Una lunga inchiesta
sulla riconoscibilità delle persone: un tema che attraversa la
religione, il contrasto alla criminalità, l'internet nascosta, gli
immigrati che sbarcano sulle nostre coste, la sicurezza, la nostra
privacy ..
Si parte da Londra,
con le Ferrari e le Lamborghini che sfrecciano in centro, con
targa scritta in arabo, sono i giovani del Qatar, degli Emirati, che
corrono veloci e in modo pericoloso per la sicurezza: la sola targa
in arabo sarebbe anche illegale, perché se una di queste ti tampona
e scappa, come fai a riconoscerla?
Il problema si presenta anche da noi,
visto che siamo in un mondo globalizzato: servirebbero avere dei
codici di riconoscimento comuni.
Ma la globalizzazione ha complicato non
solo la vita dei vigili, ma anche degli investigatori: quelli che
devono intercettare i criminali nigeriani, per esempio, ma anche dai
mafiosi che usano ancora i pizzini per comunicare, come faceva
Provenzano.
I Pizzini sono usati oggi dalla
ndrangheta: sono stati trovati addosso al pentito Cretarola,
arrestato a Roma dal vicequestore Cortese. I poliziotti della Mobile
hanno ricostruito il codice, risalendo ad un libro mastro della
ndrangheta.
Cretarola, Cancelli, e la cooperativa
Edera: la coop ha avuto una interdittiva antimafia, dopo mafia
capitale. E Cancelli si difende: “io non sono un poliziotto”,
non aveva visto la coca e le armi.
Un altro gruppo criminale comunicava
con Black Berry criptati, usando un codice di cifratura.
A Prato, in un altra inchiesta a
seguito di un rogo in una ditta cinese, gli investigatori si sono
imbattuti su un'intercettazione tra gli imprenditori e i parenti
delle vittime. La trattativa è portata avanti dallo stesso
traduttore della Procura ..
Sempre a Prato, ci sono stati casi di
violenza da parte di gang criminali: peccato che le intercettazioni
sono difficili da riportare in italiano.
Peggio ancora per intercettazioni in
dialetto di Fujian: diverso dal mandarino, non lo sa parlare
nemmeno l'interprete della Questura.
C'è del materiale investigativo che
rimane così nel cassetto ..
Mancano interpreti di cinesi, di rom
(che non si accusano tra parenti), di Hurdu, di Banti: l'Europa ci
chiede un registro nazionale di interpreti, che invece non sono
nemmeno tutelati e guadagnano 40 euro lordi al giorno: “stiamo
lavorando per rafforzare quest'ambito”, dice il ministro.
Ma non siamo rassicurati da questa
uscita: come la mettiamo col terrorismo?
In Italia è già difficile tradurre
dal dialetto calabrese o siciliano. Serve sapienza investigativa, ore
di ascolto, non si può improvvisare.
E c'è il
linguaggio nascosto del Web: qui è complicato capire chi sta
parlando con chi e come ..
Con TOR si può mascherare l'IP, che
identifica il navigatore: si cambia identità (ma non è vero il
paragone dei documenti falsi che fa l'esperta Francesca Bosco di
Unicri).
Con TOR si può navigare nel deep web:
non ti possono trovare, dice l'esperta.
L'anonimato serve anche alla
criminalità, ai pedofili, ai trafficanti di droga, tratta di esseri
umani: si compra e vende coi bit coin, la moneta virtuale.
Il valore del bit coin è fluttuante:
si compra su un sito (www.coinbase.org),
ci sono siti di riciclaggio .. il problema non è il mezzo, ma il
fine con cui si usa TOR.
I governi dovrebbero collaborare, per
cercare di bloccare il criminale quando dal virtuale passa al reale.
Alzando il velo.
Il velo che non si può alzare:
dopo l'attentato a Parigi, il comune di Varese ha vietato il Burqa,
per motivi di sicurezza. Qui c'è una comunità di 3500 musulmanni,
ma nessuna donna ha il velo integrale. La mossa del comune è dunque
una speculazione politica?
Souheir è la presidente delle
donne musulmane: siamo per il viso scoperto, le donne che indossano
il niqab sono poche.
Una che invece lo indossa è italiana,
che lo usa per scelta. Per non doversi abbellire, quando si esce ..
Questa donna non esce, non vuole essere assimilata, non vuole essere
nemmeno accettata dagli altri.
In Inghilterra ci sono 1600
moschee ed è facile trovare donne col niqab: al supermercato, in
metro. Per le giovani è una forma di ribellione, per marcare una
identità.
Lo dice il fratello del fondatore dei
fratelli musulmani: il niqab non è una prescrizione religiosa, i
salafiti che lo sostengono, ma loro prendono i soldi dei paesi arabi.
È un ostacolo per l'integrazione: lo
dice anche un iman ad Oxford, che parla di una maschera che tiene
separate le persone.
Shalina indossa il niqab da sei
anni: se tolgo il velo mi sento in disagio, perché devo avere questo
disagio? E intanto a Londra i ricchi arabi in vacanza si divertono
con le loro supercar. Tutti vestiti all'occidentale, mentre le
ragazze indossano abiti tradizionali.
Comprati ad Harrods, del Qatar, paese
alleato con l'Inghilterra, ma ci sono famiglie private che aiutano
l'Isis.
Il Qatar acquista catene di alberghi,
residence, palazzi, investe a Londra: ma alcune componenti sono
legate al fondamentalismo islamico e finanziano il terrorismo.
Tariq Ramadan spiega alla giornalista
che Londra non vieterà mai il velo integrale.
MILENA GABANELLI IN STUDIO Potere del denaro! Allora in Europa il Qatar sta estendendo le sue proprietà e a Milano a comprato un intero quartiere Porta nuova, in Francia il Paris Saint Germain, poi la maison Valentino e sono riusciti anche a prendersi i mondiali di calcio 2022 che si giocheranno in Qatar d’inverno. ... Per le donne del Qatar il velo integrale è anche segno di appartenenza ad una categoria sociale, quella più ricca. Poi ognuno ha i suoi perché. Per la tradizionale tolleranza inglese non è concepibile un divieto. Parlandone con dei colleghi inglesi mi hanno detto “in realtà il tema è sentito, perché sono sempre di più, ma questo è un tema della destra…noi siamo progressisti e non vogliamo rischiare di essere confusi con gli intolleranti”. E’ un po’ drammatico il fatto che non si possa parlare serenamente di un fatto che coinvolge tutti, anche chi lo porta, ed è legato al grande tema dell’integrazione perché è terreno ideologico e di propaganda politica.
Come si comporta il resto
dell'Europa col velo?
La legge italiana vieta di girare a
volto coperto, a meno che non ci sia il giustificato motivo, come
quello religioso.
In Francia
il velo integrale è vietato: merito dell'ex sindaco di Venissieux,
Andrè Gerin, di sinistra, che ha affrontato il problema tendendo la
mano ai musulmani, senza strumentalizzazioni.
Stesso concetto portato avanti dalla
filosofa Badinter: mettere il velo rompe il rapporto egualitario tra
due persone, io vedo te ma tu non vedi me.
La legge anti velo è stata approvata
in Francia nel 2010: è prevista una multa per chi circola senza
farsi rinoscere. Ma la legge ha aumentato i casi di conflitto: le
proteste sono state cavalcate dai fratelli musulmani, ma anche il
governo ci ha messo del suo, che ha tirato in mezzo i valori
dell'Islam.
Alla moschea di Lione, i fedeli si
dicono favorevoli alla legge.
Chi non accetta il divieto è il signor
Nekkaz paga le multe per le fedeli che non rispettano la
legge: lui è contrario al velo, ma rispetta il diritto delle donne
ad indossarlo.
“La donna musulmana deve essere
pudica”, dice una di queste. Che è stata mutata una sola
volta, mentre a volte viene solo riconosciuta.
La polizia a volte lascia correre..
Belgio: è vietato circolare
mascherati, poi vicino al comune di Netternbeek è stata aperta una
scuola islamica, dove arrivavano donne col velo.
A Bruxelles si è fatta una legge sul
modello di quella francese: fu approvata nel 2011. Anche qui, nessuna
donna è stata obbligata a metterlo.
Olanda: qui non c'è voglia di
divieti, se uno non vuole essere identificato, va rispettata la
scelta.
La Corte di Strasburgo ha
respito un ricorso contro la legge francese e stabilito che il velo
integrale va vietato, perché è una pratica che arreca danno ai
cittadini
KOEN LEMMENS – UNIVERSITÀ DI LEUVEN Io penso che il fatto di essere riconoscibile permette che cosa? Permette un controllo sociale. Tutto il processo di civilizzazione è questo: io mi comporto più o meno per bene in piazza perché mi possono riconoscere. E per me, ancora una volta, penso che in sottofondo c'è la discussione su che tipo di società vogliamo essere.
MILENA GABANELLI IN STUDIO E’ una bella domanda”che tipo di società vogliamo essere”. La corte di Strasburgo sui diritti umani è chiara: se i principi fondanti di un Paese prevedono che non sia possibile girare in pubblico a volto coperto, perché devi sempre essere riconoscibile, quel principio va applicato. Siccome l’integrazione è un processo lento, bisogna discuterne con serenità, senza pregiudizi, e poi a seconda del sentire prevalente, valutati i pro e i contro, ogni Paese, se ritiene decide. Restando in tema di riconoscibilità, invece sulle nostre coste centinaia, migliaia di migranti sbarcano a volto scoperto, ma non hanno i documenti, l’unico modo per identificarli, è quello di prendere le impronte digitali. E su questo noi abbiamo un dramma, noi italiani, abbiamo un dramma che si chiama Dublino.
Le impronte di chi sbarca in Italia:
i migranti possono essere riconosciuti solo dalle impronte, non
avendo documenti addosso.
Una volta sbarcati sono fotografati,
perquisiti e portati al centro di accoglienza di Pozzallo. Le
immagini sono poi mandate in Europa: quelli che non si vorrebbero far
fotografare, sono quelli che vogliono proseguire nel nord
dell'Europa.
L'accordo di Dublino dice che lo status
di rifugiato lo deve dare il primo paese che accoglie e prende
l'identità della persona.
Così molti se ne scappano dai centri,
per evitare la fotoscegnalazione.
Ci sono le immagini del servizio de
l'Espresso, del cara di Bari: si vede che c'è gente che entra e
gente che esce.
Gente che dorme nel campo non avendone
diritto, gente che se ne scappa per non essere identificata.
Come i siriani passati per il Cara di
Bari: dove sono andati? Un testimone racconta che uno del centro ha
detto loro che chi non voleva farsi riconoscere poteva andar via.
Come si fa a parlare di sicurezza
quando non si riesce ad identificare migliaia di migranti sbarcati
sulle nostre coste?
Il ministro Alfano, su domanda della
giornalista, sa del problema. Colpa del regolamento di Dublino,
firmato anche da Alfano, che andrebbe cambiato.
L'Europa ha scaricato sull'Italia la
polveriera del nordafrica: ora nessuno ha voglia di accollarsi
sulle spalle questo tsunami.
E in Italia c'è chi si ingrassa con
l'emergenza profughi: gente che attende oltre un anno per avere lo
status di rifugiato. Perché tenere i migranti nei Cara sono soldi
per le cooperative che li accolgono.
Tempo che non viene impiegato per
cercare una identificazione: si contatta l'ambasciata dei paesi di
origine solo per le espulsioni.
E allora gli immigrati sono trasferiti
nei Cie: come a Trapani dove ci sono solo 48 persone, ma qui
lavorano 80 italiani tra operatori e forze dell'ordine, per i
controlli.
Per ogni persona la struttura riceve 29
euro, per un totale di 150 ml, spesi per fare l'identificazione di
persone che non possiamo identificare.
Che riescono pure a scappare dal centro
e non sappiamo dove sono andati. Perché il totale delle persone
rimpatriate è stato solo il 18% dal 2011 al 2013.
Ma poi possiamo continuare a
prendercela con gli immigrati che ci rubano i soldi e il lavoro ...
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