Il tag per commentare la puntata di
Presadiretta
era #3percento: si parlava infatti dei vincoli europei che ci siamo
dati e che vincolano la politica economica e sociale. Ogni giorno, al
lavoro, quando prendiamo i mezzi pubblici, quando abbiamo bisogno di
cure.
Cosa c'è di scientifico dietro la
regola del 3%? Che sicurezza abbiamo che rendendo il lavoro
flessibile, riparta l'occupazione?
22 gennaio 2015: la puntata è
partita dalla chiusura della campagna elettorale di Siryza, con
l'alta aspettativa dei greci stanchi dei ricatti della Troika.
Presa diretta ha seguito la giornata di
voto, l'entusiasmo attorno ad Alexis Tsipras, l'attenzione dei
giornalisti europei: in gioco non c'è solo il destino della Grecia,
ma qui si decide il destino dell'Europa, di quanta solidarietà ci
sarà tra gli stati.
Forse da qui può partire il processo
che porterà ad una vera federazione: l'austerità non può più
essere impostata ad un livello inaccettabile per una nazione. Sì ai
conti in ordine, sì alle riforme, ma basta con la macelleria
sociale.
Il primo discorso di Tsipras presidente
parlava proprio di questo: abbiamo avuto il mandato dal popolo greco
per dire basta con l'austerità e annullare il memorandum.
E l'Italia?
Tsipras e Varoufakis hanno firmato un
accordo per avere quattro mesi di tempo, per restituire il debito.
Hanno abbassato la testa, o forse è solo l'inizio di una nuova
partita.
Come nasce l'austerità: la regola
del 3%
Il rapporto deficit / pil sotto il 3%
nasce da un oscuro funzionario francese nel 1981: riceve una
telefonata da Mitterrand che gli chiedeva una regola per mettere un
freno alle richieste dei vari ministeri, per avere un tetto alla
spesa pubblica.
Il vincolo non nasce da una teoria
economica ma da una regola interna: il funzionario francese ha
pensato al deficit e al PIL: la divisione ha fatto venir fuori il
numero 3.
La regola è arrivata poi a Maastricht,
con Trichet che era capo di Gabinetto allora e quella formula è
diventato il cappio cui ci siamo impiccati.
Gli economisti hanno elaborato mille
teorie scientifiche per giustificare quel numero.
Ma noi italiani abbiamo fatto di più:
con Monti abbiamo messo nella Costituzione il pareggio di bilancio,
senza nessuna discussione parlamentare nel paese.
Solo 34 si sono astenuti dal voto: dal
2012 l'austerità è diventata regola istituzionale, in modo rapido
senza alcun approfondimento sugli effetti.
La fretta non era giustificata: abbiamo
voluto fare i primi della classe, racconta Rodotà.
La norma è stata approvata a
maggioranza assoluta, per escludere il referendum: e ora gli stessi
che l'hanno votata si lamentano della situazione europea.
Solo noi e la Germania abbiamo il
pareggio di bilancio in Costituzione: per l'onorevole Lanzillotta
addirittura era un momento che si aspettava da decenni.
Si creava così il nuovo totem.
Ideologico.
5 premi nobel lo hanno definito una
camicia di forza, perché impedisce alle generazioni future di fare
le loro scelte: Lisa Iotti ha intervistato un economista francese
che, contrario a questi vincoli. Anziché prendercela con gli
speculatori, che hanno causato la crisi, abbiamo solo vincolato
ulteriormente i bilanci.
Tutti i paesi, nel 2012, firmano
vincoli stretti come il fiscal compact: la ghigliottina che obbliga a
ridurre il debito per arrivare al 60% sul PIL. Nemmeno la Germania si
avvicina a questo numero.
“L'Europa si è intrappolata
nelle sue regole”, ha confermato alla giornalista l'economista
Angelo Baglioni de Lavoce.info.
Queste regole dettano il contrario di
quello che si dovrebbe fare: sono regole stupide, portate avanti da
estremisti del rigore.
“Se continua così, altro che
Grecia”: lo ha affermato Becchetti,
un altro economista chiede un referendum sul pareggio di bilancio. A
firmare per il referendum abrogativo sul fiscal compact anche il
senatore Vita, l'unico che due anni fa non votò il pareggio di
bilancio.
Mentre altri aderirono acriticamente al
governo Monti.
Letta, sul pareggio di bilancio,
scarica oggi la colpa su Berlusconi, ma all'epoca la pensava
all'opposto: parlava di atto solenne, di cambiamenti di buon senso.
Persino Monti dice che oggi al posto di
Berlusconi non avrebbe fatto quei patti.
Berlusconi oggi è paladino
dell'antiausterità. Lui che ha firmato tutto quello che l'Europa
gli ha chiesto di firmare. Nel 2011.
Tutti dicono che oggi l'austerità non
basta, anche Renzi.
Che durante le primarie per il PD voleva violare il patto di stabilità, la regola del 3%: “Non andiamo a Bruxelles a prendere ordini”. Ma poi non metterà mai in discussione della regola del 3%. Meglio essere prudenti in Europa.
Che durante le primarie per il PD voleva violare il patto di stabilità, la regola del 3%: “Non andiamo a Bruxelles a prendere ordini”. Ma poi non metterà mai in discussione della regola del 3%. Meglio essere prudenti in Europa.
La manovra di Renzi, presentata ad
ottobre, rispetta la regola e, a suo dire, è pure una manovra di
crescita: ma i 18 miliardi di tagli di tasse sono solo numeri,
sostiene l'ex senatore di FI Baldassarri, sono solo previsioni
rispetto alla spesa dell'anno prossimo.
Con l'austerità cresce la spesa pubblica: altro che diminuzione, altra spesa da coprire con altre tasse.
Con l'austerità cresce la spesa pubblica: altro che diminuzione, altra spesa da coprire con altre tasse.
Padoan il ministro, conferma
l'aumento della tassazione, in una audizione al Senato: crescerà
fino al 43,6%, con le clausole di salvaguardia, che significa aumento
dell'Iva e delle accise.
Padoan però è ottimista sul futuro:
lo stesso ministro che aveva sbagliato la previsione della crescita
del PIL, in soli sei mesi.
Perché non è facile fare le
previsioni: le hanno sbagliate tutti fino ad ora, Osce, Bankitalia,
BCE.
Dicevano +0,7 e invece siamo a -0,4%:
sono anni che le previsioni si sbagliano, ma si continua a ripetere
la storiella della luce in fondo al tunnel.
Grilli nel 2012 diceva che il debito
sarebbe sceso nel 2015 al 110% ….
Tremonti prevedeva nel 2009 0,2% di
crescita, siamo andati a -5,6%
Nel 2015 cresceremo di 0,6%, forse. O
più probabilmente non cresceremo affatto. E sarebbe il quarto anno
di seguito, una catastrofe.
Dovremmo cresce di qualche punto
percentuale, per uscire dalla crisi, altro che lo 0,1% che dice
l'Istat. Abbiamo perso 10 punti di pile e 1 milione di posti di
lavoro.
Al sud ci sono più morti che nati.
Ci vorrebbero forti investimenti
pubblici, quelli tagliati dai governi recenti.
Sono stati tagliati di 50 miliardi in
questi anni: oggi solo lo Stato crea reddito e posti di lavoro.
Abbiamo una classe dirigente che, per motivi ideologici, non riesce a
dire più pubblico.
L'intervista a Padoan: se tutti
hanno sbagliato le previsioni, se ora lei dice che ci sarà la
crescita, perché dovremmo crederle?
“Stiamo migliorando le
previsioni”, risponde il ministro.
La tenuta dei conti? Esamineremo le
voci della spesa, nel dettaglio, per impedire le clausole di
salvaguardia e scongiurare aumenti di tasse.
La pressione fiscale non si è ridotta:
il ministro ha risposto che l'aumento delle tasse tiene conto delle
clausole, per trasparenza.
Gli economisti come Giavazzi contestano
la manovra dicendo che è troppo blanda: “io non sono d'accordo con
Giavazzi” - Padoan. Abbiamo tagliato le tasse in modo selettivo,
abbiamo dato incentivi alle imprese per assumere.
Ridiscutere il 3% per liberare
risorse: lo stiamo facendo, dice Padoan. Le priorità sono
crescita e investimenti in Europa.
Mancano i progetti, risponde a Iacona:
per la scuola, l'ambiente.
“Il vero obiettivo per l'Italia è
mettere il debito in un sentiero di discesa: se avessi miliardi da
spendere, dove li metterei?”
E sullo spread “Lo spread cala
perché il mercato dice che stiamo facendo le riforme, non giuste, ma
sostenibili. Allentiamo i vincoli dall'interno, senza perdere la
fiducia”, conclude la prima parte dell'intervista.
La strada è giusta, dice il ministro.
Stretta ma giusta. Ma è una strada che sta costando tanto solo ai
ceti medi e deboli.
Come la flessibilità del lavoro: è
una ossessione della commissione europea. Una teoria che però non ha
fondamenti: a Parigi alla scuola di economia sostengono proprio il
contrario.
La richiesta di un mercato più
flessibile è solo ideologica: l'Ocse non ha mai portato una
correlazione tra regole del lavoro e occupazione.
Si vuole arrivare verso una
liberalizzazione del lavoro, per abbassare i salari, per attaccare i
diritti e le tutele sociali. La partita è politica, dicono a Parigi.
“Cominciamo a far pagare le tasse
a chi non le paga”, sostengono.
Queste politiche sul lavoro non stanno
portando benefici. Vedremo cosa succederà in Italia.
I luoghi comuni sulla Germania: il
lato oscuro della locomotiva tedesca
Almeno qui, la flessibilità porta a
maggiore occupazione? No.
Anche qui ci sono persone che non
riescono a mettere assieme i soldi per il pranzo. C'è una faccia
pubblica di nazione di successo, ma c'è anche una faccia nascosta,
quella delle persone che non hanno da mangiare.
E a Berlino ci sono centri dove
distribuiscono cibo ad 1 euro: che fine ha fatto il welfare tedesco?
Tutto è cambiato con le riforme di
Schroeder: adesso l'assegno di disoccupazione è stato ridotto e
ti arriva per meno tempo. Rischi di scivolare
nel girone dell'Hartz 4. Un assegno da poche centinaia di euro, e
sei costretto il lavoro che ti trovano. Anche se non riguarda il tuo
campo.
Se rifiuti, ti viene tolto tutto: sei
sempre reperibile e devi sempre rispondere, anche per lavori di un
giorno. Alle aziende va bene, perché pagano di meno i lavoratori.
Con le sanzioni, sei come un recluso in
casa, dice un manager che ha perso il lavoro ed è finito in Hartz
4....
Alle agenzie di lavoro non trovano
posti a tempo indeterminato, stabili: ti trovano lavori per pochi
mesi, dove sei costretto a viaggiare.
Una delle persone finite in questo
girone infernale ha raccontato la sua vita “Vivo con la paura,
che il datore di lavoro mi cacci via, che mi succeda un incidente,
che mi faccia male ad una partita di calcetto …”
Sono 6 milioni di persone che vivono in
regime
Hatz 4: manodopera a basso costo senza le tutele degli altri
lavoratori. Per un sussidio da 380 euro.
Anche in Germania il lavoro non c'è, a
parte i mini jobs. Come i lavori da 1 euro all'ora.
È la riforma che piace ai datori di
lavoro, come in Italia col jobs act.
Si dice che la disoccupazione è
scomparsa in Germania, con la flessibilità. Una deputata della Linke
ha spiegato come funziona il meccanismo dei numeri: in
Germania si mettono tra gli occupati quelli che sono senza lavoro, ma
sono iscritti ad un job center, e anche quelli che hanno uno dei mini
job.
Ora si lavora le stesse ore che si
avevano prima della riforma Schroeder: si sono cambiate le regole
del lavoro e con un trucco si sono aumentati i numeri
dell'occupazione.
I poveri tra gli anziani stanno
aumentando: i problemi sociali si sono spostati avanti negli anni.
Nel cuore di Berlino c'è un cimitero:
sono i morti della riforma del lavoro. Serve a mostrare alla gente
gli effetti delle riforme sulla vita della gente. Persone che sono
morte perché non potevano riscaldarsi. Morti assiderati nel parco o
asfissiati da una caldaietta.
E ora vorremmo portare questa riforma
in Italia. E ad applaudire saranno solo quegli imprenditori che
plaudono il lavoro gratis, senza tutele. Come quello di Expo per
esempio.
Qui
la seconda parte dell'intervista al ministro Padoan.
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