretto a collaborare col maresciallo Amadori dal colonnello Friggerio (e in due non s'indaga meglio); Santovito non vorrebbe coinvolgere nelle ricerche il collega: due caratteri troppo diversi, due modi di intendere la vita troppo distanti.
In questo libro si intrecciano tanti temi: quello del giallo prima di tutto, con la ricerca del vero assassino della famiglia Bernardi. I ricordi degli anni di guerra: scopriamo che Santovito era stato spedito in Russia nel 1943, per punizione, assieme ad un battaglione di carabinieri. E che da quell'inferno era riuscito a tornare e che, dopo l'8 settembre, aveva scelto la lotta partigiana sui monti piuttosto che aderire alla Repubblica di Salò.
Infine la lotta contro i nazifascisti: i rastrellamenti, la vita sui monti, la fame e la paura di morire per una raffica.
Ritroviamo in questo libro altri protagonisti, presenti nei precedenti romanzi di Guccini-Macchiavelli: Stelio, la contessa, la Mezzacosta, il fabbrone e l'insegnante del paese, Raffaela, che in questo caso, grazie al suo intuito, aiuterà il maresciallo nelle indagini.
Un romanzo che alterna pagina del passato, la strage delle Piane del 1943, con pagine del presente. Santovito scopre che gli anni hanno cambiato non solo i luoghi (al posto dell'osteria di Parsués c'è un ristobar), ma anche le persone. Coloro che furono giovani partigiani pieni di speranza adesso, premiati o bastonati dalla vita, sconfitti oppure assisi in posti di potere, non sono più quelli di un tempo. O lo sono in una strana maniera deformata ed è con queste mutazioni, specchio dei cambiamenti di un intero Paese, che la difficile inchiesta di Santovito ha a che fare.
Ma “Semel Abbas, semper Abbas”, come recita un motto latino, e il maresciallo resta sempre quell'investigatore di sempre. Un segugio che non molla mai la presa, senza fare sconti a nessuno.
La resa dei conti finale, col faccia a faccia tra gli ex partigiani e l'investigatore (anche lui partigiano), merita da sola la lettura del libro: man mano, svelando i ricordi della notte della strage, le raffiche, quella che uccide Bob e quella che uccide la famiglia del patriarca, si arriva al crudele finale ...
I precedenti libri della coppia Guccini, Macchiavelli, con protagonista il maresciallo Santovito:
Macaronì
Un disco dei Platters
Questo sangue che impasta al terra
Il libro online su internetbookshop
Technorati: Francesco Guccini, Loriano Macchiavelli
4 commenti:
good start
quello che stavo cercando, grazie
Il nome di Bob non è Gianni, è Roberto Cortesi.
Il proprietario dell'osteria si chiamava Parsuès, soprannome derivato dal suo abituale intercalare, "Sono persuaso".
Grazie, ho corretto.
Il Parsus è stato un errore di battitura
Aldo
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