Da Gelli a Renzi (passando per
Berlusconi): Il piano massonico sulla «rinascita democratica» e la
vera storia della sua realizzazione
Va sgombrato ogni dubbio, prima di
partire con ogni commento sul saggio di Aldo Giannuli: questo non è
un libro sulla storia della Loggia P2, su Licio Gelli e nemmeno sulle
cronache giudiziarie relative ai processi che hanno coinvolto il
“Venerabile” e la sua Loggia.
Aldo Giannuli è molto chiaro,
nell'introduzione al libro: obiettivo è raccontare quale fosse la
visione politica dentro il famoso “Piano di Rinascita Democratica”
(un documento sequestrato dai magistrati nel sottofondo di una borsa
alla figlia di Gelli), dietro la penetrazione nel mondo dei servizi,
dell'esercito (nella prima fase tra gli anni '60 e il 1974). E dietro
la penetrazione nel mondo della finanza, dell'imprenditoria, delle
banche e del giornalismo (nella seconda fase, dopo il 1974).
Che modello istituzionale si prometteva
di attuare in Italia la Loggia P2 e le persone che stavano ai suoi
vertici (e non era solo Gelli, se crediamo al modello di piramide a
base rovesciata, come l'ha descritta la relazione della Commissione
parlamentare governata da Anselmi)?
Infine, cosa è rimasto delle sue idee,
andando ad analizzare i tentativi di riforma della Costituzione che
sono stati proposti (e recentemente bocciati dal referendum
confermativo il 4 dicembre) dai politici della prima (Craxi per
esempio con la sua “grande riforma”) e seconda Repubblica
(Berlusconi e la devolution, Renzi e il DDL Boschi).
Scrive l'autore che “c’è una
cultura politica di fondo che accomuna quell’antico progetto e le
iniziative di revisione costituzionale che si sono succedute sino ai
nostri giorni”: nessuno scoop sulla P2, sui tentativi di Golpe,
sui congiurati dunque.
In questo libro l'autore si concentra
sui punti salienti della riforma “gelliana”, sul modello
di governo che ne usciva fuori, confrontandolo con i modelli proposti
negli anni successivi.
Al centro delle quali troviamo il
passaggio di potere dal Parlamento verso il governo: è questa la
“cultura di fondo” di cui si parlava prima.
Per capire meglio questi concetti,
Giannuli parte proprio dalla contestazione del modello bicamerale,
non una critica nata in questi anni ma che ha radici ben profonde
nella nostra storia: il bicameralismo nasce dall'esigenza di
contrastare il potere del Re e dei senatori (nominati dal Re in
Senato) con una seconda camera di cui facevano parte originariamente
esponenti della borghesia.
Il principio inclusivo, dunque, non
elitario che in Italia è stato plasmato su due Camere con funzioni
diverse ma perfetta parità per quanto riguarda l'iter di
approvazione delle leggi.
A partire dall'inizio del secolo
scorso, prese piede in Italia e in altri paesi l'antiparlamentarismo
– spiega l'autore: una corrente “che richiedeva un governo
forte a capo di un regime militarista, imperialista e autoritario.”
In questo humus ritroviamo la critica
alla corruzione, la critica ad un parlamento di inetti, incapaci,
incapaci di prendere decisioni in fretta. Vi sta venendo un deja vu
perché sono parole che avete già sentito?
Ebbene sono slogan che troviamo non
solo nei fautori del modello presidenziale (il leader carismatico
eletto direttamente dal popolo e che risponde al popolo, senza avere
di mezzo alcun corpo intermedio), ma anche nei documenti di Gelli (il
PRD – Piano di Rinascita Democratica).
Il fascismo, avendo tolto di mezzo
partiti e la necessità di elezioni, era andato anche oltre ..
La storia di Licio Gelli e la
nascita della Loggia P2.
Volontario in Spagna, federale del PNF
di Pistoia e poi, negli anni della guerra partigiana, doppiogiochista
tra i salotini e i partigiani toscani.
Un uomo pragmatico, di azione che deve
le sue fortune forse anche a quel carico d'oro (della banca di Stato
Jugoslava) trafugato sotto gli occhi dei tedeschi.
“Ma allora qual era il Gelli
falso: quello che ostentava la fede fascista o quello che si sarebbe
mosso, perfettamente a suo agio, dietro le quinte dell’Italia
democristiana?”
Dopo un breve periodo da imprenditore
nel settore dell'abbigliamento, e direttore della Permaflex, Gelli
comincia ad avvicinarsi alla politica, alla DC e infine alla
massoneria: “L’iniziazione massonica di Gelli avvenne quasi
contemporaneamente ai primi rapporti con Andreotti, nel 1963”.
Ascesa e caduta della Loggia P2
Il prestigio di Licio Gelli
crebbe in quegli anni portando avanti delle operazioni a livello
internazionale: il ritorno di Peron in Argentina («operazione
Gianoglio»), fino all’Organizzazione Mondiale del Pensiero e
dell’Assistenza Massonica, l'OMPAM, che non riuscì però ad
ottenere il riconoscimento da parte dell'ONU.
La Loggia P2 ebbe un ruolo importante
nel sequestro Moro, nei depistaggi della strage di Bologna e in altri episodi della strategia della tensione.
La P2, attraverso i soldi di Calvi e
dello Ior (dunque della mafia) entrò dentro la Rizzoli, il nuovo
proprietario del Corriere della Sera e di RCS: dell'influenza della
P2 nell'informazione del Corriere ne ha parlato Raffaele Fiengo nel
suo libro “Il cuore del potere”: notizie scomode che
sparivano (la situazione in Argentina), interviste senza domande come
quella Craxi, gli articoli senza firma tendendi a portare avanti
l'idea che governo e partiti erano incapaci a gestire i problemi del
paese, che andava allo sfascio.
I militari e i generali che venivano
presentati come nuovi manager.
Tutto questo si arresta nella primavera
del 1981, con la perquisizione di Villa Wanda ad Arezzo da parte dei
magistrati di Turone e Colombo, la scoperta della lista (forse
incompleta) dei piduisti, comprendente politici, generali,
giornalisti, banchieri (la serie B del gotha della finanza).
Ministri del governo Forlani, che si
deve dimettere e, dopo altri mesi, decide di rendere pubblica la
lista degli iscritti.
Il 4 luglio 1981, all'aeroporto di
Fiumicino, la figlia di Gellli Maria Grazia, verrà perquisita e nel
sottofondo della sua valigia verranno scoperti molti documenti
“Tra i più importanti, figurava il Piano di Rinascita Democratica e il «Field Manual 30-31», a firma del generale William Westmoreland, che conteneva dichiarazioni assai compromettenti sulle ingerenze americane nei Paesi alleati, anche se è opportuno precisare che gli Stati Uniti disconosceranno sempre quel documento”.
Ma i due documenti
più importanti, che raccontano del pensiero politico di Gelli, sono
il Piano di Rinascita Democratica e lo Schema R.
Cosa è stata la
P2
La domanda che spesso ci si pone sulla
P2 è cosa sia stata veramente: un gruppo di golpisti intenti a
sovvertire l'ordine democratico, oppure solo un gruppo elitario che
intendeva conquistare il potere per un discorso economico?
I giudici hanno sposato la seconda
tesi, togliendo di mezzo ogni aspetto legato all'eversione mentre la
storiografia si è concentrata sui tentativi di golpe, sui
collegamenti con l'estrema destra, coi servizi deviati, con le stragi
(Gelli fu condannato per la vicenda del depistaggio sulla strage di
Bologna).
L'aspetto politico è stato poco curato
fino ad oggi: Giannuli è andato ad analizzare le adesioni e
le infiltrazioni della Loggia nella prima fase, fino al 1974 e poi
nella seconda fase, col passaggio dal blocco militare a quello
economico, politico e finanziario.
Tutto questo ci
dice come fosse mutata, dopo l'anno della svolta (il 1974 è l'anno
di Nixon, per esempio) la strategia della Loggia: dai
golpe violenti, alla conquista dei pezzi del potere tramite
l'infiltrazione, visto che la la strategia della tensione in Italia
era fallita, anzi aveva rafforzato (diversamente dagli altri paesi
europei) i movimenti di contestazione.
E qui veniamo al
punto centrale della domanda su cosa sia stata la P2: una camera di
compensazione di “poteri forti” che in essa potevano incontrarsi,
per cercare di mediare quei conflitti dentro la società, dentro la
finanza, dentro la politica.
Tra la fine degli anni '60 e i primi anni '70 a causa della crisi
economica, il paese è attraversato da scioperi, rivendicazioni
sindacali: di fronte a questa situazione, la tesi della loggia P2 era
chiara, serviva un governo forte, in mano ad un gruppo elitario di
persone, selezionate in base ad una comune visione politica (il
modello presidenziale, l'avversione per i riti parlamentari, per i
vincoli della Costituzione, per le sinistre e i sindacati), da
finanziare coi soldi della Loggia affinché potessero scalare i
propri partiti per diventarne leader e condizionarne le scelte.
Il piano di Rinascita Democratica e
il Documento R
Per
curare i problemi dell'Italia, la soluzione della P2 era la seguente:
“i mali dell’Italia dipendevano da un sistema che determina un governo debole; da qui la necessità della cura, ovvero una riforma istituzionale”.
Una gestione autoritaria, dunque, della
crisi sociale e politica: anziché maggiore partecipazione nella
gestione politica, si dava la colpa al «sovraccarico
del sistema decisionale»,
ovvero le discussioni per le leggi nelle commissioni e in aula, il
confronto tra maggioranza e opposizione, la mediazione dei conflitti.
Basta
con tutto questo: occorreva “blindare
il potere decisionale, soprattutto per quanto riguardava il governo”.
Il cuore di questa riforma sta dentro
due documenti recuperati, o fatti recuperare, come lo
Schema «R» (dove R sta forse per Rinascita) e il Piano di Rinascita
Democratica della P2. Il primo un piano preparatorio per la grande
riforma costituzionale, il secondo un vero e proprio manifesto
politico.
Oltre a questi due, tra i documenti
sequestrati fu trovata anche una copia del Field manual 30-31, che
forse aveva anche l'obiettivo di lanciare un messaggio agli americani
(il gruppo più oltranzista della destra repubblicana, pezzi
dell'Ambasciata e della Cia).
Scrive l'autore:
“l’azione della P2 avrà tre direttrici principali: la conquista dall’interno dei partiti politici, la conquista della proprietà dei giornali, la conquista di posizioni chiave nella finanza”.
Per quanto
riguarda gli uomini nei partiti, “la P2 individuava in Bettino
Craxi l’esponente più adatto a traghettare il partito verso la
sponda desiderata.”
Sui giornali,
abbiamo già detto dell'assalto ad RCS e al Corriere. Per la Rai, la
P2 proponeva la fine del monopolio informativo con la creazione di un
sistema di televisioni private (come quelle dell'amico Berlusconi,
che già collaborava col Corriere).
Per quanto
riguarda la finanza, la P2 si proponeva l'assalto al polo cattolico
che fino a quel momento comandava nei piani alti della finanza, la
conquista della Montedison.
In sostanza, si
trattava di rivedere l’ordinamento dei poteri dello Stato, la fine
dei partiti di massa da sarebbero stati sostituire con club
«rotariani» (un qualcosa che ricorda da vicino i club di Forza
Italia), la centralità dell’esecutivo e netto ridimensionamento
del parlamento, l'abrogazione del sistema proporzionale, il
controllo politico dei mass media e disarticolazione della RAI.
E, ancora, la
repressione dei movimenti sociali con l'estensione del divieto di
ogni sciopero a più vaste categorie lavorative, la fine del
bicameralismo, con l'introduzione di un Senato regionale.
Per quanto
riguarda la magistratura, la subordinazione della magistratura al
potere esecutivo con l'introduzione della responsabilità civile (per
colpa) dei magistrati; il divieto di nomina sulla stampa dei
magistrati e la responsabilità da parte del ministro dell'azione
della magistratura di fronte al Parlamento.
Non
un vero e proprio colpo di Stato, dunque: ma la
“decomposizione dei principi e della struttura della democrazia
parlamentare, creando i presupporti per un progressivo, ma
inesorabile, processo di decostituzionalizzazione”.
Quella “cultura di fondo” da
Gelli a Berlusconi e Renzi.
Da Craxi, fino a
Berlusconi, passando anche per pezzi della sinistra , fino ad
arrivare all'ultima riforma del governo Renzi, una parte dello
spirito della contro riforma gelliana è rimasto nella nostra
politica.
Dal «mantra della
governabilità» di Craxi, all'ossessione per il comunismo di
Berlusconi (che però non considerava tale l'amico Putin, ex Kgb).
Con molti
distinguo, parte della politica di Berlusconi (“il frutto più
maturo dell’albero della P2”) prende molti temi del PRD:
l'attacco alla magistratura e ai sindacati.
La perdita di
distinzione tra pubblico e privato, tra politica e finanza.
Anche l'elettorato
di Forza Italia (costruito ed allevato coi programmi delle sue TV) e
quello immaginato da Gelli avevano molti punti in comune:
“Gelli immaginava un popolo esattamente così: violentemente anticlassista, assolutamente refrattario alle questioni di ordine ideologico [..] sottomesso a un’oligarchia politico-finanziaria che ne cavalcasse gli umori populisti”.
Il passaggio al
Maggioritario (cui hanno contribuito l'impegno dei radicali e
della sinistra) ha facilitato il discioglimento dei partiti di massa
e la crisi della rappresentatività politica.
Ci sono poi gli
anni più recenti, con gli scandali P3 e P4, della politica dentro le
stanze buie, dei quartierini e dei comitati.
La politica debole
e opaca, che ha bisogno di persone come Bisignani per essere
consigliata su nomine e altre scelte: «manager del potere
nascosto» lo definisce Giannuli in una formula secondo me
azzeccata.
La vera forza di
Bisignani – spiega l'autore - “stava nella sua grande capacità
di tessere relazioni e nel capitale di informazioni che ne derivava”.
Infine
l'ex Presidente del Consiglio Renzi:
ci sono differenze e similitudini nel suo approccio politico di Gelli
e della P2. Tanto Gelli era un personaggio schivo, da burattinaio
occulto, quanto Renzi è un leader carismatico che ama comunicare coi
suoi elettori, col suo popolo, senza mediazioni di mezzo (vedi
il rapporto sui social col “#Matteorisponde”).
Scomparso
l'anticomunismo, ad accomunare i due personaggi sono i rapporti col
mondo bancario (e in particolare con la Banca Etruria, un
istituto che viene spesso citato in questo saggio).
I rapporti con
l'intelligence (il pallino della cyber-security per l'amico
Carrai), per le nomine ai vertici della Guardia di Finanza, il
favore dei poteri forti di finanza e Confindustria (sfociati nel
pieno appoggio alla sua riforma).
Gli attacchi ai
sindacati (quelli che stanno ancora ai tempi dei telefoni a gettoni),
dei corpi intermedi, sia in parlamento che nel suo partito, dove
scomparsa ogni visione politico ideale, rimane solo la parola del
“capo”.
Giannuli dedica ampio spazio ad
analizzare la riforma Boschi, bocciata dal referendum del 4 dicembre
con un 60% di no: anche qui, analizzando il modello che stava dietro
questa riforma, si scorgono altre similitudini col modello della P2.
La centralità del governo rispetto al
Parlamento che, grazie anche alla legge elettorale, garantiva al PDC
il controllo della Camera (l'unica a votare la fiducia), del CSM e
della nomina del Presidente della Repubblica (per non andando a
toccare direttamente i suoi poteri, diversamente dalla devolution di
Berlusconi).
La compressione della scelta degli
elettori, con la soppressione delle preferenze (i capilista sono
bloccati).
La riforma pasticciata del Senato, che
avrebbe portato ad altre contestazioni tra le Regioni e lo Stato
centrale di fronte alla Consulta.
“Per Renzi non si vota per
eleggere un parlamento, ma per eleggere un governo di cui il primo
non sarà che cassa di risonanza”: un
governo che ha tutti i poteri per governare in modo stabile. I
ministri e gli esponenti renziani della maggioranza l'hanno ripetuto
tante volte questa frase.
Governo forte, ma
forte per chi?
Per il governo del
paese, per la risoluzione dei suoi problemi, dei conflitti sociali
che ora rischiano di scoppiare con effetti disastrosi (il terrorismo
islamico, l'arrivo dei migranti e la loro gestione sul territorio, la
crisi occupazionale, la crisi del settore bancario ...).
E, poi, forte nei
confronti di chi?
Non era una riforma che portava ad un
regime, ma si andavano a porre le basi (con questa riforma votata a
forza, da una parte del Parlamento) affinché in un futuro, un'altra
maggioranza, meno democratica potesse andare avanti per attuarlo
veramente un regime.
“Quel che conta è che il segretario del PD dica le stesse cose che diceva Gelli quarant’anni fa”.
I capitoli del libro
Introduzione: la P2 tra letteratura e ,
cronaca giudiziaria e storia
L'uomo e la Loggia
Il pensiero politico di Gelli e il
Piano di Rinascita Democratica
Il lungo intermezzo tra Gelli e Renzi
Il pensiero politico di Renzi
Appendice: il Piano di Rinascita
Democratica
Qui altri articoli pubblicati sul blog
di Giannuli
L'anticipazione del libro uscita sul
Fatto
Quotidiano
La scheda del libro sul blog di
Giannuli e
sul sito dell'editore Ponte
alle Grazie
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