Il tema dell'immigrazione è stato e sarà centrale in questa campagna elettorale: sentiremo parlare di clandestini da espellere, dell'invasione degli immigrati, di immigrati che a spese nostre se ne stanno senza far niente tutto il giorno.
Forse, dopo aver visto il servizio di questa sera di Presa diretta, molte persone avranno le idee un poì più chiare sulle tante bufale o mezze verità.L'Italia ha stanziato nel 2016 4,6 miliardi per la cooperazione coi paesi del terzo mondo (una spesa raddoppiata negli ultimi 5 anni): di questi, però, circa 1,5 miliardi sono spesi per l'accoglienza dei migranti qui da noi. Sono soldi, cioè, che finiscono nelle tasche di italiani, per le tante cooperative del settore.
Ce ne sono tante che fanno bene il loro lavoro ma non dobbiamo dimenticarci anche di quanto emerso nell'inchiesta su Mafia capitale, delle parole di quel Buzzi che, intercettato, spiegava ad un suo amico come i migranti siano meglio dello spaccio della droga.
Forse non rendono lo stesso, in termini di profitto, ma danno meno rischi.
Almeno finché la magistratura non si accorge del sistema: dei migranti dati col bilancino a questo e a quello, per soddisfare le cooperative di tutti i colori, quelle rosse e quelle bianche vicine a CL.
Ma il resto dei 4 miliardi e passa come vengono spesi?
Cosa stiamo facendo per aiutarli veramente a casa loro, per aiutare i migranti nei loro paesi?
Ovvero, andando più terra terra, cosa sta facendo l'Italia affinché sempre meno persone siano costrette a lasciare la loro terra, nell'Africa sud sahariana, nei paesi del Corno d'Africa?
Questa estate, il ministro Minniti ha cercato di affrontare il problema partendo però dai suoi effetti più mediatici: si è cercato prima di regolamentare l'azione delle ONG impegnate nel salvataggio dei barconi in mezzo al Mediterraneo.
Dopo la regolamentazione delle ONG, che ha fermato gli sbarchi solo per qualche mese, sono arrivati gli accordi con le tribù libiche e col governo di Serraj (uno dei due governi riconosciuti in Libia): sullo stesso principio di quanto fatto dalla Germania della Merkel con la Turchia, anche l'Italia ha pagato rappresentanti (più o meno legali) dei gruppi che controllano le zone dove passano i migranti per fermare questi flussi in centri di detenzione.
Occhio non vede e cuore non duole: così, l'occhio dell'italiano non ha visto le torture le violenze, il mancato rispetto dei diritti civili che pure la nostra Costituzione garantisce per tutti.
Una parte del servizio sarà dedicato all'export delle armi, un settore in crescita (purtroppo), il business delle armi è un settore redditizio, peccato che comporti poi un costo in termini di morte e distruzione.
BOMBE ITALIANE SULLO YEMENLa guerra in Yemen dura ormai da quasi 3 anni e, dopo numerosi bombardamenti che hanno causato diecimila vittime civili, media e ONG di tutto il mondo hanno cominciato a chiedersi chi stesse fornendo le bombe all'Arabia Saudita.
Come per le bombe italiane realizzate in Italia e vendute all'Arabia per la sua guerra in Yemen: bombe che hanno causato 10mila vittime civili, che hanno colpito ospedali come quelli di Medici senza frontiere di cui però nessuno ne parla. Evidentemente non tutte le guerre sono uguali: il ministro Pinotti che ieri, in un tweet, ci ha ricordato che le armi rappresentano lo 0,8% del nostro PIL.
Fate meno gli schizzinosi, cari italiani..
Come pensiamo di aiutarli a casa loro se poi li bombardiamo?
Ma, nonostante gli accordi in Libia, i respingimenti camuffati, i lager e le armi (per aiutare i sauditi a casa loro), gli sbarchi non sono cessati, la rotta balcanica ha continuato a funzionare (nonostante i muri, il filo spinato e le milizie filo fasciste lungo i confini in Bulgaria) e così anche la rotta verso la Francia.
I giornalisti di Presa diretta sono andati a Gorizia: nel tunnel in fondo al viale che parte da piazza Vittoria (e che porta alla Slovenia) dormono accampati alla meglio, decine di profughi, migranti. La notte la temperatura scende sotto lo zero.
Oggi Gorizia è diventata la Lampedusa del nord, per le centinaia di migranti che arrivano qui a piedi, molti respinti dalla Germania o da altri paesi nord europei.
Esiste un altro modo di fare accoglienza?
Esiste una "buona accoglienza", che rispetti i diritti delle persone (sabato scorso era la giornata della memoria, un monito sul valore di tutte le vite) e che però non metta in difficoltà i paesi che devono affrontare questi esodi?
A Latina adottano un modello "diffuso" di accoglienza, racconta Stefania Krilic responsabile del progetto Sprar: non si concentrano i migranti in un solo posto, li si aiuta per i problemi coi documenti, con la sanità, con la lingua italiana. Oltre al vitto e all'alloggio gli si insegna l'italiano.
L'integrazione è a 360 gradi, anche nel mondo del lavoro: il tutto con quei 35 euro al giorno messi a disposizione dal Ministero dell'Interno.
La scheda del servizio: Aiutiamoli a casa loro
PresaDiretta torna lunedì 29 gennaio ore 21.20 su Rai3, con un’inchiesta sul mondo della Cooperazione allo sviluppo “AIUTIAMOLI A CASA LORO”.Quando si parla pensando a chi fugge da guerre e povertà si fa presto a dire “aiutiamoli a casa loro”, ma come funziona davvero il Sistema Italia e come vengono adoperati i soldi della Cooperazione italiana? Un’inchiesta tra Italia e Africa per provare a capire quali sono i progetti che funzionano e quelli destinati a fallire.L’Italia ha raddoppiato negli ultimi 5 anni i soldi per la Cooperazione, nel 2016 ha stanziato più di 4 miliardi e seicento milioni in progetti che dovrebbero aiutare i paesi poveri a migliorare le proprie condizioni. Ma in realtà un terzo di questa cifra rimane a casa nostra, impiegato nell’accoglienza.1 miliardo e mezzo di euro, soldi della Cooperazione allo sviluppo che vanno ai Cara, i Cas, gli Sprar, le Cooperative, che dovrebbero offrire ai migranti servizi come posti letto, assistenza medica e psicologica, corsi di italiano, pocket money. Ma chi controlla come vengono utilizzate queste risorse pubbliche?PresaDiretta ha attraversato il continente africano per raccontare come e perché la Cooperazione allo sviluppo con i progetti giusti può fare la differenza e cambiare il futuro di un paese. Ci vogliono intelligenza, mezzi e tempo. E’ il caso del Camerun dove è stata PresaDiretta per raccontare un progetto di successo. Da anni infatti quel paese ha stretto un rapporto solido con la rete delle università italiane che formano giovani camerunesi. In Camerun oggi ci sono ingegneri, economisti, medici, farmacisti, architetti, agronomi, tecnici di laboratorio. Tutti laureati nel nostro paese, nelle nostre università. Un percorso di formazione straordinario in cui tantissimi giovani africani hanno portato “a casa loro” le competenze acquisite in Italia.Ma in Africa l’occidente non esporta solo buone idee. E quando nei paesi poveri arrivano capitali e interessi privati non sempre il risultato si coniuga con l’aiuto alle popolazioni locali.Le telecamere di PresaDiretta sono state in Etiopia e hanno percorso la valle del fiume Omo fino al lago Turkana in Kenya. Una valle vastissima di inestimabile bellezza, patrimonio dell’umanità per l’Unesco, il luogo dove avrebbe avuto origine la razza umana. Qui dall’Italia sono arrivati capitali pubblici e privati per costruire un complesso di dighe per la produzione di energia su richiesta del governo etiope. La ricaduta sull’ambiente e sul fragile equilibrio della popolazione locale sono oggi sotto gli occhi di tutti.Ma a complicare i fragili equilibri dei paesi poveri ci sono anche altre iniziative.E’ il caso della vendita di bombe italiane all’Arabia saudita che da tre anni è in guerra nello Yemen, di cui si è recentemente occupato anche il New York Times. Molte associazioni tra cui Rete Disarmo, chiedono lo stop delle forniture belliche all’Arabia Saudita perché a loro avviso sarebbe in palese violazione della legge. Ma cosa ne pensano a Domusnovas, la città sarda dove la fabbrica di armi dà lavoro a quasi 100 famiglie?“AIUTIAMOLI A CASA LORO”, è un racconto di Riccardo Iacona con Marcello Brecciaroli Roberta Ferrari Elena Marzano Torchia Massimiliano
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