Le persone che vivono nelle baraccopoli
di Calais e in Normandia (come anche i profughi respinti al confine con la Macedonia) hanno attraversato migliaia di chilometri,
affrontato pericoli, speso magari tutti i loro risparmi. Vengono da
lontano, dall'Afghanistan, dal Pakistan, dall'Iraq.
Paesi lontani, molto lontani dalle
nostre democrazie: se non ci fossero state le guerre occidentali,
quando volevamo esportare la democrazia con l'esercito e le armi,
nemmeno sapremmo dove si trovano.
Pensiamo che ora sia sufficiente alzare
questi muri, il filo spinato, usare i lacrimogeni per disincentivare
il loro desiderio di una terra promessa?
Ce la prendiamo con loro, con queste
persone che scappano da una guerra e che dietro lasciano solo macerie
(non dimentichiamolo mai) mentre invece dovremmo mettere fine alle
cause di questo esodo. Mettere fine alle guerre e alle ambiguità dei
nostri alleati, penso alla Turchia.
Smetterla di applicare la realpolitik
in questi paesi per cui meglio un dittatore rispetto ad un governo
islamico fondamentalista.
Sono persone che muoiono nei naufragi
davanti le nostre coste e nemmeno sappiamo come contrastare i
trafficanti di uomini, i trafficanti di armi, di petrolio.
L'Europa sta precipitando, non solo dal
versante economico.
Non è che siccome vivono nella jungle,
devono essere trattati come animali.
Nessun commento:
Posta un commento