Incipit
Qualche mese prima Durante l’estate precedente, il boss di Carovigno Antonio De Guido, sovrano indiscusso della Commissione (la cupola della Sacra Corona Unita), è stato neutralizzato dallo Stato grazie all’intervento del bandito Carlo Mazzacani. Approfittando dell'occasione, Oronzo Senese, boss di Fasano e storico rivale di Antonio De Guido, ha complottato contro le cosche joniche della 'ndrangheta per sottrarre Taranto all'egemonia di Elia Colucci, un camorrista vicino a De Guido e amico di lunga data del bandito Mazzacani.
In questo secondo romanzo, con
protagonista Carlo Mazzacani, ex rapinatore della banda dei Santi,
Leonardo Palmisano ci fa un ritratto di quanto sta succedendo in
Puglia, degli scontri all'interno delle mafie che si sono suddivise
la regione e che vivono in un fragile equilibrio.
Forse, se non avete letto il precedente
romanzo, “Tutto
torna”, alcune dinamiche di questo romanzo potranno
sfuggirvi: torna allora utile l'incipit che riassume tutta la storia
passata, quando Mazzacani fu chiamato ad investigare su un rapimento
di una ragazzina, la nipote del boss De Guido, capo della commissione
della Sacra Corona Unita, all'interno della guerra tra le due
famiglie.
Scoperto il responsabile del rapimento
aveva contribuito alla cattura del boss sacrista De Guido, aveva
assistito all'assassinio di un poliziotto corrotto della Dia e aveva
ottenuto una sorta di libertà in cambio della promessa, da parte
della procuratrice Buonamica (dell'antimafia pugliese), di rimanere
tranquillo in Sardegna.
Ma a Taranto, a Bari, l'equilibrio tra
le famiglie si regge su una tregua instabile: ci sono le mire degli
ndranghetisti su Taranto, la città di Elia Colucci, amico di
Mazzacani, ci sono le ambizioni del boss Senese, che cerca di far
fuori i camorristi della famiglia di Laura Delli Russi, camorrista in
affari con gli albanesi.
Per cercare forse un accordo, proprio
Colucci, decide di andare a Crotone a parlare coi calabresi,
nonostante la malattia di cui soffre, la Sla.
Era lì per mettere fine alla sanguinosa guerra tra i suoi e le ’ndrine joniche decise a prendersi Taranto a ogni costo.
Ma ad un certo punto Colucci sparisce,
assieme alla persona che lo ha accompagnato, Matteo Maltempo, il suo
compagno, legato ad una comunità hippie e ad una specie di santona,
comunità che fa da copertura per il traffico di alcolici in una zona
franca tra le famiglie mafiose.
Quella di Colucci è una scomparsa che
fa rumore: fa rumore nello Stato, perché tutti (al Viminale, al
DRAP, la direzione antimafia) sanno delle mire espansionistiche degli
ndraghetisti.
All'interno della criminalità, perché
ora Taranto è nelle mani del reggente Vittorio Peluso, il vice di
Elia Colucci, che però in assenza del corpo del capo non può
rivendicare nulla.
Poco dopo, viene ritrovato il cadavere
di un ragazzo, ucciso e torturato in modo atroce: è proprio
Maltempo, il compagno di Colucci. A questo punto parte la macchina
delle indagini, che unisce sia la procuratrice calabrese Daniela
Vadalà, che il capo della procura antimafia, Teresa Buonamica e il
suo aiutante, l'agente Carlucci.
Cosa sua succedendo in Puglia, a
Taranto e a Bari, nelle zone a confine?
Ci sono le mire espansionistiche del
boss Senese, in contatto coi calabresi.
Che sta facendo fuori i camorristi
della famiglia Delli Russi, facendo sequestrare i carici di erba che
arrivano dall'Albania, per lasciare i tarantini a bocca asciutta.
La notizia della scomparsa di Colucci
arriva fino in Sardegna, dove Mazzacani e l'amico Luigi Mascione sono
ospiti di un capo dell'anonima sequestri, Pantaleo Uda.
Mazzacani non dimentica quando Colucci
lo aiutò a sfuggire alla vendetta dei sacristi, a quando lo aiutò a
liberare Mascione. Deve tornare a Taranto, e cercare di capire come
stanno le cose.
Non vuole farsi ammazzare ne entrare
nelle guerre tra le famiglie.
“Vivere, Lui’. Vogghjiu campare senza farmi fottere da li calabresi. Senza farmi fottere da nessuno. Facimo ’nu giro e vidimo se troviamo Elia. Va bueno?”, disse Mazzacani guardando il suo secondo.
Ancora una volta, devono fare una
indagine per una sparizione:
“Stiamo diventando esperti in sparizioni, Carlo”, disse Mascione.
“Tre mesi fa cercavamo una bambina ed Elia ci ha aiutato a trovarla. Adesso cerchiamo lui.”
“Elia può essere morto, Lui’. Dobbiamo scoprire che è successo.
Un'indagine che è
tenuta d'occhio, molto da vicino, dalla procuratrice Buonamica e
dalla Dia, anche per un fortuito “incidente” che coinvolge la
compagna di Mazzacani: quest'ultimo si trova costretto a lavorare con
la procuratrice e con lo Stato.
Che fine ha fatto
Colucci?
Chi lo ha fatto
sparire?
Quanti ci
metteranno gli ndranghetisti, che stanno mettendo le mani non solo
sulla droga, ma anche sui terreni degli ulivi, che dopo la Xylella
sono svenduti, per conquistare Taranto e un pezzo della Puglia?
I calabresi intendevano metterci le mani per convertirli a coltivazioni di altro genere. “Se voi sacristi non aveste fatto casini, adesso potremmo piantarci distese di marijuana.
Cosa nasconde la santona che comanda la
comunità da cui veniva Maltempo?
E' una strana indagine, quella di
Mazzacani, fatta a colpi di minacce e colpi di pistola, con la sua
colt Python: un'indagine complicata in cui dovranno andare a scavare
indietro nel tempo, fino ad arrivare ad un vecchio sgarro tra due
famiglie ndranghetiste.
“Da allora il crimine italiano si è evoluto. Il Lussemburgo è diventato un porto franco per capitali di provenienza italiana”.
La verità, su tutti questi misteri, li
porterà fino in Lussemburgo, la piccola nazione in mezzo all'Europa
diventata una sorta di centrale di riciclaggio per le ndrine, che qui
hanno impiantato molte imprese e fatto molti investimenti dal
commercio alla sanità.
Il senso del titolo di questo romanzo
“Nessuno uccide la morte”, diverrà chiaro solo alla fine:
“Carlo, ricorda questa cosa, ma ricordala per sempre: nessuno uccide la morte. Nessuno, nemmeno noi”.
Ma è tutto vero quello che ci racconta
Leonardo Palmisano in questo giallo di criminali e del senso di
amicizia tra criminali, pieno di azione tra Puglia, Algeria e il
Lussemburgo?
Palmisano ci racconta di un pezzo del
nostro Stato nelle mani dei boss, di faccendieri e di avvocati che
parlano per conto dei clan e che possono disporre di uomini dello
stato, far arrivare messaggi a detenuti, disporre alleanze e ordinare
omicidi come meglio credono.
Per combattere questa guerra occorre
sporcarsi le mani, accettare un male minore per raggiungere un
obiettivo strategicamente più importante.
Non può venire in mente, leggendo le
pagine sul bandito Mazzacani, che non è un eroe ma solo un bandito
con delle regole, il personaggio dei romanzi di Massimo Carlotto,
l'Alligatore e la sua banda, Max la Memoria e Beniamino Rossino (“uno
degli ultimi rappresentanti della malavita vecchio stampo”).
Buona lettura!
Il precedente romanzo con Mazzacani,
“Tutto
torna”.
La scheda del libro sul sito di
Fandango
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