Il filo di un gomitolo come metafora di una vicenda intricata, di difficile soluzione, il caso che il commissario Montalbano deve risolvere.
L'omicidio di una donna, la sarta che
deve confezionare il suo vestito per un matrimonio imminente, uccisa
a colpi di forbice nel suo studio da un assassino che ha infierito
sul corpo ma non sul seno.
Un filo pieno di nodi, che non scorre
libero e che arriva perfino a popolare i sogni di Montalbano, col
gatto Rinaldo che si mette ad inseguire una matassa per la casa di
Elena, la sarta, scomparendo tra corridoi e stanze.
Un filo che si intreccia ad altre
vicende, più attinenti alla cronaca quotidiana di cui leggiamo sui
giornali: i continui sbarchi sulle coste siciliane dei “povirazzi”
in fuga da carestie, calamità e guerre. Macari dai dittatori
africani e nel medio oriente con cui i civili paesi europei hanno
buoni rapporti d'affari che, si sa, i soldi non puzzano.
Le persone sì, invece, che puzzano,
specie se arrivano stipate sui barconi che attraversano il mare per
sbarcare sui porti siciliani, come quello immaginario (ma
tremendamente reale) di Vigata, dopo un viaggio “periglioso”
durato giorni e costato gli ultimi risparmi e fatiche. In balia di
trafficanti di uomini e predoni.
E scambiati pure per pericolositerroristi dell'Isis.
“Sintiva la nicissità, il bisogno di allontanari dalla 'so menti le scene dell'ultimi jorni: il picciotteddro annigato, il flautista crocifisso, la picciliddra violentata, tutti quell'occhi che l'avivano taliato supra alla motonavi. La 'so disciplina di sbirro gli consintiva di fari quello che doviva fari, ma la 'so anima d'omo non ce la faciva a continuari tutta 'sta tragedia”.
Una tragedia epocale che ancora i
nostri governi e l'Europa non hanno ancora ben compreso, come non
hanno compreso e accettato le loro responsabilità.
L'Unione Europea è morta, viva
l'Unione, che esiste solo nei trattati economici, negli inutili
tavoli dove i governanti si riuniscono per non decidere nulla, nei
proclami contro il terrorismo e in difesa di quei valori comuni
continuamente traditi, per l'egoismo dei paesi e dei leader politici
che di accoglienza e umanità nemmeno vogliono parlarne.
Così le morti non pesano sulla
coscienza dei governanti europei, specie se avvengono nel silenzio,
in mezzo ad un mare Mediterraneo trasformato in un enorme cimitero
delle speranze e dei nostri valori.
Mentre qualche politico nostrano su
queste morti specula, per qualche voto, il peso del gestire questi
profughi ricade interamente sulle spalle delle forze dell'ordine e
dei volontari.
«A un certo punto del gomitolo ristò sulo l’autro capo. Allura Montalbano si susì e accomenzò a secutare il filo. Il filo acchianava supra agli scalini e lui se li fici a uno a uno. Ora era arrivato nell’appartamento. Il filo proseguiva lungo tutto il corridoio e po’ girava scomparenno dintra alla porta della càmmara di letto di Elena. Ci trasì. Il filo finiva propio al centro del pavimento, pariva un signali tracciato con il gesso blu. Rinaldo era scomparuto».
Ma non dimentichiamoci della morte di
Elena, la bella sarta che doveva confezionare l'abito per
Montalbano, uccisa nel suo laboratorio: anche la sua storia è un
gomitolo intricato che si intreccia con la grande tragedia dei
migranti e degli sbarchi che nella seconda parte del romanzo rimane
sullo sfondo. Chi poteva avere provare tanto odio per una persona
così aperta e sorridente, con tutti?
È un delitto che sconvolge non solo
Montalbano, che pure la conosceva da poco, ma anche le persone con
cui lavorava in sartoria, come il vecchio sarto Nicola e il giovane
apprendista Lillo. O come Meriam che, assieme al dottor Osman,
migranti anche loro e che dunque conoscono la lingua e i modi di
questi disperati che sbarcano dalle navi.
Se il delitto è
avvenuto senza premeditazione, se è stato cioè un delitto
passionale, il colpevole va ricercato nella cerchia di amicizie di
Elena: ma il lavoro di Montalbano, Fazio e Augello, non porta a
scoprire nulla di importante.
“Provava 'na speci di disagio, come se non arriniscisse a pistiare supra i tasti giusti.Il vero problema vero era che non ce la faciva a mittiri a foco la figura di Elena dintra a la so vera cornici. Era come se 'na poco di parti di lei s'attrovassero in una speci di chiaroscuro che 'mpidiva di vidirinni esattamente i contorni. La descrizioni che tutti ne facivano, e che lui stisso aviva avuto modo di confirmari di pirsona, e cioè di 'sta granni apertura di Elena verso il munno, verso le pirsone, potiva macari essiri 'na speci di paravento”.
Chi era veramente Elena? Questo la vera
domanda: Montalbano scopre, parlando con gli amici, con le persone
con cui aveva avuto una relazione, che l'apparente serenità,
l'apparente confidenza che convedeva alle persone, in realtà serviva
a nascondere una parte della sua storia, del suo passato, della quale
non voleva parlare.
“Che c'era nel passato di Elena che doviva ristari seppelluto 'nzemmula col marito?E quelle tilefonate non potivano essiri un'eco sgradevoli di quel passato stisso?E se le cose stavano accussì chi era la misteriusa pirsona che stava all'altro capo del filo?Po' arriflittì che aveva adopirato malamenti la parola filo, pirchì le tilefonate, tanto di elena, quanto di Franco, erano state sul cellulari.”
Chi era l'altra persone dall'altra parte del filo?
L'altro capo del
filo è un romanzo dove Camilleri ha voluto calare la tragedia
dei migranti in una nelle sue storie, una storia di dolore e
sofferenza che turba la coscienza degli uomini e che fa da preludio ad una nuova tragedia, il delitto della misteriosa Elena. Così
inspiegabile, così misterioso, i cui dettagli sfuggono come un
serpente ..
PS: dopo Malvaldi,
anche Camilleri concede un cameo al vicequestore Schiavone, il
poliziotto romano sbattuto per punizione ad Aosta:
“Arriscinì macari a liggiri qualichi bella pagina di un romanzo che aviva come protagonista un vicequestori romano mannato tra le nivi d'Aosta. Il solo pinsero d'attrovarisi al posto di quel collega gli fici veniri un bripito di friddo lungo la schina”.
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