03 gennaio 2018

A ciascuno il suo, di Leonardo Sciascia

"Ma non crediate che io stia per svelare un mistero o per scrivere un romanzo".


Incipit

La lettera arrivò con la distribuzione del pomeriggio. Il postino posò prima sul banco, come al solito, il fascio versicolore delle stampe pubblicitarie; poi con precauzione, quasi ci fosse il pericolo di vederla esplodere, la lettera: busta gialla, indirizzo a stampa su un rettangolino bianco incollato alla busta.- Questa lettera non mi piace – disse il postino.Il farmacista levò gli occhi dal giornale, si tolse gli occhiali; domandò – Che c'è? – seccato e incuriosito.- Dico che questa lettera non mi piace. Sul marmo del banco la spinse con l'indice, lentamente, verso il farmacista.Senza toccarla il farmacista si chinò a guardarla; poi si sollevò, si rimise gli occhiali, tornò a guardarla.- Perché non ti piace?
- E' stata impostata qui, stanotte o stamattina presto; e l'indirizzo è ritagliato da un foglio intestato della farmacia.
- Già – constatò il farmacista: e fissò il postino imbarazzato e inquieto, come aspettando una spiegazione o una decisione.
- E' una lettera anonima – disse il postino.
- Una lettera anonima – fece eco il farmacista.”


A ciascuno il suo è un libro, ed anche un film, cui sono particolarmente affezionato.
Un libro che amo rileggere e anche un film (di Elio Petri con un grandissimo Gian Maria Volontè) che amo rivedere: perché racconta una storia della Sicilia, dei rapporti di potere, della mafia, della mentalità delle persone, sfruttando il meccanismo del giallo.
Lo stesso meccanismo de Il giorno della civetta, con l'indagine del capitano Bellodi sulla morte del costruttore Colasberna: un continentale, Bellodi, tanto cortese quanto poco propenso a comprendere i meccanismi di come si lavora e campa in Sicilia.
In questo romanzo però il ruolo dell'investigatore è affidato ad un personaggio ancora più particolare, il professor Laurana, un uomo di lettere, professore di latino e letteratura, dunque quanto di più distante dal mondo del crimine.
Paolo Laurana, professore di italiano e storia nel liceo classico del capoluogo, era considerato dagli studenti un tipo curioso ma bravo e dai padri degli studenti un tipo bravo ma curioso. Il termine curioso, nel giudizio dei figli e in quello dei padri, voleva indicare una stranezza che non arrivava alla bizzarria: opaca, greve, quasi mortificata. Questa sua stranezza, comunque, rendeva ai ragazzi piú leggero il peso della sua bravura; mentre impediva ai padri di trovare in lui il verso giusto per piegarlo non alla clemenza ma alla giustizia (poiché, inutile dirlo, ragazzi che meritino una bocciatura non ce ne sono piú). Era gentile fino alla timidezza, fino alla balbuzie; quando gli facevano una raccomandazione pareva dovesse farne gran conto. Ma ormai si sapeva che la sua gentilezza nascondeva dura decisione, irremovibile giudizio; e che le raccomandazioni gli entravano da un orecchio per subito uscire dall'altro.

Uno scapolo che vive ancora con la madre, persona riservata che scambia poche parole persino con gli amici del circolo, e che si getta in questa sua inchiesta personale come una sfida nei confronti della polizia, per orgoglio quasi, per dimostrare la sua bravura: “per vanità si ritrovò a fare il primo passo ..”.

L'indagine riguarda il duplice omicidio del farmacista Manno e del dottor Roscio, uccisi durante una battuta di caccia: il farmacista aveva ricevuto delle lettere anonime ma le aveva considerate uno scherzo forse legato alla sua bravura di cacciatore.
E le prime indagini seguono proprio questa pista: il povero dottor Roscio sarebbe stato ucciso perché si trovava assieme al farmacista, ucciso probabilmente per vendetta da un un parente, un marito, di una donna con cui aveva avuto una relazione.

Laurana, che una di queste lettere l'aveva vista assieme al farmacista, scopre che dietro una lettera con cui è stato scritto il testo si legge la parola “UNICUIQUE”, dal motto latino “unicuique suum”, che compare nella prima pagina del quotidiano Osservatore Romano.

Eccolo lì, comunque, quest'uomo riflessivo, timido, forse anche non coraggioso, a giuocare la sua pericolosa carta: al circolo, di sera, proprio quando non manca quasi nessuno. Si parla, come ogni sera, del delitto.
 
E Laurana, di solito silenzioso, dice
- La lettera era composta con parole ritagliate dall'« Osservatore romano ».
 
La discussione si spegne, succede un silenzio stupefatto. 
- Senti senti - fa poi don Luigi Corvaia: e la sua meraviglia non è per l'indizio rivelato ma per la dabbenaggine di chi, rivelandolo, viene ad offrirsi al tiro dell'una e dell'altra parte, della polizia e degli assassini. Mai vista una cosa simile.

Una pista importante, assieme a quella del sigaro Branca, visto che l'assassino ha usato un giornale che aveva sotto gli occhi tutti i giorni.
L'Osservatore Romano arriva al prete di S. Anna, una persona spregiudicata, una persona colta e perfino simpatica, seppur chiacchierata:
La Sicilia, forse l’Italia intera, è fatta di tanti personaggi simpatici cui bisognerebbe tagliare la testa.”

L'altro parroco è l'arciprete, zio della moglie di Roscio, Luisa Roscio, e zio anche dell'avvocato Rosello che sull'omicidio ha pochi dubbi. Il marito della nipote, il dottor Roscio, è rimasto ucciso per colpa del farmacista e delle sue scappatelle.

Laurana incontra perfino il padre di Roscio, un'oculista famoso, che gli confida le sue remore, nel matrimonio del figlio, perché sarebbe entrato in quella famiglia di cattolici:
Cattolici per modo di dire, mai conosciuto in vita mia, qui, un cattolico vero: e sto per compiere novantadue anni... C'è gente che in vita sua ha mangiato magari una mezza salma di grano maiorchino fatto ad ostie: ed è sempre pronta a mettere la mano nella tasca degli altri, a tirare un calcio alla faccia di un moribondo e un colpo a lupara alle reni di uno in buona salute.

Uno stimolo per portare avanti la sua indagine gli arriva da un incontro con un compagno degli studi, ora deputato comunista a Roma, che gli confida di come Roscio fosse venuto ad incontrarlo: sarebbe stato disponibile a denunciare gli intrallazzi di un notabile del paese che fa il bello e il cattivo tempo in provincia?

Viene fuori una verità diversa, da quella accettata da tutti: una verità che ha che fare con un gruppo politico affaristico che ruota attorno al cugino della moglie di Roscio, l'avvocato Rosello, notabile democristiano, anche lui come Luisa Roscio, nipote dell'arciprete del paese.
Una persona potente, il parroco di Sant'Anna lo definisce “un cretino, non privo di astuzia”, con le mani in pasta in molte aziende e banche del posto.
Un politico accorto che guarda a destra ma anche a sinistra: “abbiamo rosicchiato per vent'anni a destra, ora è tempo di cominciare a rosicchiare a sinistra” - così spiega a Laurana la sua visione politica (siamo negli anni del primo centro-sinistra di Moro).

Il caso porta Laurana verso una trappola in cui lui stesso va ad infilarsi, ammaliato dalla vedova di Roscio, incapace di gestire i casi della vita.
Mentre nel paese si celebra la festa per il fidanzamento dei due cugini, l'avvocato Rosello e Luisa Roscio, che viene fatto passare come atto di pietà, per tenere unito il patrimonio e la famiglia, i paesani del circolo commentano la fine del povero Laurana, in modo impietoso.


“Era un cretino!”
Tre parole che raccontano bene e profondamente allusivo del clima di omertà a cui il professore è venuto ingenuamente meno, sia dell'impossibilità di una iniziativa individuale di lotta e riscatto.

Questa specie di nave corsara che è stata la Sicilia, col suo bel gattopardo che rampa a prua, coi colori di Gottuso nel suo gran pavese, coi suoi più decorativi pezzi da novanta cui i politici hanno delegato l'onore del sacrificio, coi suoi scrittori impegnati, coi suoi Malavoglia, coi suoi Percolla, coi suoi loici cornuti, coi suoi folli, coi suoi demoni meridiani e notturni, con le sue arance, il suo zolfo e i suoi cadaveri nella stiva: affonda, amico mio, affonda .. E lei ed io, io da folle e lei forse da impegnato, con l'acqua che ci arriva alle ginocchia, stiamo qui ad occuparci di Raganà: se è saltato dietro il suo onorevole o se è rimasto a bordo tra i morituri. 
- Non sono d'accordo – disse Laurana. 
- Tutto sommato nemmeno io – disse don Benito”.


La scheda del libro sul sito dell'editore Adelphi

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