20 gennaio 2018

Follia maggiore di Alessandro Robecchi



Da un certo punto in là non c'è più ritorno. E' questo il punto da raggiungereF. KAFKA

Ouverture
La macchina fa il suo rombo continuo e tranquillo, il buio le sfreccia intorno, l’autostrada è quasi sgombra, i camion scorrono via come i grani di un rosario, come i piattini di sushi sui nastri trasportatori al bancone. Autotreni quanti ne vuoi, all you can eat. È notte tardi, o mattina prestissimo.
Carlo Monterossi guida tranquillo, rilassato, il vecchio è seduto accanto a lui, elegante, perfetto, sono in viaggio da quasi quattro ore e non si è allentato la cravatta né tolto la giacca, né lamentato di nulla. Oscar sta sui sedili dietro, mezzo sdraiato, forse sonnecchia un po', ora lo svegliano le curve dell'Appennino, pensa Carlo.Hanno passato Firenze e tobogano giù verso Bologna e la pianura, poi è un filo dritto fino a Milano e sono arrivati.

Ma certe storie vanno raccontate dall'inizio, e l'inizio è questo.

Non si dà follia maggiore/dell'amare un solo oggetto – così canta Fiorilla ne “Il turco in Italia”, un'opera musicata da Rossini.
E un pizzico di follia è presente in questo ultimo romanzo di Alessandro Robecchi, tra Milano e la Svizzera, che definire giallo è poco.
Perché sì, c'è un delitto e c'è la coppia di segugi della polizia, Carella e Ghezzi, due «due cani da polpaccio» che si compensano a vicenda coi loro caratteri e coi loro modi diversi di vedere i casi che devono risolvere.
C'è un delitto – una signora non più giovane, uccisa forse dopo uno scippo, sotto casa, in via Torelli Villier, zona Zara, a metà tra la Milano ancora borghese delle ville e la Milano dei palazzoni coi bar cinesi, le slot machine che succhiano soldi alle persone in cerca del colpo di fortuna. Si chiamava Giulia Zerbi.

C'è un delitto ma c'è anche un melodramma, che ci fa compiere un viaggio indietro nel tempo, accompagnati dalla musica di Rossini e del maestro Pergolesi.
Una giovane promessa del canto Sonia Zerbi, figlia della vittima del delitto di cui sopra, che viene aiutata nello studio, in vista di un'importante gara canora internazionale, da un vecchio mecenate che, tanti anni prima, venticinque per l'esattezza, era stato molto amico della madre.
E cosa c'entrano in questo melodramma il nostro Carlo Monterossi e il suo amico detective Oscar Falcone?
Sono loro che vengono incaricati dal figlio del finanziare Umberto Serrani, di andare a recuperare il padre. Non una preoccupazione di natura filiale, per la salute del padre.
Così, sono le prime righe del libro, troviamo Carlo e Oscar in auto ritornare da Napoli, dove Umberto, che nella vita fa di mestiere quello che fa sparire i soldi, nasconderli nei paradisi fiscali, si era rifugiato.
Per “coltivare le mie ossessioni in santa pace” - così si giustifica ai due estranei, Carlo e Oscar, quandoo lo sorprendono in una camera d'albergo a farsi leggere Zolà da una bella ragazza.
Arrivato alle settanta primavere, è arrivato il momento di pensare alle occasioni mancate, alle storie che si è perso alle spalle e che non torneranno più, perché sono poche le “settimane” che gli rimangono davanti.
A turbare ulteriormente Umberto arriva la notizia della morte di Giulia Zerbi: erano qualcosa di più che due amanti, non era solo un'affinità fisica o intellettuale

Diversissimi. Lei intellettuale ironica, i corsi di sceneggiatura in Francia, l'insegnamento, le traduzioni. Madame engagée, la chiamava lui per prenderla in giro. Lui chirurgicamente razionale, veloce nelle risposte, misterioso perché non poteva dirle che di mestiere nascondeva i soldi dei ricchi. Ma avrebbe anche potuto dirglielo, non era su quello che potevano incontrarsi o scontrarsi.C'era invece un'intesa tra menti libere, va bene, ma soprattutto c'era una corrente costante tra loro, un cavo scoperto dell'alta tensione, un'attrazione fisica che poteva degenerare in dipendenza, ma non come si può pensare, no. Era una ricerca reciproca dei limiti e dell'osare, del dedicarsi, era il piacere di concedere tutto, di annullare ogni difesa e ogni pudore.

La loro relazione, fatta di incontri, di sguardi, di parole, di carezze, si era interrotta 25 anni prima, quando Umberto, coinvolto in un affare con la ex Russia comunista che si apriva al capitalismo degli oligarchi, aveva pensato di proteggere Giulia non vedendola più. Ma non aveva smesso di pensare a lei, ogni giorno, conservandone il ricordo in un cassetto segreto:

Così accanto allo scrigno Giulia ne aveva messo un altro, e conteneva il miserabile se stesso che non era stato capace di averla per sempre, anche quello chiuso a chiave, anche quello da non aprire mai. Il loro equilibrio era un filo sottile, mentre per quella voglia, per quella passione, avrebbero avuto bisogno di un cavo d'acciaio..

Per questo, da una parte decide di aiutare la figlia, Sonia, a diventare una cantante di opera lirica, invitandola a corte, si potrebbe dire: pagando gli studi con un celebre maestro di musica, una suite all'Hotel Diana, un sostegno economico in vista del premio a Basilea, che avrebbe potuto aprile le porte.
C'è un po' di Cenerentola, forse in questa parte della storia, in cui Carlo viene coinvolto come osservatore, del passaggio della promessa del canto Sonia, al dorato (ma anche impegnativo) mondo della lirica.

Ma, alternata al racconto di questo melodramma, c'è il dramma reale: perché Giulia è stata uccisa, dopo essere stata percossa da un signore che l'ha pure picchiata al volto con un frustino.
Ad indagare sulla discreta vita di Giulia, si ritrovano sia Ghezzi e Carella che Carlo e Oscar, perché ora Umberto, il vecchio, vuole sapere tutto di quei venticinque anni.
C'è qualcosa che non torna nel delitto, nel modo in cui è stato compiuto e per le azioni che successivamente i due autori (frustino e le zoppo), hanno fatto

«Non ha senso, non ha alcun senso, è tutto sbagliato».«Hai ragione, Ghezzi, anche come messinscena è fatta male davvero».

Seguendo piste diverse, la coppia di investigatori, arriva a scoprire una prima verità: Giulia aveva dei problemi economici, per delle spese straordinarie, che l'avevano costretta a ricorrere ad uno strozzino.

Il vecchio non ha familiarità con quei sacrifici, i soldi non sono mai stati un problema per lui, prendeva il dieci per cento di quello che riusciva a nascondere per gli altri, ed era tantissimo.Quindi non può davvero sapere il bruciore di fare dei passi indietro sulla scala sociale, avere delle cose, anche piccole, anche minime, l'abbonamento a teatro, la pazzia di regalarsi un viaggio, e poi non averle più.La famosa borghesia che manda avanti il paese, che non è quella a cui lui salava il culo con le finanziarie a Panama, ma padri e madri di famiglia in guerra quotidiana con il bilancio. Il ceto medio, parlandone da vivo.

È una sorpresa che brucia, quella scoperta: scoprire quanto sia duro, per chi viene da un certo mondo, borghese, decoroso, abituato a godersi piccole gioie e le sue passioni (teatro, cinema, una vacanza ogni tanto), dover affrontare i problemi della crisi, di un prestito che non ti viene concesso dalla banca (le banche che poi prestano soldi a finanzieri senza scrupoli, a capitalisti senza capitale, come ci hanno raccontato le cronache).

I due racconti procedono in parallelo per diversi capitoli: Robecchi è bravo a tener viva la tensione dell'indagine da una parte, con i due agenti di polizia che scendono nei bassifondi di Milano, prendendosi tanta acqua, come non ne era mai scesa a novembre. Piccoli sfruttatori, criminali con poco cervello e tanta crudeltà, centri massaggi che nascondono dei veri e propri bordelli, avidi usurai e volonterosi carnefici che consegnano loro le prede. Poliziotti onesti che prendono tutta l'acqua di questo mondo e poliziotti sporchi che fanno concorrenza sleale alla criminalità ...
Ma c'è anche l'altro racconto, che è un vero e proprio viaggio nella musica: Cenerentola è finalmente diventata regina, una regina che conquista la folla e i giurati al concorso di Basilea

La vendetta dell'inferno ribolle nel mio cuore[Dall'assolo della Regina della notte, secondo atto del flauto magico]
Ecco, a una che hanno ammazzato la madre forse non dovrebbe cantare roba così, ma Carlo capisce che si sbaglia. Sonia ci sta mettendo dentro tutta la rabbia che ha, la tensione di quei giorni bollenti e gelati.

Un trionfo, sancito dall'applauso finale, dopo aver chiuso la sua esibizione proprio con Rossini

Il Turco in Italia – Rossini FIORILLANon si dà follia maggioredell'amare un solo oggetto:noia arreca, e non dilettoil piacere d'ogni dì.Sempre un sol fior non amanol'ape, l'auretta, il rio;di genio e cor volubileamar così vogl'io,voglio cangiar così

Ma al finire del melodramma, le due storie ambientate in due mondi distinti e separati, si ritrovano fatalmente a doversi riunire.
Perché mentre Carlo faceva l'accompagnatore e lo spettatore dell'opera messa in atto da Serrani, Ghezzi con Carella e con l'aiuto di un'altra poliziotta tenace, sono riusciti ad arrivare ai responsabili del delitto.
Al vero responsabile, intendo.
Perché Ghezzi è così, uno che pensa che per risolvere i casi “serve proprio la compassione, capire, scavare, mettersi nei loro panni”, delle vittime. Ghezzi che non molla mai, nemmeno a Capodanno in vacanza. E Carella è altrettanto ostinato, nella sua tensione verso la giustizia.
Melodramma e dramma, la morte della traduttrice Giulia Zerbi, troveranno una degna conclusione, con un colpo di scena, degno della migliore opera teatrale.
Come questa, del sempre più bravo Alessandro Robecchi, in cui troviamo tutto il suo materiale umano, e la sua Milano dalle mille facce nella sua crudele realtà, qui sotto una pioggia che serviva per dare quel mood in più (sue parole alla presentazione).
Un racconto che inizia con un viaggio e termina con un viaggio.
Un racconto che farà pensare, ai rimpianti, alle cose che non torneranno più. Alle cose che ci perdiamo senza rendercene conto ..
Una follia “maggiore” anche questa.

Altri post sul libro:

La scheda del libro sul sito dell'editore Sellerio
Il blog dell'autore

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

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