Parte la nuova stagione di Presadiretta
con due inchieste, la prima sul declino demografico in Italia, la
seconda sull'inquinamento del PFAS.
Prima, l'inchiesta di Sabrina Giannini
sul cibo: questa volta direttamente da un mercato cinese a Canton.
Indovina chi viene a cena
Cavallucci marini, corna di cervo,
zuppa con serpenti .. sono i cibi che secondo la credenza cinese
curino l'impotenza, ma che mettono a rischio delle specie animali.
I cinesi usano perfino la vescica
natatoria del Totoaba, illegale perfino in Cina, per curare le
emorragie, mettendo a rischio questo pesce.
A rischio anche molte specie di squali,
per la zuppa di pinne di squalo: avrebbe grande potere per curare il
cancro, ma bisognerebbe spiegare ai cinesi che contiene anche metalli
pesanti, come il mercurio.
Le corna di cervo invece sono curative
per le donne alle prese coi problemi mestruali.
La medicina tradizionale cinese è alla
base dell'estinzione di molte specie, con tanto di bollino da parte
del governo che dovrebbe tutelare gli animali a rischio.
Nemmeno il povero Pangolino, un piccolo
formichiere, si salva, lui e le sue scaglie.
I cinesi allevano le tigri per saziare
la curiosità dei turisti, ma in realtà dalle tigri e dalle sue ossa
si produce un liquore.
Eppure la tigre è a rischio
estinzione, come anche il rinoceronte, il cui corno è usato dalla
medicina tradizionale.
Chi spende tanto per queste medicine,
per la bile di un orso allevato nelle fattorie si spende anche 50
euro a flacone (prescritta da medici, sia quelli tradizionali, sia
negli ospedali)?
Medicine vendute col sigillo del
governo, che se ne frega della salute degli animali, del rischio
estinzione, pensando solo al profitto.
Dalla Cina al Vietnam, dove hanno
creato un santuario dove salvare gli orsi allevati, gestito da
AnimalsAsia: in questo paese hanno deciso di abbandonare tutte
le barbarie contro gli animali, cresciuti in gabbie piccole, senza
relazioni con altri animali.
Non credo esistano parole per
descrivere le immagini che la giornalista ha mostrato, di come viene
estratta la bile da questi orsi, costretti in gabbia.
Presadiretta – l'inverno
demografico
Si parlerà di declino demografico, un
problema dalle conseguenze drammatiche: il conduttore Iacona non era
solo in studio ma c'erano molti giovani, quelli che devono andare
all'estero per cercare un futuro migliore.
La Liguria è la regione che fa meno
figli e che sta già vivendo il suo inverno demografico, la “peste
bianca” la chiamano i demografi: il viaggio di Presadiretta è
partito proprio da qui, dalla Val Trebbia, prima dell'Emilia Romagna.
Paesini con pochi abitanti dove si fa
fatica a trovare bambini in età scolare.
Paesi come Gorreto, che sembrano
inanimati, senza vita, paesi che stanno in piedi solo grazie alla
tassazione sulla seconda casa, alzata al massimo.
Senza bambini, questi paesi saranno
morti: i sindaci puntano sulla ristrutturazione di palazzi, per
attirare turisti, oppure sistemare strade, per invogliare la gente ad
arrivare da Genova.
Ma in Liguria i bambini mancano
dappertutto: negli ultimi anni ha perso 296mila abitanti, un saldo
negativo nel 2018 di -13mila persone.
Molti anziani, pochi giovani che
dovranno lavorare per sostenere la spesa pubblica e le pensioni: un
futuro non sostenibile, alla faccia dell'equità generazionale.
Sempre meno gente, sempre più anziana:
il collasso demografico ha colpito, a Genova, il settore del
commercio, per esempio con la chiusura della Rinascente.
E poi bar che chiudono, negozi che
chiudono: anche a Sanpierdarena, ex quartiere industriale.
Confcommercio di Genova aveva avvisato
la politica già da dieci anni: vorrebbero diventare come il
Portogallo, attirare gli anziani da Milano e dalle regioni del nord.
Il sindaco Bucci punta tutto sugli
investimenti miliardari: il porto di Genova, le nuove metropolitane,
il nodo del Terzo Valido e il cantiere per ricostruire il ponte
Morando, tutto per rendere Genova più vicina a Torino e Milano.
In regione puntano invece agevolazioni
sui residenti, i voucher nido: il presidente Toti vorrebbe fare di
più, valorizzare il ruolo delle donne, creare asili nido, mettere
assieme Confindustria e sindacati per fare politiche vere per la
famiglia.
Ma nell'agenda politica non sono
argomenti che si trovano oggi.
Ma a Genova troviamo persone che si
sono reinventate un lavoro per andare avanti: come l'ex restauratrice
che vende prodotti per anziani non autosufficienti.
L'Italia seguirà il declino della
Liguria: Iacona lo ha chiesto al demografo Golini, che ha spiegato
che rischiamo il collasso dell'economia e dello Stato, perché i
vecchi col bastone non tengono in piedi il paese.
Oggi fare tre o quattro figli è
difficile, in Italia si viene anche penalizzati, mentre in altri
paesi si viene aiutati: un concetto difficile da applicare in Italia
sebbene il figlio sia un bene collettivo, ma abbiamo ancora il
retaggio dell'epoca fascista.
Quanto è complicata la vita di una
famiglia con figli?
Lisa Iotti ha raccontato la storia di
Serena e Riccardo, genitori di tre bambini: tre bambini, tre asili
diversi, senza aree di sosta per lasciare i bambini, costringendoli a
fare un percorso ad ostacoli ogni giorno.
Le scuole statati chiudono in orari
diversi, se devi prendere i mezzi non ci sono pedane per salire sul
bus, nei parchi non ci sono strutture per cambiare i bambini.
I pannolini, per dire, si cambiano in
mezzo alla strada: così trattiamo i bambini.
Che aiuti economici ci sono? Nessuno
sconto per il nido, nessun assegno familiare perché lei è partita
Iva, il bonus bebè non cambia la vita anzi servirebbero asili e
strutture vicino casa.
Per fare tre figli devi amare le sfide
ed essere un po' folle.
Se ti metti a pensare, i figli non li
fai...
Esistono soluzioni per aiutare le
famiglie a fare figli?
Presadiretta è andata in Francia e in
altri paesi per confrontare le diverse politiche per la famiglia:
siamo il paese che investe meno per la famiglia in Europa, raccontano
i giornalisti di Presa diretta, solo il 2,5% del PIL (contro il 3,68%
del Regno Unito). Tradotto in termini pratici significa che solo due
bambini su dieci riescono ad accedere all'asilo nido, ben lontano
dagli obiettivo che ci ha dato l'Europa.
Destiniamo una cifra ridicola –
racconta il servizio – ai diritti per l'infanzia, lo 0,66% del PIL,
la metà della Svezia, un quarto dell'Ungheria.
Abbiamo la percentuale di giovani
inattivi, che non studiano e non lavorano, più alta d'Europa, siamo
al penultimo posto in Europa per occupazione femminile e siamo quelli
che rinviano sempre più avanti la nascita del primo figlio, a 32
anni in media. Un rinvio che il più delle volte diventa rinuncia.
Alessandro Rosina, professore
dell'università Cattolica di Milano, racconta come anche i giovani
italiani abbiamo desiderio di fare un figlio, ma rispetto ai coetanei
negli altri paesi, fanno più fatica a realizzare i loro progetti.
Siamo il paese dei bonus, di politiche
per le famiglie fatte senza un disegno unitario – raccontano dal
forum per le famiglie.
Sono politiche assistenziali,
confondendo il sostegno alla famiglia col sostegno alla povertà.
In Italia si danno assegni familiari
che decrescono col reddito, per il ceto medio che è composto dalla
maggioranza delle famiglie.
Crescere un figlio costa 130mila euro
l'anno, per una famiglia con un reddito da 34mila euro: avere un
figlio è anche una causa dell'ingresso nelle fasce di povertà.
Avere figli è rischio di povertà ed è
una cosa assurda: dovremmo mettere in discussione le nostre idee su
famiglia e tasse.
Coppie senza figli in Francia pagano
più tasse, perché vige il quoziente familiare: con tre figli ci
sono famiglie che non pagano tasse.
L'Italia è generosa con le famiglie in
difficoltà, a rischio povertà: cambiano le cose per i redditi alti
e medio alti.
A pari reddito, in Francia si pagano
meno tasse con più figli si hanno.
In Francia il sostegno alla famiglia è
in cima agli impegni della politica, sia per i poveri che per i
ricchi, tutti sono aiutati dallo Stato.
In Francia si fanno tanti figli specie
perché si pagano asili e baby sitter: per le donne è normale
lasciare i bambini e tornare a lavorare, hanno puntato molto nel
conciliare lavoro e crescita dei bambini.
I nidi sono aperti 11 ore al giorno,
dal mattino fino alla sera e possono essere portati all'orario più
comodo per i genitori.
Esiste anche il servizio delle baby
sitter, un lavoro come un altro: le famiglie consegnano i figli a
delle persone che li tengono e li curano, fino a dieci ore al giorno.
Infine ci sono centri pubblici che
accolgono i bambini, li fanno socializzare, fanno corsi di musica e
che costano solo 70 euro all'anno.
Non c'è nessuna pressione sulle donne
francesi nell'occuparsi dei figli, come in Italia.
Dalla Francia al Belgio dove il mondo
del lavoro è calato sulle esigenze delle famiglie: non è
considerato immorale uscire prima dal lavoro per accudire i bambini.
A Bolzano troviamo un'Italia
diversa: in questa provincia troviamo fasciatoi ovunque, per mamme
che non devono fare sacrifici perché le aziende hanno all'interno
delle aziende.
A Bolzano troviamo le “mamme a
noleggio”, donne che curano diversi bambini pagate in parte anche
dal comune.
Il comune di Bolzano hanno scelto di
spendere i soldi nelle politiche familiari: una scelta politica
chiara.
In studio Iacona ha intervistato Emma
Ciccarelli vicepresidente
del Forum delle Associazioni familiari: prendendo 6 miliardi dagli
assegni familiari non usati, 2 miliardi dal bonus bebè (fondo che
non viene sfruttato) e prendendo parte dei soldi dagli 80 euro di
Renzi si possono prendere risorse per fare anche in Italia politiche
per la famiglia.
Si potrebbe
arrivare a dare 150 euro al mese per figlio, una misura universale
per tutte le famiglie.
Se si unissero in
un solo fondo tutte le detrazioni, concentrando tutte le risorse
assieme, si potrebbe alzare l'assegno per i figli fino a 250 euro,
una cifra che fa la differenza.
Michela Murgia ha sottolineato come le
politiche in Francia tutelino la donna come lavoratrice: le politiche
matriarcali in Italia hanno fallito, dove metà delle donne non
lavorano.
Chi decide di fare il figlio spesso va
in part-time, guadagnando di meno, prendendo in futuro pensioni più
basse.
In Italia devi decidere se fare figli
(senza ricevere aiuti) o lavorare (e vieni tacciata di egoismo).
Tutti maschi a decidere, nella
politica: le donne sono considerate un pezzo del welfare, sono
dedicate alla cura.
Presadiretta ha raccontato gli impatti
di una popolazione che invecchia sul sistema sanitario, nelle cui
strutture trovi sempre più gente anziana per curare malattie tipiche
di queste persone, da quelle dell'udito alla demenza senile.
In Liguria per contenere la spesa hanno
puntato sulla prevenzione, contro artrosi, contro il rischio di
fratture agli arti, perché un paziente anziano ha un costo superiore
per la sanità pubblica.
Una bella storia di solidarietà.
A Genova i volontari della comunità di
Sant'Egidio hanno deciso di aiutare gli anziani che vivono da soli:
l'invecchiamento della società ha un impatto sulla coesione sociale
delle persone.
Si creano relazioni tra le persone, tra
questi volontari (circa mille) e i duemila anziani a cui questi fanno
visita.
Potremmo almeno cercare di fermare
l'emorragia di giovani che, sempre più spesso, lasciano questo
paese: alcuni erano ospiti in studio, giovani laureati andati in
Inghilterra, in Germania o in Svizzera per il modo in cui si è
costretti a lavorare in Italia.
Da noi si lavora a nero, con salari
bassi, precari, insufficienti per pensare ad un futuro.
In Italia si tende a non pagare il
lavoro, usando la scusa puerile che nei primi anni si devono fare
sacrifici.
I sacrifici fatti da Daniela, che ha
lavorato a nero per anni, prima di andare a Londra e trovare un posto
con un contratto stabile in un giorno.
Noi trattiamo male i nostri laureati,
quelli senza raccomandazioni, quelli senza amicizie da tirar fuori al
momento giusto.
Se la politica non inizia a fare
qualcosa, i giovani continueranno a scappare. Ma i dati dell'Istat
dicono che oggi scappano anche gli immigrati, pure quelli che
contribuiscono al nostro benessere.
Colpa della crisi e anche colpa delle
politiche razziste di questi mesi che hanno bloccato i flussi, che
discriminano gli immigrati (che rimangono irregolari nel nostro
territorio) – racconta l'ex presidente Inps Boeri.
Toti è alleato di Matteo Salvini ed è
favorevole alle sue politiche: il fenomeno migratorio va governato,
ma ammette che non possiamo espellerli, perché isolati in Europa.
Servirebbe un percorso di
regolarizzazione, per capire chi possiamo tenere o meno.
Come gestirà il nuovo governo
l'immigrazione?
In Italia è entrato un nuovo fattore,
un razzismo strisciante che ha colpito molte persone, di colore, come
la famiglia di Budrio, Margherita e Alvin i cui tre figli sono stati
vittime di violenze psicologiche da parte dei compagni di scuola.
Violenze che non si fermano e che i
bambini addirittura pensano di meritarsi e che non raccontano più ai
genitori.
Così i genitori, per proteggere
l'integrità dei figli, stanno pensando di lasciare il paese,
l'Italia: andare in un altro paese dove la multiculturalità, il
melting pot sia un valore.
Del clima di intolleranza ha parlato la
scrittrice Michela Murgia, vittima di attacchi squadristici a causa
delle sue critiche contro l'ex ministro Salvini.
Non dovremmo sottovalutare quando un
ministro o un pezzo delle istituzioni sdoganano atteggiamenti ed
espressioni che una volta si sentivano al bar.
I fan di Salvini, nelle pagine
ufficiali e non, hanno avallato il suo linguaggio, riempiendo i suoi
avversari politici di insulti triviali.
Il Canada dell'integrazione
In Canada gli stranieri sono una
risorsa e non un problema: è il paese col più alto asso di
immigrazione e il governo ha deciso di far entrare, entro il 2020, un
milione di migranti.
Più popolazione significa più
persone, più tasse, più posti di lavoro, più figli.
Uno choc per i sovranisti italiani
forse, ma questa è la realtà: il 60% dei migranti sono di natura
economica e sono selezionati dal ministero per l'immigrazione, che si
occupa, tra le altre cose, di fare assistenza ai migranti.
Aiutarli a trovare un lavoro, aiutarli
ad aprire un conto, aiutarli ad imparare la lingua.
Dal 2017 il Canada ha raccolto migliaia
di rifugiati, mentre l'Europa alzava i muri.
Dopo pochi anni, circa l'85% di questi
riceve la cittadinanza: è direttamente il primo ministro Trudeau che
da loro il benvenuto in video dove si parla di futuro da costruire
assieme, “benvenuti a casa”.
Come cittadini potranno votare,
candidarsi ma dovranno anche rispettare le leggi, come giusto che
sia: senza il contributo degli immigrati si stima che nel 2030 il
Canada sarebbe arrivato alla crescita zero.
Fa una certa impressione – se si
pensa a quanto abbiamo visto in Italia, alle grida manzoniane contro
l'invasione degli immigrati – vedere le facce dei neo-cittadini
canadesi emozionati mentre prestano giuramento.
In Canada esiste un ministro per
l'immigrazione (quello che lo stesso ex presidente Romano Prodi aveva
proposto per l'Italia): alla giornalista di Presa diretta spiega che
quando gli immigrati arrivano col visto temporaneo, non sanno se
rimarranno l'anno successivo, dunque “non si sistemeranno, non
compreranno una casa, non faranno piani a lungo termine, perché non
sei sicuro di poter rimanere lì. Ma quando hai la cittadinanza, ti
impegnerai in quel paese, e darai il tuo contributo. Noi vogliamo che
gli immigrati portino beneficio al paese, ma dobbiamo renderli parte
della nostra famiglia. Immagini cosa significhi vivere per trent'anni
in un paese e sentirsi ancora un ospite. Vuol dire che non ti
sentirai mai parte di quel paese”.
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