11 marzo 2015

Le grida manzoniane

Domenica scorsa ho seguito la puntata de l'Arena di Giletti dove si parlava dei macchinisti di Trenord, quei furbetti che causavano ritardi per guadagnare sui ritardi.
Quanto avranno preso alla collettività (sempre se venissero confermate le accuse, perché la presunzione di innocenza vale anche per loro)?.
Sempre poco, se confrontato alle ruberie, sempre eventuali, dei manager.
Ci sono tante storie che si sentono: berline di lusso, autisti, doppio iphone perché con uno leggi le email, con l'altro telefoni, spese pazze, multe condonate ...
Un parco macchine sconfinato. Solo quattro, di rappresentanza — si dice tutte berline tedesche ottenute con un contratto di leasing da una società finita nei mesi scorsi in un’altra inchiesta della Procura e legata a Comunione e liberazione — nella esclusiva disponibilità dell’ufficio di presidenza di Ferrovie Nord Milano (Fnm). Ma anche autisti, svariate segretarie a disposizione di alcuni rappresentanti del consiglio dei sindaci e del consiglio di amministrazione. Più ci si addentra tra le uscite della società che gestisce il sistema ferroviario lombardo e più i dubbi su sprechi e scarsa trasparenza si materializzano.
Da un primo screening sulle carte raccolte dal Nucleo investigativo dei carabinieri, su ordine del pm Giovanni Polizzi, è emerso che solo per le multe stradali degli ultimi anni Fnm avrebbe speso 120mila euro. Il sospetto, circostanziato, è che le contravvenzioni siano state prese anche da familiari dei manager e che nulla abbiano a che fare con gli impegni istituzionali.L’ipotesi d’accusa su cui si sta lavorando è quella di peculato, al momento contro ignoti. La magistratura è stata coinvolta ai primi di febbraio con un esposto che proviene dall’interno delle stesse Ferrovie Nord. E amplia il raggio delle presunte irregolarità anche a tutti i benefit garantiti al management, per finire alle consulenze esterne e all’uso troppo disinvolto (e apparentemente senza controlli) delle spese di «cassa».
Cosa troveranno di penalmente rilevante gli inquirenti, sarà il tempo a dirlo. Per incrociare i dati, trovare conferme a quelli che oggi sono pesanti sospetti serviranno ancora alcune settimane. Per adesso, a verbale, sono già state ascoltate come testimoni diverse dipendenti dei vertici della società. Fnm spa conferma con una nota che «si sono svolte nei giorni scorsi presso i suoi uffici attività di indagine delegate dalla procura, allo stato a carico di ignoti. La società è quotata in Borsa e soggetta perciò al regime privatistico dei controlli». Fnm tiene anche a rimarcare come «i bilanci, siano in regola e validati secondo legge. Tutte le spese sostenute sono riportate nei documenti sociali secondo i criteri contabili internazionali ai quali la Società è tenuta».
L’azienda, infine, ricorda come «da molti anni i suoi bilanci siano in attivo, grazie a una gestione rigorosa dei conti e a una politica industriale di diversificazione che ha reso possibile sostenere in proprio cospicui investimenti in mezzi di trasporto di cui beneficia il trasporto pubblico locale lombardo. In questo modo Fnm ha preservato il suo patrimonio, tenuto fede alla sua mission, tutelato i suoi azionisti, ivi compreso l’azionista di controllo Regione Lombardia, garantendo negli ultimi due anni anche la remunerazione del capitale investito». Una nota che, però, non spegne le polemiche. «L’ennesima inchiesta della magistratura — sostiene Dario Balotta, responsabile trasporti di Legambiente Lombardia — ripropone con forza il tema dell’utilizzo privato delle consistenti risorse pubbliche, trasferite dalla Regione, per i treni pendolari e non per gli stipendi dei manager aziendali tutti dotati di auto personale».
Ma le grida manzoniane si sono fermate ai macchinisti.
E pensare che Trenord dovrebbe occuparsi di treni. E che la regione Lombardia è da tanti considerata la regione modello.
Quella dei manager selezionati per vicinanza politica. 

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