La Caserma è quel labirinto di palazzi stanchi, luridi, invecchiati male, scrostati, che circonda piazza Selinunte, zona San Siro, avamposto della marmaglia urbana, caldo d’estate, freddo d’inverno, scale che sanno di broccoli e di curry, quando va bene.
Da Milano post |
Nell'ultimo romanzo di Alessandro Robecchi si intrecciano più storie: ci sono quegli assassini, su due persone che non avevano niente in comune se non quel sasso lasciato dall'assassino sul petto, da morte.
C'è la tv del dolore, che si imbeve su questi drammi, sulla cronaca nera, attizzando l'odio delle persone verso un nemico esterno.
C'è anche la Milano delle case occupate e delle dell'Aler chiuse perché da ristrutturare ma non ci sono i soldi.
La Milano del racket dell'occupazione, gestito dai calabresi nella Caserma, ovvero i casermoni in piazza Selinunte, zona San Siro: una Milano che non è Expo, non è il Duomo, non è nemmeno la Milano da bere.
Nella Casbah a governare ci sono i ragazzi del collettivo, quelli che prendono le manganellate dalla polizia durante gli sgomberi.
C'è una banda di nordafricani, che si occupa di spaccio.
E non solo ..
E lo Stato? E la giustizia (per il diritto alla casa, contro lo spaccio delle droghe)?
«Ti hanno cercato i calabresi». «Quale?». «Quello basso». Quindi questioni di case, pensa Francesco. I calabresi si occupano di tanti traffici, lì dentro, ma il business principale è quello degli alloggi.Sanno quali sono vuoti e quali si possono liberare con piccole innocue minacce. Buttano giù porte e procurano chiavistelil nuovi.Per cinquemila euro puoi avere la tua casa popolare, un prezzo onesto se pensi che spesso è gente che ne ha spesi altrettanti per attraversare il mare su un canotto del cazzo.Scampati ai negrieri, arrivano qui e trovano due fratelli che sembrano usciti dritti dal neorealismo, che li rapinano per la casa. Ma almeno dormono in un letto, per la prima volta dopo chissà quanto tempo.Francesco non è mai riuscito a tracciare un confine certo tra ingiustizie della vita e gente che ne approfitta. Tra racket degli alloggi e gente con un bambino in braccio che ti dice «non so dove dormire».E comunque, no, i calabresi non sono befattori, questo lo sa.«Hanno i loro cazzi, adesso» dice Chiara.E' una cosa che lo lascia sempre di sasso: pare che lei sappia cosa sta pensando [..]
Ma sì, sa cosa vuol dire Chiara. Adesso c’è un’altra banda, nordafricani, non si sa di dove, esattamente. Hanno cominciato piazzando due famiglie alla scala F, ora chiedono altri posti per amici loro. Mafuz, che è l’altro potentato dei palazzi, ha deciso di abbozzare, non interverrà perché non vuole casini, i calabresi non hanno più il monopolio, ma questo pare turbare solo i calabresi. Giustamente.«E che voleva?»«Parlare. Faranno un incontro, Mafuz, loro due della Calabria Saudita e questi qui nuovi, che pare siano cattivi un bel po'. Vorrebbe che qualcuno del collettivo fosse presente, credo così .. per avere testimoni del patto».Francesco Girardi sorride, si asciuga con un vecchio telo da mare, mette un paio di pantaloni corti e una magietta della Mano Negra, antiquariato puro.«Cioè, adesso il collettivo per il diritto alla casa diventa una specie di sensale per gli accordi mafiosi?», dice. Lei alza le spalle:«Ma sì, lo sai... Dice che può venire fuori qualcosa per noi, che Mafuz vuole solo che non ci sia casin, così i suoi ragazzi possono vendere la loro merda senza problemi, ma vogliono un accordo preciso .. hanno paura che quelli nuovi si allarghino... e noi abbiamo Giovanna e Illa da piazzare, lo sai, no?». Politica, pensa Francesco.Trattative, accordi, compromessi, dare, avere, buoni rapporti con i cattivi... Ma lì dentro i buoni dove sono? Ah già, saremmo noi, pensa Francesco, che ridere.E Giovanna e Illa, poi, una storia assurda. Perché le due - Giovanna istruttrice di kick boxing e Illa maestra eklementare - avevano occupato alla vecchia maniera. cioè avvertendo i vicini, scegilendo un alloggio sfitto - dichiararto inagibile per muffa e infiltrazioni d'acqua -, entrando, mettendo un po' a posto, ed eccole nel nuovo club degli abusivi regolari. Insieme al Collettivo avevano fatto i volantini con le foto delle pareti imbiancate di fresco e le scritte «Gli abusivi ristrutturano, l'Aler no», e anche: «La casa è di chi ci vive! Sanatoria subito!».Non avevano scelto il silenzio prudente degli occupanti, la diffidenza, la clandestinità nelle pieghe delle graduatorie e controlli.No, avevano rivendicato l'atto politico di prendersi una casa vuota.Insomma, cacciarle con l'ufficiale giudiziario e la polizia sarebbe stato difficile [..]Ma poi erano andate via qualche giorno, a Berlino o non si sa dove, e quando erano tornate avevano trovato un casa una famiglia di tunisini, lui, lei e tre ragazzini, tutti in quaranta metri quadri, quarto piano senza ascensore e la muffa che tornava fuori come nei film dell'orrore.Mica si poteva cacciare una famigila, certo, anche il collettivo l'aveva escluso, ma loro due?Due che occupano una casa cosa fanno se qualcuno gli occupa la casa? Chiaro che non possono andare alla polizia. Ora vivono dal padre di Illa, a Corsico, ma passano spesso di lì e sono presenti a tutte le riunioni del collettivo, come un amonimento fisso: e noi? Noi non abbiamo diritto alla casa?
Qualcuno ne aveva riso, sì. Ma non c'era niente da ridere. Per Francesco quella guerra sorda e continua tra disperati, quella lotta senza esclusione di colpi, quella furbizia al posto dell’intelligenza, è un elastico che si sta tendendo troppo. Da anni, pensa. Da sempre.
Torto Marcio, Alessandro Robecchi Sellerio
Altri estratti dal libro: La tv che si imbeve di cronaca nera- da Torto Marcio
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