Da un certo punto in là non c'è più ritorno. E' questo il punto da raggiungereF. KAFKA
Ouverture
La macchina fa il suo rombo continuo e tranquillo, il buio le sfreccia intorno, l’autostrada è quasi sgombra, i camion scorrono via come i grani di un rosario, come i piattini di sushi sui nastri trasportatori al bancone. Autotreni quanti ne vuoi, all you can eat. È notte tardi, o mattina prestissimo.
Carlo Monterossi guida tranquillo, rilassato, il vecchio è seduto accanto a lui, elegante, perfetto, sono in viaggio da quasi quattro ore e non si è allentato la cravatta né tolto la giacca, né lamentato di nulla. Oscar sta sui sedili dietro, mezzo sdraiato, forse sonnecchia un po', ora lo svegliano le curve dell'Appennino, pensa Carlo.Hanno passato Firenze e tobogano giù verso Bologna e la pianura, poi è un filo dritto fino a Milano e sono arrivati.
Ma certe storie vanno raccontate dall'inizio, e l'inizio è questo.
Non si dà follia maggiore/dell'amare un solo oggetto
– così canta Fiorilla ne “Il turco in Italia”, un'opera
musicata da Rossini.
E un
pizzico di follia è presente in questo ultimo romanzo di Alessandro
Robecchi, tra Milano e la Svizzera, che definire giallo è poco.
Perché
sì, c'è un delitto e c'è la coppia di segugi della polizia,
Carella e Ghezzi,
due «due cani da polpaccio» che si compensano a vicenda coi loro
caratteri e coi loro modi diversi di vedere i casi che devono
risolvere.
C'è
un delitto – una signora non più giovane, uccisa forse dopo uno
scippo, sotto casa, in via Torelli Villier, zona Zara, a metà tra la
Milano ancora borghese delle ville e la Milano dei palazzoni coi bar
cinesi, le slot machine che succhiano soldi alle persone in cerca del
colpo di fortuna. Si chiamava Giulia
Zerbi.
C'è
un delitto ma c'è anche un melodramma, che ci fa compiere un viaggio
indietro nel tempo, accompagnati dalla musica di Rossini e del
maestro Pergolesi.
Una
giovane promessa del canto Sonia
Zerbi, figlia della
vittima del delitto di cui sopra, che viene aiutata nello studio, in
vista di un'importante gara canora internazionale, da un vecchio
mecenate che, tanti anni prima, venticinque per l'esattezza, era
stato molto amico della madre.
E cosa c'entrano in
questo melodramma il nostro Carlo Monterossi e il suo amico detective
Oscar Falcone?
Sono loro che
vengono incaricati dal figlio del finanziare Umberto Serrani,
di andare a recuperare il padre. Non una preoccupazione di natura
filiale, per la salute del padre.
Così, sono le
prime righe del libro, troviamo Carlo e Oscar in auto ritornare da
Napoli, dove Umberto, che nella vita fa di mestiere quello che fa
sparire i soldi, nasconderli nei paradisi fiscali, si era rifugiato.
Per “coltivare
le mie ossessioni in santa pace” - così si giustifica ai due
estranei, Carlo e Oscar, quandoo lo sorprendono in una camera
d'albergo a farsi leggere Zolà da una bella ragazza.
Arrivato alle
settanta primavere, è arrivato il momento di pensare alle occasioni
mancate, alle storie che si è perso alle spalle e che non torneranno
più, perché sono poche le “settimane” che gli rimangono
davanti.
A turbare
ulteriormente Umberto arriva la notizia della morte di Giulia Zerbi:
erano qualcosa di più che due amanti, non era solo un'affinità
fisica o intellettuale
Diversissimi. Lei intellettuale ironica, i corsi di sceneggiatura in Francia, l'insegnamento, le traduzioni. Madame engagée, la chiamava lui per prenderla in giro. Lui chirurgicamente razionale, veloce nelle risposte, misterioso perché non poteva dirle che di mestiere nascondeva i soldi dei ricchi. Ma avrebbe anche potuto dirglielo, non era su quello che potevano incontrarsi o scontrarsi.C'era invece un'intesa tra menti libere, va bene, ma soprattutto c'era una corrente costante tra loro, un cavo scoperto dell'alta tensione, un'attrazione fisica che poteva degenerare in dipendenza, ma non come si può pensare, no. Era una ricerca reciproca dei limiti e dell'osare, del dedicarsi, era il piacere di concedere tutto, di annullare ogni difesa e ogni pudore.
La loro relazione,
fatta di incontri, di sguardi, di parole, di carezze, si era
interrotta 25 anni prima, quando Umberto, coinvolto in un affare con
la ex Russia comunista che si apriva al capitalismo degli oligarchi,
aveva pensato di proteggere Giulia non vedendola più. Ma non aveva
smesso di pensare a lei, ogni giorno, conservandone il ricordo in un
cassetto segreto:
Così accanto allo scrigno Giulia ne aveva messo un altro, e conteneva il miserabile se stesso che non era stato capace di averla per sempre, anche quello chiuso a chiave, anche quello da non aprire mai. Il loro equilibrio era un filo sottile, mentre per quella voglia, per quella passione, avrebbero avuto bisogno di un cavo d'acciaio..
Per questo, da una
parte decide di aiutare la figlia, Sonia, a diventare una cantante di
opera lirica, invitandola a corte, si potrebbe dire: pagando gli
studi con un celebre maestro di musica, una suite all'Hotel Diana, un
sostegno economico in vista del premio a Basilea, che avrebbe potuto
aprile le porte.
C'è un po' di
Cenerentola, forse in questa parte della storia, in cui Carlo viene
coinvolto come osservatore, del passaggio della promessa del canto
Sonia, al dorato (ma anche impegnativo) mondo della lirica.
Ma, alternata al
racconto di questo melodramma, c'è il dramma reale: perché Giulia è
stata uccisa, dopo essere stata percossa da un signore che l'ha pure
picchiata al volto con un frustino.
Ad indagare sulla
discreta vita di Giulia, si ritrovano sia Ghezzi e Carella che Carlo
e Oscar, perché ora Umberto, il vecchio, vuole sapere tutto di quei
venticinque anni.
C'è qualcosa che
non torna nel delitto, nel modo in cui è stato compiuto e per le
azioni che successivamente i due autori (frustino e le zoppo), hanno
fatto
«Non ha senso, non ha alcun senso, è tutto sbagliato».«Hai ragione, Ghezzi, anche come messinscena è fatta male davvero».
Seguendo piste
diverse, la coppia di investigatori, arriva a scoprire una prima
verità: Giulia aveva dei problemi economici, per delle spese
straordinarie, che l'avevano costretta a ricorrere ad uno strozzino.
Il vecchio non ha familiarità con quei sacrifici, i soldi non sono mai stati un problema per lui, prendeva il dieci per cento di quello che riusciva a nascondere per gli altri, ed era tantissimo.Quindi non può davvero sapere il bruciore di fare dei passi indietro sulla scala sociale, avere delle cose, anche piccole, anche minime, l'abbonamento a teatro, la pazzia di regalarsi un viaggio, e poi non averle più.La famosa borghesia che manda avanti il paese, che non è quella a cui lui salava il culo con le finanziarie a Panama, ma padri e madri di famiglia in guerra quotidiana con il bilancio. Il ceto medio, parlandone da vivo.
È una sorpresa che
brucia, quella scoperta: scoprire quanto sia duro, per chi viene da
un certo mondo, borghese, decoroso, abituato a godersi piccole gioie
e le sue passioni (teatro, cinema, una vacanza ogni tanto), dover
affrontare i problemi della crisi, di un prestito che non ti viene
concesso dalla banca (le banche che poi prestano soldi a finanzieri
senza scrupoli, a capitalisti senza capitale, come ci hanno
raccontato le cronache).
I due racconti
procedono in parallelo per diversi capitoli: Robecchi è bravo a
tener viva la tensione dell'indagine da una parte, con i due agenti
di polizia che scendono nei bassifondi di Milano, prendendosi tanta
acqua, come non ne era mai scesa a novembre. Piccoli sfruttatori,
criminali con poco cervello e tanta crudeltà, centri massaggi che
nascondono dei veri e propri bordelli, avidi usurai e volonterosi
carnefici che consegnano loro le prede. Poliziotti onesti che
prendono tutta l'acqua di questo mondo e poliziotti sporchi che fanno
concorrenza sleale alla criminalità ...
Ma c'è anche
l'altro racconto, che è un vero e proprio viaggio nella musica:
Cenerentola è finalmente diventata regina, una regina che conquista
la folla e i giurati al concorso di Basilea
La vendetta dell'inferno ribolle nel mio cuore[Dall'assolo della Regina della notte, secondo atto del flauto magico]
Ecco, a una che hanno ammazzato la madre forse non dovrebbe cantare roba così, ma Carlo capisce che si sbaglia. Sonia ci sta mettendo dentro tutta la rabbia che ha, la tensione di quei giorni bollenti e gelati.
Un trionfo, sancito
dall'applauso finale, dopo aver chiuso la sua esibizione proprio con
Rossini
Il Turco in Italia – Rossini FIORILLANon si dà follia maggioredell'amare un solo oggetto:noia arreca, e non dilettoil piacere d'ogni dì.Sempre un sol fior non amanol'ape, l'auretta, il rio;di genio e cor volubileamar così vogl'io,voglio cangiar così
Ma al finire del
melodramma, le due storie ambientate in due mondi distinti e
separati, si ritrovano fatalmente a doversi riunire.
Perché mentre
Carlo faceva l'accompagnatore e lo spettatore dell'opera messa in
atto da Serrani, Ghezzi con Carella e con l'aiuto di un'altra
poliziotta tenace, sono riusciti ad arrivare ai responsabili del
delitto.
Al vero
responsabile, intendo.
Perché Ghezzi è
così, uno che pensa che per risolvere i casi “serve proprio la
compassione, capire, scavare, mettersi nei loro panni”, delle
vittime. Ghezzi che non molla mai, nemmeno a Capodanno in vacanza. E
Carella è altrettanto ostinato, nella sua tensione verso la
giustizia.
Melodramma e
dramma, la morte della traduttrice Giulia Zerbi, troveranno una degna
conclusione, con un colpo di scena, degno della migliore opera
teatrale.
Come questa, del
sempre più bravo Alessandro Robecchi, in cui troviamo tutto il suo
materiale umano, e la sua Milano dalle mille facce nella sua crudele
realtà, qui sotto una pioggia che serviva per dare quel mood in più
(sue parole alla presentazione).
Un racconto che
inizia con un viaggio e termina con un viaggio.
Un racconto che
farà pensare, ai rimpianti, alle cose che non torneranno più. Alle
cose che ci perdiamo senza rendercene conto ..
Una follia
“maggiore” anche questa.
Altri post sul libro:
La scheda del libro sul sito
dell'editore Sellerio
Il blog
dell'autore
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