C'è una storia interessante, sulla
genesi del muro tra Stati Uniti e Messico e la racconta oggi IlManifesto: già oggi un muro esiste tra i due paesi, una serie di
strutture che servono a scoraggiare l'ingresso di immigrati verso gli
Stati Uniti.
Se Trump potrà completare il muro,
come ha promesso in campagna elettorale, senza passare dal vaglio del
Congresso è anche grazie ad una legge del 2006, governo Bush jr, il
Secure defence act, votata anche da molti democratici, tra cui il
senatore Obama e la senatrice Clinton.
La porta di Sunland Park del muro tra Messico e Usa nei pressi di Ciudad Juárez
© LaPresse
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E, lo racconta sempre l'articolo, la
prima idea del muro nacque nel lontano 1994, amministrazione Clinton
(il marito), poco dopo la firma sull'accordo NAFTA, con cui Canada e
Stati Uniti inondarono il Messico di prodotti a basso costo che
uscivano da aziende che prendevano sussidi statali.
È stato infatti il presidente democratico Bill Clinton a iniziarne la costruzione nel 1994. Nel momento in cui entra in vigore il Nafta, l’Accordo di «libero» commercio nord-americano tra Stati uniti, Canada e Messico. Accordo che apre le porte alla libera circolazione di capitali e capitalisti, ma sbarra l’ingresso di lavoratori messicani negli Stati uniti e in Canada.
Il Nafta ha un effetto dirompente in Messico: il suo mercato viene inondato da prodotti agricoli statunitensi e canadesi a basso prezzo (grazie alle sovvenzioni statali), provocando il crollo della produzione agricola con devastanti effetti sociali per la popolazione rurale.
Si crea in tal modo un bacino di manodopera a basso prezzo, che viene reclutata nelle maquiladoras: migliaia di stabilimenti industriali lungo la linea di confine in territorio messicano, posseduti o controllati per lo più da società statunitensi che, grazie al regime di esenzione fiscale, vi esportano semilavorati o componenti da assemblare, reimportando negli Stati uniti i prodotti finiti da cui ricavano profitti molto più alti grazie al costo molto più basso della manodopera messicana e ad altre agevolazioni.
Nelle maquiladoras lavorano soprattutto ragazze e giovani donne. I turni sono massacranti, il nocivo altissimo, i salari molto bassi, i diritti sindacali praticamente inesistenti. La diffusa povertà, il traffico di droga, la prostituzione, la dilagante criminalità rendono estremamente degradata la vita in queste zone. Basti ricordare Ciudad Juárez, alla frontiera con il Texas, tristemente famosa per gli innumerevoli omicidi di giovani donne, per lo più operaie delle maquiladoras.
Questa è la realtà al di là del muro: quello iniziato dal democratico Clinton, proseguito dal repubblicano Bush, rafforzato dal democratico Obama, lo stesso che il repubblicano Trump vuole completare su tutti i 3000 km di confine. Ciò spiega perché tanti messicani rischiano la vita (sono migliaia i morti) per entrare negli Stati uniti, dove possono guadagnare di più, lavorando al nero a beneficio di altri sfruttatori.
Storia interessante, quella del muro.
Che racconta della scarsa memoria delle
persone e di come queste siano poi facilmente manipolabili da chi
racconta loro “notizie alternative”.
L'ignoranza è forza – era uno degli
slogan del regime in cui Orwell ambienta il suo romanzo distopico,
1984, che sta conoscendo una seconda giovinezza, non a caso.
Il muro di Trump dunque ha radici
solide che vanno ben indietro nel tempo, e la sia genesi magari
spiega anche il perché la sua rivale alle presidenziali ha perso
voti nel suo elettorato democratico.
Nello stesso filone di notizie
“alternative” potremmo metterci quelli che nella giornata
della memoria hanno messo assieme nazismo (e non il fascismo) e il
terrorismo islamico.
I nazionalisti all'italiana che da una
parte inneggiano a Putin, che almeno fa gli interessi della Russia,
ma poi criticano la giornata contro le vittime della Shoa “e i
Gulag di Stalin? E le vittime del comunismo?”.
Fake news o alternative news: ovvero
notizie non del tutto vere, che raccontano solo un pezzo della
verità. La “messa messa”, dei romanzi di Camilleri.
O, anche, notizie inventate che però
suonano verosimili.
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