“Il tempo degli amanti è rubato a vite costruite su altri affetti, passioni, consuetudini. Strutture complesse e allo stesso tempo così delicate che l'amore clandestino può distruggere anche solo con l'annuncio della propria esistenza.”
L'aveva annunciato durante la passata
rassegna letteraria “La
passione per il delitto” nell'ottobre passato: a marzo
uscirà il nuovo romanzo con l'Alligatore e ci sarà un incontro
scontro tra l'investigatore con la passione del blues e del Calvados
e “il re di cuori”, Giorgio Pellegrini.
E che scontro sia: questo romanzo
riparte da dove
avevamo lasciato la faida tra Marco Buratti e i suoi amici (Max
la memoria e Beniamino Rossini) e la banda criminale serba dei
Garašanin, che aveva rapito la compagna del bandito
italo-marsigliese.
Sangue che chiamerà altro sangue (e
che toccherà persone vicine ai protagonisti) mettendo in crisi la
loro amicizia.
“Mi ero rifugiato a Cagliari per cercare di trovare un senso alla mia vita. Alla mia nuova vita. Perché quella che avevo vissuto fino
a un paio di settimane prima era stata spazzata via dalle onde su una spiaggia di Beirut”.
Il libro inizia così: con l'Alligatore
a bere calvados in un bar di Cagliari, dove si è rifugiato dal
mondo, che viene avvicinato da una signora svizzera dal doppio
cognome (Oriana Pozzi Vitali) e dall'aria distinta, che gli chiede di
aiutarla.
Si era scomodata per propormi un caso. Di solito qualcuno da cercare. Magari la figlia era scappata con lo stalliere o il marito
con la cuoca. Spegnendo la cicca riflettei sul fatto che una volta nessuno avrebbe preso in considerazione cuoche e cuochi come
compagni di fuga. I tempi erano cambiati. Oggi erano delle star e avevano un'opinione su tutto.
Presto ce ne saremmo trovato uno alla guida del Paese.
Dopo una prima risposta negativa, di
fronte all'insistenza della signora, l'Alligatore accetta l'incarico
che gli viene proposto: si tratta di un caso di rapimento,
probabilmente finito male.
Ad essere rapito è stato l'amante, il
professore Guido Dal Vecchio: rapimento cui è seguita una telefonata
da parte della banda, in cui chiedevano un riscatto in gioielli, per
un prezzo nemmeno troppo alto.
A quel punto la donna, per paura, per
ignavia, per codardia ad affrontare la realtà (e lo scandalo) ha
deciso di chiudere la storia e l'amante Guido fuori dalla sua vita.
«Ho taciuto un crimine e ne sono diventata complice» spiegò con un filo di voce. «Forse una persona è stata uccisa e io sono la
sola a saperlo. Per vigliaccheria ho preferito rimanere nell’ombra...
Ma ora, passati dei
mesi, il rimorso e il crollo emotivo provato, l'hanno convinta a
voler sapere la verità sulla scomparsa dell'amante, con discrezione,
affidandosi ad un investigatore capace e con una certa esperienza
nell'ambiente.
L'Alligatore
accetta: non solo per i soldi o per il fascino della ricca signora
dal doppio cognome. Il gettarsi dentro un'indagine, avere un caso da
risolvere poteva voler dire uscire da quella situazione di abulia, di
avvitamento verso il basso:
“Il vero motivo che mi spingeva a dare la caccia alla banda dei sequestratori era che mi avrebbe allontanato per chissà quanto tempo dai miei problemi. E questo valeva anche per Max. Investigare significava imboccare un tunnel dove il buio impediva di guardarsi attorno”.
Il primo passo è
muoversi verso Padova, dove la coppia si incontrava, consumando il
loro rapporto clandestino tra un appartamento nel centro (di
proprietà di lei) e i ristoranti della provincia.
A Padova, Max e
l'Alligatore, per avere maggiori informazioni sul caso, si rivolgono
ad un poliziotto della Questura: l'ispettore Campagna (altro
personaggio dei romanzi di Carlotto), passato dalla narcotici alla
squadra antirapine:
“Non avrebbe dovuto accettare di incontrare l'Alligatore. Giulio Campagna continuava a ripeterselo mentre pedalava verso la Questura. Da tempo non era più certo di reggere il peso del suo lavoro. Era emigrato da una sezione all'altra recitando il ruolo dello sbirro eccentrico nel vestire, insofferente alle gerarchie e in perenne contrasto coi colleghi per la testardaggine nel voler condurre le indagini a modo suo. [..]La verità era che l'ispettore era un tipo angosciato. Lavorando per anni alla narcotici aveva assistito alla lenta ma inesorabile vittoria delle organizzazioni criminali, all'impossibilità di arginare spaccio e consumo”.
Giulio Campagna
è uno di quei poliziotti destinati a non far carriera per
l'incapacità nel piegarsi verso i superiori, che veste in modo
stravagante (mentre un poliziotto in borghese dovrebbe passare
inosservato) e che, per la sua ostinazione nel voler combattere il
crimine (i gruppi criminali che hanno in mano il traffico di droga)
rischia di rovinarsi la salute e la famiglia.
Un incontro scontro
che fa scintille, per la diffidenza tra il poliziotto e il bandito,
anzi, i banditi.
Accomunati dal
desiderio di non lasciare impunito questo crimine, compiuto da questa
“banda degli amanti” che deve essere fermata.
Girando per i
ristoranti frequentati dalla coppia, i due investigatori senza
patente arrivano alla Nena. Il ristorante di Giorgio Pellegrini,
il “re di cuori”, l'ex terrorista che era riuscito a
ripulirsi la fedina e che
avevamo lasciato vincitore nello scontro con l'avvocato Brianese
e le cosche della ndrangheta.
Alla
Nena si incontrano i “padroni”
del nordest (come li ha già raccontati Carlotto nel suo
libro):
industriali delocalizzati, professionisti che si occupavano di loro con abilità da funamboli, politici di basso livello con scritto in fronte “corruttibile”, commercianti che mantenevano l'attività con l'usura accompagnati da commesse atteggiate a escort. Il ritratto di un Veneto parassita, volgare, famelico, eppure ancora profondamente radicato es inestirpabile.
Se l'Alligatore è l'emblema di
una criminalità fuori dal tempo, Campagna l'esempio del
poliziotto “che arranca tra un reato e l’altro”, Brianese
è la rappresentazione del politico che sguazza nel sistema della
corruzione legata ai rgandi appalti pubblici. I riferimenti con i
recenti casi di cronaca non sono nemmeno troppo velati (e ognuno e
libero di vedere chi vuole dietro il personaggio dell'avvocato)
“Il Veneto era sconvolto dall’arresto di un folto gruppo di politici, imprenditori, amministratori e altre figure di contorno,[..]Milioni e milioni di euro intascati grazie alle tangenti delle solite grandi opere. Soldi che erano finiti in Croazia e a Dubai, investiti in ville e speculazioni edilizie.Tutti avevano accusato Brianese di essere la mente, l’ideatore di una rete criminale dedita “a rendere più agile la politica”. Frase che ripeteva a coloro a cui chiedeva denaro. La sua difesa in parlamento per evitare l’arresto era stata patetica e inutile”.
Chi sia Giorgio Pellegrini, lo dice lui
stesso, parlando di sé in prima persona:
“Sono un predatore. Amo appropriarmi degli altri, delle loro vite. Controllarle, esserne padrone, e come tale avere i potere di renderli peggiori, impedire loro di guardarsi allo specchio senza provocarne disprezzo.”
Pellegrini è il
rappresentante della criminalità 2.0, capace di adattarsi ai tempi
che cambiano, spietata e violenta, senza nessuna regola se non quella
di distruggere tutti quelli che si mettono sulla sua strada.
Cosa succederà ora
che il destino li ha messi uno di fronte all'altro? Sarà uno scontro
in cui uno dei contendenti è destinato a lasciarci le penne.
E la storia è
destinata ad andare avanti!!
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