13 giugno 2011

Let's make money

Che fine fanno i nostri fondi pensione?
Dove sta portando il mondo questa industria della finanza, che ha come unico obiettivo fare denaro a partire dal denaro ?
Cosa lega assieme l'azienda dei tram di Vienna, i raccoglitori di cotone del Burkina Faso, un'industria in India (A-TEC industries) dove si cerca di pagare il meno possibile gli operai, la bolla immobiliare in Spagna, con i paesi offshore come l'isola di Jersey?

Lo ha raccontato il documentario di Erwin Wagenhofer, andato ieri sera in onda con Report.
E' la globalizzazione, bellezza, verrebbe da rispondere.

E' il frutto di un mondo dove è sempre più facile far spostare i soldi dai paesi che producono ricchezza, per metterli nelle mani di una elite di persone che non usano quel denaro per fare investimenti e ridistribuire la ricchezza.
Denaro che porta, da una parte ad un sempre maggiore impoverimento nei paesi del terzo mondo che oggi chiamiamo ipocritamente paesi emergenti. L'India dei poveri per strada, dove il paese non utilizza i soldi della tasse per finanziare l’assistenza solciale ai cittadini, ma
li spende per assegnare fondi agli investitori stranieri.
Come Mirko Kovats – amm. delegato atec industries:
In Europa gli studenti vogliono diventare insegnanti. Qui, invece, tutti vogliono fare gli ingegneri e allora mi chiedo che cosa ne sarà di loro tra 10 o 20 anni, se saranno più ricchi o più poveri. Spero non più poveri. Le persone che finanziano l’azienda, che è quotata in borsa, sono alcuni investitori di Londra, che amministrano i soldi attraverso fondi pensione e assicurazioni. La fabbrica è già diventata troppo piccola. Stiamo pensando di crearne una quattro volte più grande. Dobbiamo competere con lavoratori che ricevono salari bassissimi, ma che hanno comunque bisogno di guadagnarsi da vivere. Come al solito, aumenteranno le ore di lavoro. Sono sicuro che questi straordinari non li pagheranno. Il discorso è semplice: siamo costretti a lavorare di più. Non abbiamo altra scelta.
O come Mark Mobius, presidente della Templeton Emerging Markets, società amministra fondi monetari nei più importanti mercati emergenti del mondo.
Il governo di Singapore ha tutto l’interesse ad attrarre chi come noi amministra fondi e investimenti. Loro mirano a diventare un centro finanziario, mondiale. È per questo che qui paghiamo pochissime tasse e in alcuni casi non le paghiamo affatto. Ovviamente i nostri dipendenti invece le pagano. Oggi la “globalizzazione” ha reso il mercato competitivo su scala mondiale, i costi si riducono e l’inflazione rimane sotto controllo. Da parte nostra, crediamo molto nella globalizzazione e investiamo nei mercati emergenti. In questo modo aiutiamo il sistema pensionistico dei paesi occidentali, perché i guadagni realizzati in india o in Cina vengono trasferiti negli stati uniti o in Europa. Forse anche il suo fondo pensione investe in uno dei nostri fondi.

Tutto questo è frutto del neoliberismo, la scuola di pensiero portata avanti dalla banca mondiale e del fondo monetario, che ha permesso queste forme di neocolonialismo, lo sfruttamento delle risorse di un paese, il suo impoverimento, la privatizzazione delle sue industrie.
Mentre gli stati uniti difendono i propri produttori di cotone, i contadini del Burkina sono sfruttati , come i loro terreni impoveriti per sempre: questo causa l'emigrazione dai paesi della fascia subsahariana verso l'Europa.
Proprio quell'emigrazione che viene usata dalla politica per generare le paure per una invasione.
Eppure, basterebbe pagare il giusto i contadini dell'Africa, senza colonizzarli, anzichè promettere solo aiuti che non ci sono.

Il servizio ha raccolto la testimonianza di John Perkins
Sono John Perkins, cittadino statunitense. Sono un ex sicario dell’economia. Sì, proprio un sicario, come quelli della mafia, perché il sistema è uguale a quello creato dai mafiosi e dai gangster. Il mio lavoro poteva svolgersi in tanti modi, ma quello più frequente consisteva nell’identificare un paese che avesse le risorse che interessavano la mia società, ad esempio il petrolio, e nel convincere quel paese a sottoscrivere un prestito enorme con la Banca Mondiale o una delle sue consociate. I soldi però non arrivavano mai al paese, perché finivano nelle tasche delle nostre società, che a loro volta investivano in grandi progetti infrastrutturali nel paese debitore. Ma da queste opere avrebbero tratto vantaggi solo i pochissimi ricchi del paese e le nostre società. Ai poveri rimaneva soltanto il debito, ma era così elevato che non avevano alcuna possibilità di saldarlo. Allora noi sicari divevamo dire al paese in questione “Sentite, ci dovete molti soldi, e siccome non li avete, dateci in cambio qualcosa. Vendete il vostro petrolio a prezzi stracciati alle nostre compagnie o votate con noi la prossima risoluzione critica dell’ONU. Ecco come siamo riusciti a costruire questo impero.
Il nostro lavoro non è illegale, perché non è illegale costringere i paesi a indebitarsi al di sopra delle loro possibilità per poi chiedere favori in cambio. O meglio, dovrebbe essere illegale, ma non lo è. Un impero è tale quando riesce ad imporre la sua valuta al resto del mondo. Ed è quello che abbiamo fatto con il dollaro.
Nel 1971 gli Stati niti, molto indebitati a seguito della guerra in Vietnam siglarono un accordo con l’Arabia Saudita dove si imponeva all’OPEC di vendere il petrolio esclusivamente in dollari. Nel giro di poco tempo, gli Stati Uniti sono passati da un sistema monetario basato sull’oro a uno basato sul petrolio. All’improvviso in tutto il mondo si poteva comprare il petrolio in dollari e il dollaro diventava una valuta importantissima. Oggi gli Stati Uniti sono di nuovo sull’orlo della bancarotta. Se uno dei nostri creditori volesse essere pagato in una valuta diversa dal dollaro, saremmo in gravissime difficoltà. Non sempre noi “sicari” riusciamo a corrompere i leader stranieri. A me è successo con Omar Torrijos a Panama e con Jaime Roldós in Ecuador. Non è molto frequente, ma se succede si fanno entrare in gioco gli sciacalli, che hanno l’incarico di far cadere governi o assassinare i leader politici. Con Jaime Roldós in Ecuador e con Omar Torrijos a Panama, abbiamo mandato gli sciacalli che li hanno
assassinati. Nelle rarissime occasioni in cui né i sicari, né gli sciacalli riescono a portare a termine l’incarico, entrano in gioco i militari. Proprio come è accaduto in Iraq.


La bolla edilizia in Spagna: qui, sulla costa Brava, sono finiti i soldi dei fondi pensione di molte banche europee.
Nella bolla edilizia spagnola, che ha portato alla cementificazione delle coste e alla susseguente crisi:

MI LENA GABANELLI I N STUDI O
In Spagna la crisi ha lasciato dietro di sé 3 milioni di case vuote sulle coste, 800 campi da golf che consumano la stessa quantità di acqua
di 16 milioni di persone. La bolla edilizia ha lasciato terreni riqualificati per costruire altri 20 milioni di alloggi. Per pagare i debiti la banca centrale spagnola ha dovuto vendere gran parte delle sue risorse auree. Certo l’economia mondiale, globale utilizza i nostri risparmi, però si muove su un terreno difficilmente comprensibile ai comuni mortali. Infatti noi facciamo fatica a capire per esempio perchè il comune di Vienna ha venduto i tram a un investitore americano e poi gli paga l’affitto.
Chi paga per questo sviluppo fallimentare?
Fino a quando si potrà mantenere questo sistema dove si fanno transitare i soldi (anche i nostri soldi, non solo quelli dei paesi poveri) verso i paradisi fiscali, per farne poi perdere le tracce?
I signori dell’industria dei servizi finanziari:

Non fanno altro che creare le condizioni affinché il capitale prodotto in un paese sia accumulato in un altro, dove finirà nelle mani di una strettissima elite, pari al massimo al 3% della popolazione o forse meno. Secondo le ultime stime, il capitale di privato depositato offshore è pari a 11.500 miliardi di dollari. Che cosa significa una cifra del genere? Questo esempio può darci un’idea della sua enormità: se questo capitale generasse un profitto modesto diciamo del 7% e se questo reddito fosse tassato a un’aliquota molto bassa, ad esempio del 30%, i governi del mondo avrebbero ogni anno un surplus di reddito pari a 250 miliardi di dollari, che potrebbero spendere per alleviare la povertà e raggiungere gli obiettivi di sviluppo fissati dalle Nazioni Unite.

La Gabanelli ha così concluso il servizio di Erwin Wagenhofer:
Dovremmo pur chiederci se il benessere di una persona dipenda unicamente dai suoi consumi. E quindi come bisogna vivere, cosa
possa promuovere il bene umano, e quali sono i mezzi adeguati. Perché la storia ci insegna che poi la prosecuzione esasperata dell’economia è la guerra.

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