27 settembre 2018

Cosa dice la sentenza sulla Trattativa (da "Il patto sporco" di Lodato Di Matteo)



Il processo sulla Trattativa Stato mafia: il processo che non si doveva fare, per cui i magistrati che lo hanno voluto portare avanti sono stati chiamati eversori, magistrati che perdono tempo, che non rispettano le prerogative del capo dello Stato.
Perché non c'è nulla di male nel trattare, in guerra si tratta - questo scriveva Scalfari su Repubblica, il decano del giornalismo sul giornale della borghesia democratica.
Ma nelle carte della sentenza (5252 pagine!) c'è scritta tutta la storia del rapporto Stato mafia, del reato di violenza a corpo dello Stato (il reato contestato agli imputati) e la ricostruzione di tanti misteri, delitti politici e stragi avvenute in Italia

5252 pagine. Ogni pagina una pietra, un pugno nello stomaco di chi per anni non aveva capito o aveva fatto finta di non capire. Per i distratti e i "negazionisti" per vocazione. Quelli per cui la mafia è solo bassa macelleria criminale.Non impressiona tanto il dato numerico. c'è molto altro. la chiarezza espositiva, la profondità di ogni argomentazione in fatto e in diritto, la dimostrazione della grande autonomia intellettuale dei giudici che non si sono mai pregiudizialmente e acriticamente adeguati alle tesi delle parti processuali.Una visione d'insieme, in quadro generale che ha permesso di valutare la condotta di ciascun imputato in relazione alla sua personalità, al suo comportamento processuale, ai suoi trascorsi criminali o professionali.Una ricostruzione che ha consentito di dipanare un filo rosso che collega vicende apparentemente distinte: la Trattativa- il dialogo che attraverso Vito Ciancimino i carabinieri del Ros ottennero con i vertici di cosa nostra - la minaccia dei mafiosi nei confronti del governo della Repubblica che ne conseguì, i misteri legati alla cattura di Riina e alla mancata perquisizione del suo covo, l'interminabile latitanza (quarantatré anni!) di Provenzano e le coperture istituzionali di quella vergogna; le minacce, le rivendicazioni, i sinistri preannunci della «Falange Armata» che accompagnarono stragi e attentati tra il 1991 e il 1994; le vicende istituzionali connesse all'avvicendamento del ministro dell'Interno Scotti, il siluramento del capo delle carceri Nicolò Amato, il segnale di distensione che lo Stato volle dare alla mafia con la mancata proroga di 334 decreti di sottoposizione al 41 bis di importanti esponenti della criminalità organizzata; l'evoluzione delle strategie politiche di Cosa Nostra: dal sogno federalista all'appoggio, incondizionato e condiviso dalle diverse anime dell'organizzazione mafiosa, al nascente partito politico di «Forza Italia». La formazione del primo «governo Berlusconi» nel 1994 e il rinnovo della Trattativa e delle minacce non più attraverso il canale dei carabinieri ma,. stavolta ricorrendo a quello già sperimentato in passato, di Dell'Utri-Berlusconi.Tutto è collegato, tutto si tiene; ciascun passaggio della ricostruzione illumina la comprensione degli altri.Una storia complessa che la motivazione della sentenza ripercorre in parallelo a quello delle stragi che insanguinarono il nostro paese.Quelle siciliane e quelle del «continente».Quelle realizzate e quelle fallite; gli omicidi eccellenti eseguiti e quelli il cui progetto venne improvvisamente abbandonato. Stato e mafia. Una mossa dello Stato, una contromossa di cosa nostra. Un gioco degli specchi, una guerra di posizioni giocata ad alti livelli, un intreccio di apparenze create ad arte per nascondere una realtà indicibile. Verità destinate per sempre a rimanere nascoste e che, per questo, venivano ostinatamente taciute anche da uomini dello Stato che avevano l'obbligo di non tacere.[..]La Trattativa non evitò altro sangue. Lo provocò. con altre stragi, a partire da quella di via D'Amelio, che muovevano dalla logica di intimorire ancora di più l'interlocutore istituzionale, la controparte di un dialogo scellerato e segreto.

Il patto sporco -  Il processo Stato-Mafia nel racconto di un suo protagonista, di Saverio Lodato e Nino di Matteo

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