22 settembre 2014

Trasporto pubblico – Presa diretta

Il trasporto pubblico in Italia confrontato col caso Francia: un altro spread che ci separa dai paesi civilizzati. In Francia il settore del TPL è stato usato come volano per rilanciare le industrie, creare occupazione, per dare un'impronta civile allo sviluppo edilizio delle città e dei quartieri. In Francia ministri e politici si preoccupano di mantenere posti di lavoro in questo settore, anche per aziende straniere come la Irisbus Francia: qui c'è una pianificazione quinquennale delle industrie, dei piani stringenti, c'è un mercato interno dei bus che fanno da ossatura (assieme a metro e treni) per il trasporto locale.
In Francia tutto è pensato attorno al trasporto: i quartieri che devono nascere comprensivi di questi servizi, gli abbonamenti che costano un po' di più ma sono integrati in un sistema che prevede parcheggi gratis e la possibilità di girare per tutta la regione.
Il cittadini è invogliato ad usare mezzi pubblici che arrivano in orario, sono confortevoli, sono dati in gestione a manager competenti che sanno usare al meglio i soldi delle tasse. Fa impressione il confronto, veramente impietoso, tra quello che le telecamere di Presa diretta hanno mostrato di Roma, Napoli, Bologna, (e in Sicilia, in Puglia, in Calabria) con quanto poi succede a Parigi, ma anche nel profondo nord della Bretagna.


Mentre in Italia si è lasciato che la Fiat chiudesse la Irisbus  (e forse, dopo lunghe trattative, rinascerà un polo industriale per mano di investimenti cinesi), causando un danno economico non solo per la chiusura dello stabilimento (costruito coi fondi per il mezzogiorno, non coi soldi degli Agnelli) ma anche per l'indotto, in Francia le cose per la Irisbus francese vanno alla grande.
La produzione aumenta sempre di più: la Francia ci tiene a tenere aperti gli impianti, mentre in Italia i ministri dello sviluppo economico si sono fatti notare per le loro assenze.
Dei 1000 bus prodotti a Lione, circa 600 rimangono in Francia, ma 300 arrivano in Italia.


Eppure quanto avremmo bisogno di trasporto pubblico in Italia: abbiamo il parco mezzi più vecchio, visto che circa l'80% di questi sono obsoleti e pericolosi per la nostra salute (non solo l'inquinamento, ma perché sono a rischio incidenti).
Perché in Italia non si investe come in Francia in questo settore? Perché lì c'è una diversa percezione del pubblico. In Italia è sinonimo di sprechi, clientelismo, parentopoli, mazzette (vedi inchiesta su Finmeccanica, concorrente di Irisbus), manager di nomina politica incompetenti.
In Bretagna, per dirne una, le aziende pagano una tassa alle regioni che finisce nel settore dei trasporti. Le aziende pagano parte degli abbonamenti ai propri dipendenti: perché si preferisce avere persone meno stressate, più motivate ogni mattina.

Che differenza con le immagini dei pendolari di Rennes e Nantes: in ogni stazione si è in gradi di controllare tutti gli arrivi anche nelle altre, la tolleranza per i ritardi è di 2 minuti. I bus si rompono raramente perché lì, è il gestore che paga una penale.
In Bretagna lo stato non paga quasi niente per questo settore: il 60% dei costi sono ripagati dai biglietti (altra cultura, lì i biglietti sono pagati, qui invece si tollera lo scandalo dei biglietti falsi dell'Atac) e il resto dalle imprese, come si è detto.


Il miracolo economico che ha risollevato una regione che, negli anni '90 era in crisi (come il nostro sud) è avvenuto grazie ad una politica capace di fare buona politica. Una politica che ha puntato su trasporti e infrastrutture. Una politica che ha attratto le aziende a spostarsi qui: non è un caso se il Front National è rimasto al 10%, caso unico.


Sapete come hanno risolto il problema del sovraffollamento della metrò, negli orari di punta? Non hanno costruito nuove linee, come si sarebbe fatto in Italia (con le relative mazzette). Hanno semplicemente spostato di 15 minuti gli orari di ingresso degli studenti. È l'uovo di colombo.
Per le regioni francesi, i trasporti sono una priorità: gli investimenti fatti negli anni sono tutti ritornati alla collettività, in forma di servizi di eccellenza. È stata una scelta politica dopo la crisi dei cantieri navali: 1300 nuovi posti di lavoro l'anno, 120 ml di persone che ogni anno usano i mezzi di trasporto pubblici, una città come Nantes che diventa la più vivibile di Francia.

“Qui c'è un'ambizione pubblica” diceva a Lisa Iotti una funzionaria dell'amministrazione. Altro che articolo 18, demansionamento, contrazione dei salati e dei diritti.

Il fallimento del trasporto pubblico in Italia porta come conseguenza all'impoverimento di intere regioni del sud: come l'Irpinia, dove non ci sono bus che girano nel pomeriggio. Ad Avellino non ci sono treni.
A Napoli, puoi andare a Bagnoli ma non tornare indietro. I tagli al trasporto pubblico portano alla mancata sostituzione di mezzi obsoleti, che si rompono ogni giorno, causando ulteriori costi e bloccando il servizio.

Ma tanto ci sono i pulmini abusivi, senza assicurazione e senza sicurezza, per fare quello che lo stato, le regioni e i comuni non sono in grado di fare.


Viaggiare per Roma capitale.
Roma caput mundi, si dice. Ma se devi viaggiare, prendi l'auto e mettici l'anima in pace per tutte le code che troverai in strada. La situazione di Roma è una vergogna nazionale: come si possa concepire che qui si possano portare eventi nazionali come le Olimpiadi è per me inconcepibile (già Milano con Expo avrà i suoi problemi).
Le linee sono piene. I mezzi in ritardo. I treni per Roma (la capitale) vengono soppressi (rimodulati, ti dicono). I bus rimangono imbottigliati nel traffico nelle strade assieme a tutta la gente che preferisce i mezzi propri.
Stress, inquinamento, spreco di soldi e di tempo. In Francia, anche il tempo delle persone che si spostano è considerato un bene comune. Altro paese, altra politica, altra concezione di pubblico.
Come è successo a Roma? Le varie amministrazioni comunali che si sono succedute hanno dato in gestione ai vari palazzinari lo sviluppo urbanistico delle periferie. Dovevano costruire i servizi accessori oltre ai palazzoni, ma non hanno fatto niente o quasi.
Roma sud non ha un piano dei trasporti, a Trigoria si continua a costruire senza fare stazioni o linee di bus, a quartiere Caltagirone si è fatta una lottizzazione selvaggia senza fermata dei treni.



Riccardo Iacona è salito sul trenino Ostia Roma, partendo dalla stazione di Acilia dove non ci sono nemmeno i parcheggi. Ha accompagnato un pendolare che doveva arrivare alla sede di Almaviva: due ore di viaggio, per qualche decina di chilometri. Inutile parlare di contributi per i mezzi pubblici, di creare una fermata ad hoc per i 3000 dipendenti della sede di Almaviva .. Auto, auto e fortissimamente auto.


Arrivati a Roma, poi, ci sono solo due linee di metrò, mentre le linee di superficie sono garantite in base agli straordinari dei lavoratori.
E sperando che i mezzi non si rompano.
Soldi per sostituirli non ci sono: Atac ha un buco da 700 ml di euro.
Da dove arriva questo buco?
Dei 300 mezzi, solo 66 sono nuovi acquisti (e arrivano dalla Francia). Gli altri hanno quasi l'età della rottamazione. I filobus elettrici sono per metà fermi nei depositi, per problemi alle batterie che le varie gestioni dentro l'Atac non sono state in grado di risolvere.
Atac non paga i fornitori che, a loro volta, non pagano gli stipendi: è il caso della Ciclat, l'azienda che si occupa di manutenzione. Della TPL, che si occupa in subappalto del trasporto in periferia.

Il buco, dicono alcuni sindacalisti dell'USB, deriva dall'inefficienza del servizio e dalle vetture vecchie.
Ma c'è anche la storia delle tangenti, pagante da Finmeccanica, per i filobus della Laurentina : dei bus non c'è traccia, ma in compenso c'è una corsia vuota in mezzo alla strada.
Delle inchieste su Atac ha parlato in studio il giornalista Carlo Bonini: della stecca presa da Riccardo Mancino, uomo di Alemanno e persona di riferimento nell'ambito trasporti.
Cola, altro uomo Finmeccanica, dice che anche Alemanno avrebbe richiesto la sua parte.
Ma l'interesse dell'azienda (pubblica!!!!) non era quello dei trasporti: la vera torta da spartire erano i fondi per 2 miliardi per la metropolitana.
Altra causa dei buchi di bilancio in Atac è lo scandalo dei biglietticlonati, per cui 12 persone sono state rinviate a giudizio, ma per cui è partita una nuova indagine che toccherà anche i manager.

E' veramente incredibile questo sistema, dove un'azienda pubblica paga una amministrazione pubblica per entrare in un affare. Il cittadino, in questi casi, paga due volte: per il servizio che non c'è e per i soldi pubblici che finiscono nelle tasche private di politici e manager.
È la Finmeccanica degli scandali, camera di compensazione per interessi privati dei tanti gruppi politici che piazzavano (e piazzano ancora?) lì le loro persone di riferimento.

La stessa Finmeccanica che ha sposato la vocazione militare, per lasciar perdere la costruzione di bus e treni.
Come diceva l'amministratrice francese? “Qui c'è un'ambizione pubblica”. Da noi c'è ambizione e basta.
Il governo ha stanziato 300 ml per il TPL, ne servirebbero almeno 750 ml per rinnovare il parco mezzi e fare un vero investimento che avrebbe un sicuro ritorno.
Ma per il momento, l'unica cosa che si riesce a fare è portare in Europa (e negli Stati Uniti) lo scalpo dei diritti per sperare di attrarre qualche investitore straniero.


Investitore che pure avrà visto le condizioni del sistema dei trasporti.
Che sapranno del contesto italiano fatto di mazzette, burocrazia e giustizia lenta.

Per affrontare questi problemi servirebbe una politica con una vera vocazione e ambizione pubblica. Ad avercene.

PS: settimana prossima si parlerà dei 15 miliardi di fondi UE che non abbiamo speso e che rischiamo di perdere. Ma non si diceva che non c'erano soldi per gli investimenti?

Potete rivedere la puntata qui e qui trovate la scheda della puntata.


Nessun commento: