Il giudice che assolve è buono, il giudice che condanna è cattivo, è un giustizialista che non vuole il bene del paese e delle imprese.
Il messaggio che esce dall'assoluzione in Appello di Orsi, Finmeccanica, è lo stesso sentito in passato per altre assoluzioni (o condanne).Così, se poi il titolo di Finmeccanica cala, è colpa del magistrato (e dei giornalisti cattivi).
Non del cattivo comportamento dei manager e nemmeno delle presunte mazzette che, almeno nel caso Augusta Westland “Non c’è prova sufficiente che i fatti siano sussistenti”.
Nel dubbio si è garantisti, dal punto di vista penale ci dobbiamo fermare qui.
Ma questo non deve fermarci dal fare altri ragionamenti, sul come è stata gestita (da Orsi e dai suoi predecessori) l'ex gioiello dell'industria italiana: Giorgio Meletti sul Fatto Quotidiano di oggi
Indipendentemente dalla vicenda giudiziaria, Orsi ha dato un contributo non secondario alla distruzione della reputazione di Finmeccanica. Intanto, se è stato disarcionato dall’arresto, anche lui ha preso il posto di un capo azienda costretto a dimettersi perché indagato. L’accusa fu poi archiviata, ma Orsi fu feroce con il predecessore, senza curarsi dell’immagine internazionale dell’azienda: “La Finmeccanica di oggi non ha niente a che spartire con quella di ieri, abbiamo sbarrato la strada alla corruzione”. Dopo di lui ha fatto lo stesso Mauro Moretti, che ha chiuso i suoi tre anni alla guida del gruppo raccontando a tutto il mondo che prima di lui lì dentro succedeva la qualunque: “Il clima è stato completamente cambiato. Abbiamo portato il corretto uso dell’impresa che ho ben distinto dall’interesse personale di ognuno di noi”.
Né l’assoluzione cancella le lezioni di stile immortalate dalle vituperate intercettazioni. C’è la telefonata di Orsi al presidente della Confindustria Giorgio Squinzi con richiesta di intervento sul giornalista del Sole 24 Ore Gianni Dragoni: “Sono ormai quattro mesi che lui, tutti gli articoli, in fianco al mio nome aggiunge sempre ‘indagato’. Cosa che poi non è proprio necessario ripeterlo tutte le volte”. Squinzi, l’uomo che ha giurato di non essersi accorto che proprio in quei mesi nei conti del Sole 24 Ore stava accadendo di tutto, quella volta fu reattivo: “Ma non esiste porca miseria (…) Faccio l’intervento sul direttore senz’altro”.
C’è la cena con il concittadino di Piacenza Ettore Gotti Tedeschi. L’ex presidente dello Ior rassicura l’amico sugli effetti dell’inchiesta perché è stato a sua volta rassicurato da tale Ignazio Moncada (“non un massoncello qualsiasi, un grande burattinaio”), e garantisce: “Il sistema è in tuo favore e ti difenderà”. Orsi però teme che il ministro dell’Economia Vittorio Grilli sponsorizzi la sua defenestrazione in favore del direttore generale Alessandro Pansa.
Gotti spiegherà ai magistrati che nell’occasione “mi disse di aver risolto e messo a posto alcuni problemi che aveva la moglie di Grilli attraverso l’affidamento, da parte di Finmeccanica, di consulenze false”. Poi Orsi fa anche peggio, tirando fuori la cosa non in un’intercettazione ma in un’intervista: “Per carità, non parliamone più. Vorrei che su questa penosa vicenda di equivoci e gossip velenosi, perché di questo si tratta, calasse un pietoso silenzio”. Un bel messaggio.
Se i giudici hanno deciso che non ci sono prove sufficienti per una condanna penale, ai contribuenti restano prove più che sufficienti che è questa classe dirigente ad aver fatto a pezzi la Finmeccanica.
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