Incipit
Bruno Arcieri si era lasciato alle spalle gli addobbi di Natale del Ponte Vecchio e camminava per la stretta via de’ Bardi, con le mani affondate nelle tasche del cappotto.Alzando gli occhi vedeva solo un nastro di cielo grigio e piovigginoso, sopra i tetti dei palazzi medioevali. Che ore erano? Forse già le dieci. Avrebbe dovuto ricomprarsi un orologio.
Romanzo dopo romanzo, Leonardo Gori ci
ha raccontato la lunga carriera, le indagini e le missioni, le storie
personali del colonnello Bruno Arcieri, ex ufficiale del Sim,
carabiniere, fiorentino di nascita, con un passato pesante alle
spalle.
L'abbiamo visto assistere assieme alla
fidanzata Elena al maggio “nero” in cui si sanciva il patto
d'acciaio tra Hitler e Mussolini. La missione in Francia per il Sim,
ai mondiali di calcio.
L'abbiamo seguito mentre attraversava Firenze,
distrutta dalla guerra di liberazione, nell'agosto '44, alla ricerca
di notizie di Elena, alle prese con capolavori della nostra arte da
salvare.
Fino ad arrivare all'alluvione di
Firenze nel '66, l'inchiesta sul misterioso uomo della “musica
nera”, sul passato fascista dell'Italia che ancora non si
riesce a cancellare e che ancora trama nell'ombra.
Nemici che ora si sono messi sulle sue
tracce e da cui Bruno Arcieri deve guardarsi le spalle: scampato
alla morte dopo l'incidente in macchina, sabotata, a S. Anna di
Stazzema, Arcieri si è rifugiato in Francia a Parigi. Come gli esuli
italiani antifascisti cui il Sim dava la caccia, paradosso per un
servitore fedele dello Stato come Arcieri lo è stato.
Ne “Il
ritorno del colonnello Arcieri” i conti col passato si sono
saldati: tornato in Italia come un barbone, riconosciuto e aiutato
dall'amico commissario Bordelli, Arcieri ha forse chiuso i conti col
suo nemico, l'uomo della “musica nera”.
Ma si è trovato, fuori dall'arma,
fuori dai servizi, in un mondo a lui quasi sconosciuto: siamo
nell'Italia degli anni 60, quella della contestazioni, quella dei
capelloni e della musica rock, difficile da digerire per un amante
del jazz.
Arcieri a Firenze si è ritrovato in
mezzo a questi ragazzi, così diversi da lui, e ne ha apprezzato gli
slanci, l'altruismo, il desiderio di libertà, dell'aprirsi verso un
mondo nuovo.
Il rapporto tra il “vecchio”
Arcieri e i giovani ragazzi della “comune” al centro del
precedente romanzo, è presente anche in quest'ultimo “Non
è tempo di morire”.
No, decisamente, non è tempo di morire
per Arcieri, che qui troviamo finalmente sereno, a fianco di Marie,
la sua amica conosciuta a Parigi e quasi costretto a fare da padre a
Simone, Alessandro, Angela.
“Arcieri era convinto di aver investito bene i suoi soldi, aprendo la trattoria, con l’aiuto decisivo della sua amica Serenella. In quel modo aveva offerto una possibilità a Berta, al rockettaro Simone e al vecchio Maurizio...”.
L'incarico a Milano.
Siamo alla vigilia del Natale del 1969,
l'anno dello sbarco sulla Luna ma anche l'anno della strage alla banca
dell'Agricoltura a Milano, la strage di Piazza Fontana:
“Arcieri pensò ancora alle immagini della strage, diffuse dal telegiornale. La voragine nel salone della banca, i corpi dilaniati, sangue e membra straziate ovunque”.
Tra gli scomparsi della strage c'è
anche Antonio Arnai, forse uno dei cadaveri (o parti di cadaveri) non
identificati: tramite l'amica comune Nelli, la figlia chiede ad
Arcieri di indagare sulla morte del padre poiché è convinta che non
sia morto, che dietro la sua scomparsa ci sia qualcosa di strano
Arcieri le fece coraggio. «Avanti, dimmi.» «C’è una ragazza, la nipote di una mia vecchia amica di gioventù, quando d’estate andavo in villa in Valdelsa...».
Ancora il rapporto tra la generazione
dei giovani e quella dei vecchi: Arcieri che vorrebbe lasciar
perdere, mettersi alle spalle gli intrighi e il sangue è costretto a
farsi questo viaggio a Milano.
Ma non sarà da solo.
Perché c'è anche un problema con
Angela, una delle ragazze della “comune”, scappata da casa
e inseguita dalla polizia per una denuncia di furto.
Grazie all'aiuto del maresciallo
Guerra, alla sua rete di conoscenze, Arcieri riesce a tenere
lontano dai guai (e dal carcere) e a portarsela a Milano, per la sua
piccola indagine, in un viaggio scomodo e fastidioso su un pulmino VW
assieme agli “Spettri”, il gruppo rock composto da amici
della cerchia della “comune” .
Il viaggio a Milano è l'occasione per
fare un tuffo nel passato: qui Arcieri aveva preso servizio negli
anni '30, prima della chiamata nel Sim.
Ma anche un altro passato lo sta
chiamando: la sua amica Nanette, con cui aveva lavorato proprio col
Sim, lo mette in contatto con Daniele, “uno di quei faccendieri che
i Servizi usavano per giochi sporchi” e che ora cerca l'occasione
per rientrare nel giro, dopo aver avuto il benservito dalla ditta:
«L’attentato di piazza Fontana, ad esempio. E altre cose... Vuole offrire i documenti a qualcuno che possa farlo rientrare...»
Sono carte che scottano e che Arcieri
nemmeno vuole vedere, provenienti da una fonte a conoscenza delle
operazioni sotto falsa bandiera dei servizi, che portano ai veriresponsabili della bomba.
L'indagine su Antonio Arnai e la sua
doppia vita, la bomba di Milano, le trame dei servizi, Angela e il
suo problema da cui sta scappando (e che Arcieri intende salvare in
tutti i modi).
Arcieri scopre come tutte queste storie
siano intrecciate e portano alla famiglia di Arnai, alla vecchia
matriarca Ada e al fedele collaboratore di famiglia Giugurtino.
E che forse, dietro la verità
ufficiale, sia quella della strage, che quella della morte di Arnai,
esiste una verità nascosta:
“immaginava uno scenario alternativo alla versione ufficiale, ma senza alcuna possibile prova. Qualcosa di terribile che univa il vecchio Augusto, Giugurtino e Antonio Arnai.[..] Nomi e volti gli si affacciavano alla mente: Augusto, il capostipite suicida, con la matriarca Ada; il vecchio Giugurtino e Nicoletta; Antonio Arnai e la fantomatica Helene...”
Vi dico subito che il finale di questo
racconto non è una fine ma solo il principio di un nuovo capitolo,
di una nuova caccia per Arcieri. Per sistemare i conti col passato,
per un dovere di coscienza nei confronti delle vittime di piazza
Fontana, per quegli occhi che lo guardano e che gli chiedono
giustizia.
Perché in fondo rimane un servitore
dello Stato, anche se lo Stato è quello delle coperture e dei
depistaggi, che non sa parlare né comprendere le nuove generazioni,
le aspirazioni e i bisogni.
Come nel precedente libro, anche in
questo compare in più punto il commissario Bordelli, il protagonista
dei gialli di Marco Vichi, con cui ha un ultimo scambio di battute:
«Non vuole dirmi cosa sta succedendo?»
«Devo andare via un’altra volta.»
«Potrebbe scrivere il manuale del fuggiasco...»
«Non è come sembra, Bordelli, questa volta è proprio il contrario.»
La scheda del libro sul sito di Tea
e il blog personale
di Leonardo Gori.
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