“Non è sempre facile da dire, la
verità.”
Il titolo non tragga in inganno: non si
parla di musica anni '70 in questo nerissimo noir di Riccardo Besola
(in questo romanzo senza il resto della compagnia di Ferrari e
Gallone). Anche se al centro della storia c'è un disco, di quelli in
celluloide, è un romanzo in puro stile poliziottesco, una storia di
mala, di gangster dall'aria anonima e di poliziotti corrotti, di
brava gente che si trova al posto sbagliato al momento sbagliato. E
che si ritrova a compiere scelte sbagliate .. Di figli che seguono le
orme sbagliate dei padri. E in mezzo, a far da collante a tutte
queste vite intrecciate un disco, quel disco, che passa di mano in
mano.
16 luglio 1975 – provincia di
Milano casa di incisione dischi FuturAudio
Tutto parte da un'incisione su un
disco, in una delle tante fabbrichette nella Brianza monzese: cosa
c'è di strani, direte voi?
Di strano c'è che a venire incisi sono
numeri e lettere.
Che questa richiesta, a Mario Spitz,
era arrivata da un tale conosciuto in un bar, che gli aveva promesso
un centone facile facile per quel lavoro.
“E dai Mario, fai il bravo. Verrà un uomo. Devi incidere qualcosa su uno dei dischi che fate lì in ditta da voi”.
Una sera, dopo la chiusura, sarebbe
arrivato da Mario un tale che gli avrebbe chiesto un lavoro. Quello
facile facile.
E che poi, finito al lavoro, anziché
dargli quel centone (facile, facile), gli punta una pistola in volto.
Ed ecco che entra in scena il secondo
protagonista della storia, coinvolto per caso. Quel caso che ti porta
ad essere nel posto sbagliato eccetera eccetera.
Bruno Moriago, si chiama:
costretto a tornare al capannone perché si è dimenticato lì il
portafoglio. E sulla Comasina c'è appena stato un incidente e allora
era entrato in un locale per telefonare quando si era accorto del
portafoglio.
Il caso dunque e la necessità di dover
decidere in fretta quando ti trovi davanti ad una scena da film: un
tipo sconosciuto con una strana camicia che minaccia il tuo collega.
Prendi una sbarra e ..
E poi? Denunci alla polizia, mandando
in rovina il principale che in quel capannone tiene dentro anche roba
in nero?
Oppure continui a prendere la decisione
sbagliata: disfarti del corpo gettandolo nelle acque del Lambro.
Ma quell'uomo non era una persona
qualunque, uno con un lavoro, che prende uno stipendio ogni fine
mese, per dire.
Era solo la punta dell'iceberg di una
banda. Che non dimentica. E che si mette sulle tracce di Mario e
Bruno.
“Era come se fossero finiti anche
loro nel Lambro, insieme a quello sconosciuto e alla Lancia Beta
color amaranto.”
Di errore in errore: quell'uomo morto
aveva una brutta faccia, e Bruno Moriago di brutte facce se ne
intende. Prima di metter su famiglia, sposarsi e avere un figlio,
Raul, anche lui aveva frequentato cattiva gente:
“aveva iniziato a capire che quella era una storia maledetta e complicata e le storie maledette e complicate non si risolvono con una sbarra di ferro e una Lancia Beta color amaranto fatta andare giù nel Lambro”.
A chi chiedere un
aiuto allora? Alla sua vecchia banda di in piazza Wagner, quando
veniva chiamato bistecca e si occupava di rubare le auto su
commissione.
Qui incontra una
vecchia amicizia, un uomo magrolino, ossuto, insignificante: un uomo
da niente, ma con una brutta faccia, che gli racconta un altro
pezzetto della storia dietro quel disco maledetto.
Una storia di una
banda, di sbirri corrotti ma con forti coperture in alto. Di ricatti
e di miliardi su un conto in Svizzera.
Il cui codice viene
diviso in due: metà agli sbirri e la seconda metà incisa su quel
disco. Capito adesso perché così importante?
Bruno capisce che
per salvarsi, dovrà continuare a fare altri sbagli, altri errori,
per sfuggire a quelli che gli stanno alle calcagna:
“La vecchia banda non se n’era mai andata, mai, neppure per un secondo, se lo ricordavano sempre, ogni giorno, e se lo erano ricordati dopo anni interi.”
Come tutti i
dischi, anche questa storia ha un lato A e un lato B. Il lato A, la
prima parte del racconto, si chiude sempre in quel luglio torrido del
1975. Davanti un pozzo asciutto in una cascina sperduta a Quinto
Romano, “un grumo di case e quella strada che passava nel mezzo”
estrema periferia milanese.
Si chiude con due
morti, che le indagini della polizia archivieranno come una brutta
storia di spaccio.
E quella brutta
faccia, che nella mala viene chiamato Mezzanotte, che finisce in
carcere.
Milano 1978, carcere di San
Vittore
“La cosa strana di San Vittore è che sta in mezzo alla città. Nel raggio di un chilometro si possono trovare Porta Vercellina con le sue eleganti boutique, la darsena dei Navigli, la basilica di Sant’Ambrogio,..”.
Il lato B del libro è una storia di vendetta, per cui vale la pena aspettare mesi e anni, e anche una storia della caccia all'oro, per cui vale la pena pestare a sangue e uccidere.
Di colpe dei padri
che ricadono sui figli.
Una lunga corsa
verso un finale dove non troveremo più buoni o cattivi ma dove
l'importante è rimanere vivi.
Ed è destino, quel
destino maledetto che non guarda in faccia a nessuno tra i cattivi e
i meno cattivi, che questa storia finisca ancora a Quinto Romano,
periferia di quella Milano “che non appartiene a nessuno”.
Un romanzo duro e
nero, “come il vinile” scrive Luca Crovi: una trama ben
ingegnata con diversi colpi di scena, con personaggi preda delle loro
debolezze, della loro rabbia, del dolore che si portano dentro.
Con le loro bugie e
coi loro vuoti interiori.
Un personaggio
della mala che è l'incarnazione del male. Uno di quelli cresciuti a
fregare il prossimo.
Una storia dura,
niente lieto fine all'uscita, che lascia una profonda sensazione di
amaro in bocca.
Solo la speranza di
rimanere vivi.
E, sullo sfondo, la
Milano anni '70, con la sua nebbia (che fine ha fatto?) la mala, gli
scontri tra rossi e neri.
Tra Tarantino e
Scerbanenco.
Buona lettura!
La scheda del libro
sul sito di Novecento
editore .
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