La cultura di un popolo parte dalle parole con cui la racconti, dai contenuti che la abitano. Perché il sole è sole dappertutto, ma quello del deserto scalda di più, e l’idea di futuro in un Paese appena uscito dalla guerra è diversa dal dibattito sulla crescita economica in una democrazia stabile. Il ragionamento vale anche per il concetto di politica. Che può vuol dire etica della responsabilità, impegno per il bene comune, visione di insieme al servizio della comunità. O viceversa utilizzo privato del patrimonio collettivo, puro esercizio di potere, disprezzo delle regole o loro manipolazione in nome di una quantomeno curiosa per non dire infìda idea di popolo. In Italia, forse da sempre, ma particolarmente dopo Mani Pulite, per tanti "Parlamento" è diventato sinonimo di sporcizia, di corruzione, di "mangiatoia". Così gli accordi tra i partiti, su cui si fonda l’esercizio della democrazia, vengono relegati a "inciuci", i cambi di maggioranza diventano "golpe", i seggi, gli scranni parlamentari e governativi sono "poltrone". E di quelle comode, con i braccioli grandi, da cui chiamare con un cenno del capo il cameriere perché ti porti un cocktail.(Riccardo Maccioni Avvenire)
Il linguaggio usata dalla politica e
dai giornalisti per raccontare la politica la dice lunga sul livello
infimo che abbiamo raggiunto.
I poltronisti, i porti chiusi o i porti
aperti, l'invasione dei migranti e dei comunisti che ci riempiranno
le tasse.
I vestiti
delle ministre e le rispettive lauree, fino ad arrivare alle
polemiche
inventate per un post di un giornalista Rai che ha messo nero su
bianco il suicidio politico di Salvini.
C'è modo per frenare questa deriva in
cui non si distingue informazione da gossip: i giornalisti dovrebbero
smettere di commentare ogni sciocchezza postata dai nostri
rappresentanti e i politici, se proprio hanno qualcosa da dire,
possono usare gli strumenti tradizionali (le agenzie, i
giornalisti-giornalisti..) e riferire in Parlamento.
Il linguaggio la dice lunga anche sulla
visione politica che hanno questi politici e mi riferisco alle prime
uscite di alcuni di essi: la TAV che va fatta, le concessioni
autostradali che rimangono così.
Anziché preoccuparsi dei problemi
generali si preoccupano del “particolare”, come se veramente i
destini del paese fossero in mano ad un Tunnel sotto le Alpi.
Se questo governo vuole avere una vita
lunga, oltre i sei mesi, deve iniziare a cambiare lessico e visione:
deve occuparsi delle infrastrutture su tutto il paese, da nord a sud.
Deve occuparsi della scuola di tutti e
della sanità di tutti.
Della sicurezza di tutti, che non vuol
dire più armi per tutti, non vuol dire attenti c'è l'invasione dei
migranti.
La sicurezza sul lavoro (e le morti sul
lavoro, e le persone sfruttate nei campi, nelle baracche, sulle
strade
delle città ..) e nella vita di tutti i giorni (quanti altri casi
di delitti
domestici contro le donne dobbiamo ancora vedere?) e nei
confronti dei cambiamenti climatici (anche nella Milano
locomotiva d'Italia)..
Il rischio di questa deriva al basso è
che non si riuscirà a distinguere nulla, il vero dal falso e che ci
ritroveremo a breve in un clima da campagna elettorale.
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