Udienza shock al tribunale di Como: Olindo Romano si è dichiarato innocente riguardo alla strage di Erba. Non è lui l'assassino, ha detto, rimangiandosi le dichiarazioni fatte a gennaio davanti agli inquirenti.
Primo, se non è lui l'assassino, chi è?
Secondo: perchè allora quelle confessioni?
Terzo: perchè stupirci? E' una strategia difensiva, sicuramente suggeritagli dagli avvocati difensori (pare addirittura che in carcere abbia avuto contatti con Tavaroli ... ma questo sarebbe veramente da libro giallo).
Sono andati a sfruttare tutte le garanzie del sistema penale italiano: le dichiarazioni davanti al GUP (solo il primo dei quattro livelli di cui si compone un processo penale) fanno presagire una strategia attendista, tesa a negare le poche verità fin qui emerse. Cioè che gli assassini siano loro: più in base al buon senso che non a prove certe (i Ris hanno rilevato solo delle macchie di sangue nella macchina di Olindo).
Arriveranno anche alla richiesta di scarcerazione al Tribunale della Libertà, basta trovare delle prove in favore dell'innocenza.
Così Olindo e Rosa potranno affrontare i restanti gradi di giudizio (Tribunale, Appello, Cassazione), magari a casa in libertà vigilata.
Così funziona il sistema giudiziario italiano: 8 mesi per arrivare all'udienza preliminale. Altri mesi per i dibattimenti del primo grado. Dove tutte le prove (poche) e gli interrogatori andranno ripresentati ad un nuovo giudice. Poi la sentenza, eccetera.
Il problema non è Olindo che si proclama innocente, essendo un suo diritto: sono tutti questi mesi tra un'udienza e l'altra. Tutta la mole di carta che si deve produrre, il lavoro dei giudici e del povero magistrato. Tutto a spese del contribuente, si intende.
Visto che allungare i tempi di processi fa comodo a chi è giudicato (se non innocente) ma anche agli avvocati: che prendono parcelle più alte per tempi più lunghi e per ogni grado di giudizio.
Così va la giustizia in Italia: centrerà qualcosa il fatto che molti avvocati difensori del foro sono anche seduti in parlamento, magari in commissione giustizia?
O magari il fatto che in parlamento siedono 24 pregiudicati e un'ottantina tra pregiudicati, salvati dall'amnistia o solamente indagati? O che nella sola città di Roma abbiamo tanti avvocati quanti ce ne sono in Francia?
No, no è solamente un caso.
Sapete quanti casi come quello di Erba, anche per reati “minori” (dall'abuso edilizio, all'infortunistica sul lavoro, alla corruzione, al falso in bilancio, ....) ci sono in Italia? Dove prima di arrivare ad una sentenza si devono aspettare anni, se non scatta prima la prescrizione?
Sono tanti: li potete leggere nelle pagine di “Toghe rotte” (editore chiarelettere). È un libro curato dal procuratore aggiunto Bruno Tinti, che raccoglie le frustranti esperienze di alcuni magistrati onesti, che credono nel loro lavoro. Ma che vedono frustrato il loro impegno da una burocrazia che brucia mezza Amazzonia per tritare acqua, da un sistema di autogoverno (il CSM) guidato dalle “correnti” ridotti a centri di gestione del potere.
Stasera Bruno Tinti sarà presente alla trasmissione Annozero.
Leggerete di come sia possibile ammazzare la moglie e sperare di farla franca, usando l'articolo 62 (le attenuanti), l'articolo 62 bis (attenuanti generiche), indulto e sospensione condizionale della pena o l'affidamento in prova ai servizi sociali (a fianco di Previti).
Consoliamoci: mentre nel resto d'Europa la direzione è quella di non separare le carriere dei giudici; di sospendere la prescrizione al primo grado (o al rinvio al giudizio); di eliminare i ricorsi in appello (in Italia è quasi automatico, all'estero bisogna produrre nuove prove non già esaminate) e di filtrare i ricorsi in Cassazione ... noi possiamo goderci per tutto questo inverno le magnifiche serate che Porta a Porta dedicherà al caso di Erba.
E poi parlano di giustizia mediatica. A poco a poco, Vespa ci convincerà che Olindo è innocente.
Nessun commento:
Posta un commento