L'ultimo libro di Aldo Giannuli parla di politica anzi, più precisamente, di assetti istituzionali.
Di come, partendo da Gelli e la sua P2, passando per Berlusconi per arrivare a Gelli, si sia cercato più volte di imporre questo modello.
Il presidenzialismo alla tedesca di Gelli prima e la devolution di Berlusconi.
Fino al modello renziano che accentrava i poteri nell'esecutivo (se consideriamo assieme legge elettorale e la riforma bocciata il 4 dicembre).
Cosa hanno in comune?
La perdita di centralità del Parlamento il che vuol dire, perdita di rappresentanza degli elettori: scrive Giannuli "Per Renzi non si vota per eleggere un parlamento, ma per eleggere un governo di cui il primo non sarà che cassa di risonanza".
Scarso rispetto per il Parlamento e per i partiti, considerati come innutile burocrazia che si frappone tra il leader e il suo popolo.
Un richiudersi nei confronti delle istanze della società civile (i problemi dei precari, dei voucheristi, dei correntisti delle banche popolari..) e infine il «mantra della governabilità».
Una parola magica che è partita dai tempi di Craxi, sentivamo ripetere dai berlusconiani e che è tornata di modo in questi mesi di campagna elettorale.
A cosa serve la "governabilità"?
A fare riforme che non migliorano la vita dei cittadini ma solo di una parte?
A soffocare le voci discordanti in Parlamento e nella maggioranza?
Lettura interessante, il libro di Giannuli "Da Gelli a Renzi (passando per Berlusconi)" (editore Ponte alle Grazie)
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