Incipit
Il giro delle luci. Quattro interruttori, prima quelli in fondo al salone, poi i due in ufficio, un cubo trasparente che dà su quello spettacolo di carrozzerie lucenti, di curve fluide, di cromature costose.Poi il computer, arresta il sistema, sì. Poi l'impianto antifurto. Poi l'ultimo pulsante, quello che accendono le luci delle vetrine, piccoli led al livello del pavimento puntati verso l'alto, che illuminano macchine come opere d'arte, come statue preziose.
Due omicidi, un
venditore d'auto e una escort, la polizia che brancola nel buio
cercando tracce impossibili da trovare e po Carlo Monterossi, ancora
una volta detective per caso ..
Terzo appuntamento
con Carlo Monterossi, il personaggio inventato dal giornalista
scrittore Alessandro Robecchi: ancora Milano, città
che viene attraversata geograficamente nei suoi quartieri dove, a
poche centinaia di metri si passa da bar gestiti da cinesi, al
ristorante dove occorre un mutuo solo per vedere la lista dei vini.
Ma i suoi romanzi non attraversano solo la città, qui in versione
autunnale con un freddo vento che spazza via i cieli e rende nervose
le persone.
Si attraversano
tutti gli strati sociali di una città che vorrebbe essere metropoli
e che invece si scopre a volte provinciale, che vorrebbe essere
multietnica (come tutte le grandi città europee) e dove invece
covano ancora razzismi e pregiudizi, qui ben rappresentati dal
consigliere sceriffo Giampiero Devoluti (“astro brillante della
destra legalitaria...”), con la passione delle bische.
Nei romanzi di
Robecchi, si parte dal meccanismo del giallo per raccontare di
tutte le anime della Milano moderna, ex città da bere, oggi città
dei ricchi che si ritrovano a vivere e mangiare solo tra di loro, con
l'ex ceto medio borghese che annaspa, che rincorre, si affanna per
una vita sempre più frenetica.
Da una parte gente
che si arricchisce con la “grande fabbrica della merda”, il
mondo della televisione di cui pure Carlo Monterossi fa parte.
“È la tivù, Carlo, non è la
vita vera, è una cosa di luci sparate, plastica azzurra e pupazzi
che si agitano per altri pupazzi che stanno a casa sul divano...”.
Così gli dice la sua agente,
l'enorme Katia Sironi.
Dall'altra, le
persone che potremmo dire normali: il poliziotto bravo a fare il suo
mestiere, così bravo che non farà mai carriera, come il vice
sovrintendente Ghezzi, l'agente che abbiamo già conosciuto in
tutti i suoi travestimenti.
Ghezzi e gentile
signora, “Ghezzi Rosa, di anni 48, mediamente ben conservata,
bassina, una gonna marròn e una camicetta bianca sotto un golfino
grigio aperto sul davanti, vive il suo glorioso momento di efficienza
assistenziale”.
Anna, che
forse non si chiama così perché prima aveva avuto un'altra vita,
normale ecco, una laurea persino, in lettere, e che ora fa la escort
a Milano, in via Borgonuovo, agganciando uomini facoltosi, per dar
loro l'illusione di una conquista. A suo di biglietti da cento euro.
Meseret
Teseroni, l'uomo delle pulizie di Anna, trasferitosi in Italia
dall'Etiopia e con desiderio di tornarci.
E poi, comprimari
di questa storia, baristi, domestiche ucraine in rapporto diretto con la Madonna di Medjugorie, imprenditori brianzoli, capitani dei
carabinieri e agenti di polizia coi propri fantasmi...
Il meccanismo
del giallo.
Avevamo lasciato
Carlo innamorato della sua Maria, partita per il suo paese a
sistemare la carte, perché qui clandestina: torno aveva detto e
invece no, lasciando il nostro personaggio solo, smarrito, in preda
ai suoi tanti dubbi per quel mestiere, inventore di programmi per la
televisione che gli permette di vivere nell'agio.
Quanto vorrebbe
lasciare quel programma, Crazy Love, e tutti quei personaggi
assurdi che lo frequentano, ma serve un'idea nuova, da dare in pasto
ai signori della televisione, come quel Calleri, patron della
televisione commerciale, che lo invita a cena:
“Quest’uomo, si dice ora Monterossi, è il concentrato di tutto ciò che bisogna odiare: il cinismo, il potere, l’elegante, momentaneo understatement di chi è potente davvero. E al tempo stesso prova una strana attrazione, un fascino, come quando si vede lo squalo bianco che mostra i denti. Solo che Luca Calleri i denti li mostra per sorridere charmant.«Faccia lei, Monterossi, è lei il genio, Flora De Pisis parla di lei come di un portento». Ecco, ci mancava la diva Flora, a tessere le sue lodi, il peggio del nazional-popolare che la storia ricordi, e dire che Carlo mette nel conto anche la fiera della polenta taragna di Zogno e miss maglietta bagnata. Quanto a lui, al portento, si limita a mezze frasi e piccoli contrappunti, il minimo sindacale, si comporta da artista: se quello è tanto scemo da crederci, si dice, agevoliamo l’arrivo dell’ambulanza. Lo salva la bella Cristina che raggiunge alle spalle il suo capo con la leggerezza di un sospiro. Sorride come per scusarsi, mostrando più denti dei master che le ha pagato papà e sussurra: «Il sottosegretario è arrivato, dottore... la aspetta nella sala riservata».”.
È qui che Carlo
incontra Anna, al bar del ristorante: un piacevole
conversazione che si trasforma in un invito a casa, dove ad un certo
punto gli chiede “a te cosa piace fare?”.
Una escort .. Ma
non è serata da escort, da sveltina per Carlo Monterossi (l'Uomo
che si arrende): proprio con lei, un'estranea, Carlo riesce ad
aprirsi, a raccontare i suoi problemi, come la storia di Maria che
gli ha detto «torno» e non è ancora tornata.
«E tu ci avevi creduto?», chiede lei. «No, forse no».
«Questo è un sì». Colpito e affondato.
«Ma perché racconto queste cose a una perfetta estranea?».
«Ma perché sono una perfetta estranea!».
Mentre Carlo torna
a casa, col suo carrarmato, un assassino uccide Anna: una
brutta morte, prima di spararle in fronte l'ha torturata a lungo.
La stessa arma,
poco prima, aveva ucciso un venditore di auto di lusso (che
intravediamo nell'incipit). Freddato anche lui con un colpo alla
testa.
Due morti, la
stessa arma, un solo assassino e Carlo che è l'ultima persona ad
aver visto viva Anna.
In questura, uno
come Monterossi, non è che sia proprio ben visto: Carella,
il sovrintendente che segue i due casi, glielo dice chiaro
«Perché lei mi suona male,
Monterossi, lei è uno che chi fa un’indagine non vorrebbe mai
trovarsi in mezzo alle palle. Lei pensa, questo non va bene.
[lei vuole ]fare giustizia, e questo
è peggio. La giustizia non c’è, Monterossi, se lo vuole mettere
in testa o no?».
Ma Carlo ha un conto in sospeso
con la sorte: quella morte non lo lascia in pace, per un senso di
colpa nell'aver lasciato casa senza aver chiuso la porta, forse
agevolando il compito dell'assassino.
“Solo una cosa Carlo Monterossi vuole per sé, una sola: non sentire più, quando chiude gli occhi, il rumore di quella serratura. Clac”.
Quel clac della porta che si chiude
alle spalle, diventa un suono che si ripete nella sua testa.
Perché per la prima volta Carlo prova
una rabbia che non aveva mai provato prima:
“.. quando risale in macchina e accende il motore, si chiede se la rabbia che prova per la povera Anna non venga anche da lì, dalla rabbia per se stesso, per quello che è diventato. Ancora le parole di Katia Sironi:
«È la tivù, Carlo, non è la vita vera»... ma intanto, la sua, che cazzo di vita vera è? «È la tivù, Carlo, non è la vita vera»... ma intanto, la sua, che cazzo di vita vera è? Senza contare María che «torno» e non torna per niente. Ma poi, mentre guida e sente la sua musica, mentre schiaccia piano l’acceleratore e gira un poco il volante in compagnia del suo Dylan gracchiante e risentito pensa che no, non è così, sarebbe troppo facile. E che anzi, per una volta è proprio il contrario. Che la sua rabbia e il suo odio, quando ci sono stati, riguardavano lui, chi colpiva lui, chi intristiva, o feriva, o derubava lui. Che persino di fronte a un lutto, o a una disgrazia, lui, Carlo Monterossi, dedicava pietà a se stesso più che al resto.Se ti muore il gatto sei tu il poverino, che ti è morto il gatto, e il gatto, in fondo, cazzi suoi. Ma questa volta invece, si dice Carlo, è tutto diverso”.
L'indagine
ufficiale e l'indagine non autorizzata.
“«No, porca
puttana, stavolta non ci infiliamo in una storia così alla cieca con
un assassino in giro che ti spara in testa e tortura la gente.
Stavolta facciamo i bravi e cerchiamo di non combinare casini».
Oscar lo guarda sarcastico.”
Da qui, da questa
rabbia per una morte ingiusta, parte l'indagine parallela a quella
della polizia (che almeno in questo romanzo Robecchi tratta un po'
meglio), condotta dalla solita squadra: Carlo (l’Uomo
Toccato dall’Ira), Oscar Falcone il giornalista
che “sa muoversi su quella linea ombrosa, volatile, che passa
all’incrocio tra la legge e la giustizia, e i trucchi, le
procedure”.
Uno che si sa
“destreggiare tra spacciatori di periferia e affaristi
incravattati del centro, marginali, manager, business, coltelli a
scatto, insomma, la feccia di questa città moderna. La capitale
morale. Ah!”.
La squadra speciale verrà affiancata
da Meseret e dal vice sov. Ghezzi, temporaneamente in
convalescenza dopo un aggressione quando, vestito da frate si è
imbattuto nell'assassino del venditore d'auto e non ha saputo
resistere al “fermi polizia”. Vedi a volte i casi della
vita …
Da dove partire per l'indagine? Dalla
casa di Anna e dalla sua vita, quella vera, non quella degli annunci
sui siti delle escort.
Una pista che parte da quel tesoro di
cui aveva fatto cenno a Carlo, quella sera, e che le avrebbe permesso
di cambiare vita. Se non ci fosse stata una persona che la stava
spaventando ..
Un tesoro che potrebbe cambiare la vita
a molti, un'altra escort amica di Anna, Serena, un'opinione
pubblica da tranquillizzare (perché passi per la escort, ma
l'assassino di un venditore d'auto mica si può lasciare impunito),
una brutta storia di un rapimento, nella ricca e danarosa Brianza, di
soldi di un riscatto che hanno reso ricco qualcuno e che ora un
fantasma dato per morto torna a reclamare.
Un fantasma come Anna, la donna dalle
tante vite, verso cui prova un debito di coscienza Carlo ma anche due
poliziotti, per cui quella morta diventa una questione personale:
«Se troviamo chi ti ha fatto male te ne vai, vero? Ti levi dalle palle, signorina?».
Altri guai, altri rischi, come quello
di essere indagati per intralcio alle indagini (la polizia brancola
nel buio), come quello di prendersi una pallottola. Perché?
«Lei ancora guai, signor Carlo, perché?». «Perché quello che succede non è giusto, Katrina», dice lui. Però sa che lei ha ragione.
Così, anche in
questa storia che è come un blues di rabbia e di vento, sulle note
dell'onnipresente Bob Dylan, andremo, Alessandro Robecchi ci porta a
spasso per Milano col suo consueto stile pieno di ironia, tagliente
contro i luoghi comuni.
La legalità, il
rampantismo di certi manager, l'ipocrisia nel mondo delle escort di
lusso, la pancia dell'elettorato
moderato da tenere a bada con la lotta alla criminalità.
Martedì prossimo, alla Feltrinelli di
piazza Duomo a Milano, ci sarà la presentazione del
libro: buona lettura nel frattempo!
La scheda del libro sul sito di
Sellerio
e il blog
dell'autore Alessandro Robecchi.
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