L'incipit del romanzo .
Lume d'alba non filtrava nel cortiglio della «Splendor», la società che aveva in appalto la nettezza urbana di Vigàta, una nuvolaglia bassa e densa cummigliava completamente il cielo come se fosse stato tirato un telone grigio da cornicione a cornicione, foglia non si cataminava, il vento di scirocco tardava ad arrisbigliarsi dal suo sonno piombigno, già si faticava a scangiare parole.
[da wikiquote]
Il primo romanzo di Camilleri con Montalbano, è ambientato nella Sicilia del 1993, negli anni del crollo della Prima Repubblica e delle stragi di mafia.
E anche dei militari mandati dallo stato per alleggerire i compiti di controllo del territorio delle forze dell'ordine: "imberbi fiulani di leva" si erano ritrovati ad ansimare per il caldo in quel paese in cui si parlava una lingua sconosciuta fatta più di silenzi che di parole.
Disagio alleviato dalla libera imprenditoria mafiosa che in una ex area industriale aveva tirato su un bordello a cielo aperto. Proprio alla Mannara, chiamata così perchè una volta un pastore vi teneva le sue pecore, due due munnezzari ritrovano il cadavere di un potente uomo vigatese. L'ingegner Luparello. E i due, chiamano il l'avvocato del morto:
«L'avvocato Rizzo?»
«Sono io»
«Mi scusassi avvocato se la disturbo all'ora che è .. abbiamo trovato l'ingegner Luparello .. ci pare morto ..»
Ci fu una pausa, poi Rizzo parlò.
«E perchè lo vine e contare a me?»
Pino Stunò, tutto s'aspettava ,meno che quella risposta, gil parse stramma.
«Ma come?! Lei non è .. il suo migliore amico? ci è parso doveroso ..»
«Vi ringrazio. ma prima di tutto è necessario che facciate il dovere vostro. Buongiorno».
Saro era stato a sentire tutta la telefonata, con la guancia appoggiata quella di Pino. Si taliarono, perplessi. A Rizzo era come se gli avessero contato di avere trovato un tale catafero, di cui non sapevano il nome.
«E che minchia, era amico suo, no?» sbottò Saro.
«E che ne sappiamo? Capace che negli ultimi tempi si erano sciarriati» si consolò Pino.
«E ora che facciamo?»
«Andiamo a fare il dovere nostro, come dice l'avvocato» concluse Pino.
Si avviarono verso il paese, diretti al commissariato. Di andare ai carabinieri manco gli era passato nell'anticamera del cervello, li comandava un tenente milanese. Il commissario invece era di Catania, di nome faceva Salvo Montalbano, e quando voleva capire una cosa, la capiva
pagina 16-17
Una morte naturale, quella del potente costruttore e anche segretario politico: grazie al fatto di essere rimasto in secondo piano negli anni passati, era riuscito a passare indenne scandali e inchieste giudiziarie (siamo negli anni di Mani Pulite) che avevano spazzato via i compagni di partito democratico e cristiano. Era riuscito a ricostruirsi un'immagine pulita dopo gli scandali presentandosi come alfiere del rinnovamento.
E' proprio questa scoperta del cadavere, in una discarica frequentata da “troie e garrusi di vario genere”, a non convincere il commissario Montalbano. A quella morte è stata data una forma infamante, come se si volesse infangare una volta per tutte l'immagine dell'uomo politico.
Perchè nonostante il riserbo delle forze dell'ordine e della stampa, le voci iniziano a girare.
Come racconta l'amico giornalista Zito, a Montalbano.
“«Se tu vuoi fare scordare alla lesta uno scandalo, non devi fare altro che parlarne più che puoi, alla televisione, sui giornali. Dai e ridai, pesta e ripesta; dopo un poco la gente comincia a rompersi le palle: ma quanto la stanno facendo lunga! Ma perché non la finiscono. Tempo quindici giorni e quest'effetto di saturazione fa sì che nessuno voglia più sentir parlare di quello scandalo. Capito?».
«Credo di sì».
«Se invece metti tutto in silenzio, il silenzio comincia a parlare, moltiplica le voci incontrollate, non la finisce più di farle crescere..»” .
Nonostante tutti i consigli alla prudenza e gli inviti ad archiviare il tutto, il commissario inizia una indagine portata avanti a colpi di intuizioni, incontri al chiaror di luna con l'amico Gegè (il tenutario della Mannara). Oltre a quel luogo così insolito, è anche un'altra cosa che insospettisce Montalbano: tutti gli indizi sembrano portarlo verso un colpevole ben preciso, Ingrid , moglie "svidisa" del figlio di un avversario politico di Luparello, il morto.
Ma Montalbano non è sbirro da accontentarsi alla forma che è stata data all'acqua, ovvero alle comode forme cui hanno abituato le cronache della criminalità organizzata.
"Che fai?" gli domandai. E lui, a sua volta, mi fece una domanda.
Qual'e' la forma dell'acqua?".
"Ma l'acqua non ha forma!" dissi ridendo: "Piglia la forma che le viene data".
La forma dell'acqua è un romanzo in cui tutti i personaggi, Montalbano compreso, sono funzionali ad uno scopo preciso, la descrizione di un contesto: pur se ambientato in un luogo inventato, Camilleri racconta della mafia, pur senza mai mostrarla, della politica corrotta e capace solo di voltare gabbana.
Politica, industria, imprenditoria legate assieme da interessi contorti come gli alambicchi che spuntano dall'industria abbandonata alla Mannera, tirata su col “vento delle magnifiche sorti e progressive”.
Per trovare il filo che sbroglia questa matassa, Montalbano risolverà la matassa con un alto esercizio intellettuale, “aveva voluto agire come quel Dio di quart'ordine alla sua prima, e sperava, ultima esperienza, ci aveva indovinato in pieno”.
Il link per ordinare il libro su ibs.
La scheda del libro sul sito Vigata.org
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